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Il valore del museo

  • Pubblicato il: 18/04/2014 - 10:56
Rubrica: 
CONSIGLI DI LETTURA
Articolo a cura di: 
Marianna Martinoni

Nella primavera dei cambiamenti anche in Italia si discute come non mai del nuovo ruolo del museo. Convegni, incontri, dibattiti lanciano una fortissima call to action per cambiare paradigmi, modelli di governance e organizzativi, indicatori con cui analizzare, comunicare, gestire le istituzioni culturali italiane.
Alla necessità di ripensare il museo, e all’opportunità che rappresenta come piattaforma di conoscenza per immaginare il futuro, tenta di rispondere il coraggioso libro scritto da Irene Sanesi.
Dottore Commercialista e revisore legale, appassionata studiosa di Economia della Cultura (ama definirsi autodidatta), la Sanesi lancia una sfida al mondo accademico da un lato e agli operatori del settore dall’altro. «Nelle prossime generazioni il vero analfabeta museale sarà colui incapace di capire un bilancio?» – così scrive l’autrice nell’introduzione del suo ultimo testo, «Il valore del Museo», proponendo fin dalle prime pagine di porre in futuro sempre più attenzione all’educazione alla cultura economica di chi deve occuparsi di musei.
Un lavoro di ricerca che richiama con forza l’urgenza di investire in competenze di management, senza volere proporre un modello universale, ma piuttosto offrendo al lettore la riflessione sull’esigenza di gestire la complessità con l’interdisciplinarità, mettendo in connessione diverse competenze che saranno sempre più indispensabili all’interno dell’ente culturale. A supporto delle sue proposte una ricchissima bibliografia e sitografia e continui richiami ad una visione (Zamagni docet) che riporta con forza l’esigenza di affiancare economia della conoscenza e economia civile, per leggere il museo come elemento biologicamente attivo nel ripensamento sociale.
«Il Valore del Museo» è frutto di tre anni di studio, preparazione e lavoro sul campo: Sanesi lavora da anni a fianco del Museo del Tessuto di Prato, divenuto vero e proprio laboratorio di sperimentazione oltre che think tank per l’autrice, che lo presenta come caso. Il risultato? Un’analisi accurata e stimolante che fornisce strumenti concreti per decifrare con una nuova lente la funzione e le dinamiche decisionali, basata su fondamenta giuridiche e normative sì, ma anche su «asset intangibili».
Non esiste una ricetta precotta – avverte l’autrice nell’introduzione: la sfida è quella di trovare nuovi indicatori di performance che non siano solo fisico- tecnici, ma nemmeno meramente reddituali e quantitativi: servono indicatori nuovi con cui valutare l’operato del museo, quali programmazione, controllo, assertività, impatto sociale. Il museo è allo stesso tempo luogo fisico ma anche «sