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Il valore economico del Terzo Settore in Italia

  • Pubblicato il: 30/05/2012 - 11:12
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STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Neve Mazzoleni

Milano. Il primo studio completo sul Terzo Settore che ne descrive l’effettivo impatto economico sulla società italiana, con un volume di affari di circa 67 miliardi di Euro, equivalente al 4,3% del PIL e un bacino di risorse di circa 500mila addetti e 4 milioni di volontari. Un immenso comparto economico suddiviso in 3 cluster con funzione di advocacy, produttiva ed erogativa, che gioca un ruolo fondamentale anche su un piano sociale e culturale. Secondo il Presidente di UniCredit Foundation, Maurizio Carrara, questo settore ha potenzialità immense di sviluppo economico, grazie a fattori di sostenibilità e coesione sociale di lungo periodo.

Per cominciare, di cosa si occupa UniCredit Foundation?
UniCredit Foundation è la fondazione corporate di UniCredit che opera a livello internazionale, secondo tre coordinate principali.
La prima riguarda il ruolo di centro di competenza del Gruppo per tutte le attività filantropiche. Il nostro compito è essere uno strumento di orientamento e di guida nel settore del non profit e della solidarietà sostenendo le attività intraprese dalle società del Gruppo in questo ambito .La Fondazione si propone inoltre come punto di consulenza interna su servizi bancari dedicati al mondo del non profit. Esempio concreto di questa attività è il legame con Universo Non-profit, un settore della banca specializzato su questo tipo di mercato.
A questo si aggiunge la nostra presenza nel catalogo di Private Banking, offrendo un servizio di supporto ai clienti che vogliono investire in attività filantropiche. Il nostro compito inizia quando i colleghi delle filiali intercettano la disponibilità dei clienti a destinare cifre considerevoli nell’ambito della solidarietà, attivando la nostra consulenza per indirizzare ogni cliente al meglio nelle sue scelte. Il nostro servizio parte dal momento erogativo e si completa con una pianificazione dell’azione e una fase di rendicontazione.
Come centro di competenza, siamo anche presenti nel circuito di UniCredit Carta E - la carta di credito etica, che destina una percentuale per ogni transazione eseguita (circa l'1 per mille del costo dell'operazione) a un fondo dedicato ad attività di sostegno sociale..
Secondo il Regolamento di Carta E, il fondo maturato viene così ripartito: il 40% delle risorse viene destinato ai responsabili territoriali di UniCredit, che possono stanziarle per Onlus locali usufruendo anche della nostra consulenza; il 30% viene mantenuto dal Comitato Carta Etica per iniziative di carattere nazionale e il restante 30% viene assegnato direttamente a UniCredit Foundation per promuovere un bando nazionale annuale. Nel 2011 il bando è stato dedicato al tema della terza età, mentre l’edizione di quest’anno sarà rivolta all’inserimento lavorativo dei giovani.
La seconda coordinata della nostra azione è il coinvolgimento dei dipendenti di UniCredit, circa 160.000. Due sono i nostri progetti fondamentali: l’ormai storico Gift Matching Program, attraverso il quale i dipendenti si attivano in prima persona per raccogliere fondi a favore di progetti sul territorio, che ricevono un’ulteriore integrazione dalla Fondazione. Nei primi dieci anni del programma si contano annualmente circa 2 milioni e 400 mila euro di fondi raccolti, raddoppiati dalla fondazione per una cifra totale di 4 milioni e ottocento mila euro, e circa 400 progetti in diversi Paesi.
Il secondo progetto, dedicato ai dipendenti su scala internazionale, è “Your Choice, Your Project” (“La tua Scelta, il tuo Progetto”) che li coinvolge direttamente nella fase di voto per la scelta di progetti, già individuati dalla Fondazione attraverso i propri bandi o lo scouting diretto sui territori dei singoli Paesi del Gruppo (22 in totale nell’area del centro-est Europa), che sono chiamati a concorrere per ricevere un sostegno ulteriore.
Un esempio su tutti è l’attività fatta lo scorso anno in Italia. Dalle 200 candidature del bando “Coesione sociale per la Terza Età” sono stati selezionati 5 progetti, a cui abbiamo corrisposto un premio di base; in seguito i 5 premiati sono stati sottoposti al voto dei dipendenti che hanno scelto il preferito. Il progetto più votato ha ricevuto un’erogazione doppia.
Quest’esperienza viene proposta su temi specifici a seconda dei bisogni di ogni singolo territorio. Nel 2011 siamo partiti con Bulgaria, Slovenia, Slovacchia, Polonia, Italia e Croazia, ma la nostra intenzione è replicare questo format in tutti i Paesi di UniCredit. A oggi abbiamo registrato una partecipazione media al voto del 35% dei dipendenti. La Bulgaria ha segnato la partecipazione più alta, con il 56% dei voti . Ovviamente il nostro interesse è che i colleghi partecipino sempre di più, anche perché questo è solo un primo passo per avvicinarli al non profit, che spesso prosegue con un impegno di volontariato diretto.
La terza coordinatasu cui orientiamo l’attività è la parte progettuale, ovvero lo studio preliminare per identificare e realizzare alcuni interventi sul campo. Il nostro sguardo si rivolge soprattutto ai Paesi in cui UniCredit opera, con particolare attenzione alle problematiche che riguardano giovani e anziani, i settori più fragili della società. Nella nostra attività prestiamo molta attenzione alle organizzazioni con cui collaboriamo, per selezionare quelle più meritevoli e mettere in campo progetti realmente efficaci.

Quali sono stati le ragioni che hanno spinto UniCredit Foundation a realizzare una rapporto sul Terzo Settore? Quali sono i dati-chiave?
Da anni mancava una valutazione scientifica che descrivesse realmente la rilevanza economica del non profit in Italia. Molto spesso si parla di Terzo Settore in termini astratti di intervento e rapporto con le fasce più deboli della società, dando spessore unicamente alla parte sociale dell’intervento. Non possiamo, invece, tralasciare la sua componente organizzativa e di gestione delle risorse economiche, che ha un’importanza altrettanto fondamentale. La ricerca riconduce al non profit un valore effettivo anche dal punto di vista economico. Questo riconoscimento è necessario anche per l’attività di UniCredit come gruppo bancario, affinché si interessi a questo comparto di mercato riservandogli una gamma di servizi e delle linee preferenziali.
La ricerca è stata realizzata in collaborazione con Ipsos, fra i migliori istituti di ricerca nazionali. I dati quantitativi descrivono un mercato con un fatturato di circa 67 miliardi di Euro annui, equivalente al 4.3 del PIL italiano. Per fare un paragone ancora più realistico del settore, basta considerare che il suo volume di affari supera quello della moda Made in Italy. Inoltre, in controtendenza con la crisi economica attuale, i dipendenti del settore sono in crescita e la ricerca di personale qualificato e ben formato non si arresta. Questo aiuta a cancellare lo stereotipo diffuso che erroneamente paragona l’attività del non profit a un gruppo di amici animato da buona volontà...

Nel rapporto si parla di “Economia civile”: Come possiamo trasferire questo concetto nel contesto attuale?
Di fronte alla crisi, un numero sempre maggiore di aziende si sta orientando verso un'economia civile, che sia in grado di coniugare il bene comune e sociale con obiettivi di crescita. Il non profit rientra proprio in questo scenario, garante di un buon equilibrio fra il business e la solidarietà. Non dobbiamo più considerare questi due elementi in opposizione, al contrario, le aziende considerano sempre più parte integrante del loro business i temi legati alla reputazione, al rapporto con gli stakeholders e alla responsabilità sociale. Senza rinunciare a un’azione orientata al profitto, sono infatti promotrici di attività volte al miglioramento della comunità in cui operano.

Leggendo insieme qualche dettaglio dei dati riportati nella ricerca, si conferma il primato del Nord per la presenza di realtà non profit. Un risultato già previsto o con qualche novità inaspettata?
I dati danno la conferma di una scenario consolidatosi negli anni, il Nord ha un’esperienza più matura e più radicata di organizzazioni e associazioni non profit che presidiano i bisogni dei cittadini sul territorio. Quando parlo di Nord intendo non solo la Lombardia, ma anche Veneto, Piemonte e Emilia Romagna. E proprio quest’ultima regione ci ha concesso il dato più interessante, in quanto ha registrato un aumento notevole della presenza di cooperative sociali a cui viene delegata la gestione di un’ampia fetta delle politiche di welfare, che in passato venivano coordinate da interventi solo istituzionali.
Questa novità riflette l’immagine un rete di welfare al Nord che sta cambiando il proprio paradigma, con meno interventi pubblici e più iniziativa privata sociale.

Alcuni risultati importanti si rivelano anche al Sud. La Campania registra dati eccellenti nel campo del non profit, quali sono i fattori determinanti di questa crescita?
La Campania rappresenta bene il modello produttivo in ascesa in tutto il Meridione. Sono ormai molti i contesti in cui il welfare pubblico è affiancato da esperienze maturate in seno al terzo settore, che partono da un sistema di cooperative sociali, soprattutto di giovani, che mirano a dare risposte ai bisogni non più garantiti dal pubblico. Un processo che investe tutto il Sud ed è ben visibile in tutte quelle aree impegnate nella riqualifica delle terre confiscate alla criminalità organizzata.

Il mondo del non profit è rosa. Qual è il motivo di una presenza femminile più alta rispetto agli atri settori?
È un dato importante, che non fa altro che riconfermare il ruolo delle donne nella società, in qualità di soggetti capaci di combinare elementi economico-produttivi all’aspetto valoriale e sociale del welfare. Proprio per questa naturale predisposizione il settore del non profit fa emergere e premia questi profili più degli altri poli di mercato, dove le donne faticano ancora ad affermare una parità effettiva. Orgoglio di questo mondo femminile sono sicuramente le tre Presidenti donne che dirigono tre cooperative sociali di maggior rilievo: CGM, CdO sociale e Lega Coop

Anteprima assoluta del rapporto è il focus sulle imprese sociali, una tipologia imprenditoriale che potrebbe essere di ispirazione per nuovi modelli di management sostenibili. È corretta questa lettura?
L’impresa sociale occupa una fetta di mercato tra i più avanzati e innovativi in Europa, frutto di una maturazione piuttosto lunga e consolidata, che ha portato ad affinare le proprie performance, fino a raggiungere numeri consistenti. Il modello dell’impresa sociale, inoltre, aderisce perfettamente a quel concetto di economica civile di cui abbiamo parlato, ciò determina la sua naturale espansione. Le cooperative sociali abbinano un solida mission sociale a una funzione produttiva effettiva, per questo motivo sono un modello interessantissimo di sviluppo manageriale, con un approccio economico sostenibile nel tempo. Le imprese sociali hanno bisogno di tutti i servizi di un’azienda tradizionale, quindi l’intero sistema mercato non può perdere di vista lo sviluppo di questa nuova formula di impresa, come potenziale cliente a cui offrire un servizio dedicato: dall’anticipazione alla consulenza. Le istituzioni bancarie, perciò, devono attrezzarsi per accompagnare in modo adeguato questa nuova categoria imprenditoriale.

Quali sono i tratti del Terzo Settore tradizionale? In che direzione stiamo andando?
Prima di tutto dobbiamo distinguere le tre funzioni del mondo del non profit: funzione di advocacy (associazioni e comitati); funzioni produttive, che offrono servizi sociali come le cooperative e le imprese; funzioni erogative ( fondazioni). Questa tripartizione è sempre meno netta, in quanto le realtà di advocacy si stanno trasformando in cooperative e imprese per preservare le attività della loro mission primaria, maturando competenze di fund-raising, per mantenere autonomia dagli enti pubblici ed emanciparsi, entrando nel mercato in modo più profondo. In questo scenario di ridefinizione del sistema non profit, temi di business come miglioramento della performance, strategie di comunicazione e marketing, rendicontazione, trasparenza e gestione economica diventano tratti propri del Terzo Settore, che si attesta a tutti gli effetti come terzo polo del nostro sistema mercato, tra Pubblica Amministrazione e Privato.

La ricerca ci dice che attorno alle realtà non profit si muove l’attività di circa 4 milioni di volontari. Come possiamo leggere questo dato?
Questo numero gigantesco va interpretato non come costo in meno e risparmio di risorse, ma come un effettivo valore in più, per dare il giusto riconoscimento all’impegno delle persone che liberamente mettono a servizio tempo e energie. L’impegno dei volontari ha un alto valore sociale, non ascrivibile ai 67 miliardi che produce il comparto, ma sociale e umano, un plus che innerva tutte le attività sociali e ineguagliabile.

La cultura è il principale settore in cui operano le istituzioni non profit (32,8%) insieme a sport e ricreazione. Da sola riveste il 4,9% del PIL e costituisce un’industria, ma in pochi ne percepiscono il peso così rilevante. Perchè?
Questi comparti da sempre sono stati trattati diversamente dagli altri, quasi relegati a un peso secondario, eppure sono assolutamente partecipi di un un’economia così pulsante. Come ho già detto, tutto il settore è specchio di un’economia di altissimo valore, non solo come funzione sociale, ma come comparto di business con proprie infrastrutture tipiche. Oggi, tutte le istituzioni culturali devono poter contare su strutture auto-sostenibili, da qui il valore aggiunto di un’impresa secondo il modello sociale. Se analizziamo il caso della rete universitaria, è evidente come potrebbe essere necessario anche in questo contesto costituire realtà non profit e promuoverei operazioni di fund raising , al fine di realizzare in autonomia servizi adeguati al proprio status imprenditoriale. Dagli Stati Uniti possiamo replicare la pratica che riconosce ad alcune fondazioni filantropiche la funzione per il sostentamento di alcune università.
Altro esempio sono i musei, per cui sarebbe proficuo strutturare una forma autonoma di finanziamento e drenaggio dei bisogni per le attività, senza essere esclusivamente dipendenti dall’ente pubblico. Nel mondo vari esempi vanno in questa direzione, sono sempre più numerose le associazioni di supporto come “gli amici dei musei”, che provvedono a parte del mantenimento.
In Italia dobbiamo prendere questi casi come modello da imitare, introducendo una forma mentis di impresa che si procura i fondi in modi diversificati, senza basarsi solo sui finanziamenti del pubblico. Oggi, mancando le risorse, il patrimonio/bene comune ha bisogno dei cittadini che diventino parte attiva nella gestione.

Nella ricerca si legge che UniCredit Foundation vuole dedicarsi ad altre due prospettive di analisi del Terzo Settore: quali?
Questa ricerca è il primo passo per dare una fotografia globale del settore. Dopo averne analizzato il valore economico, vogliamo porre attenzione su altri due parametri: il volontariato e le risorse umane impiegate.
Come ho già anticipato in una delle riflessioni precedenti, miriamo a dare una definizione quantitativa dell’impegno aggiunto che i 4 milioni di volontari offrono alle organizzazioni, allo stesso modo vogliamo approfondire il ruolo dei dipendenti del settore, attribuendo alle 500mila persone il loro valore manageriale.
Il nostro impegno dunque non si esaurisce, ma continua, con l’intenzione di identificare tutte quei tratti che permettano di comunicare l’effettiva portata del non profit per la nostra comunità, per la nostra società, per la nostra economia e per noi, cittadini che usufruiamo dei suoi servizi.

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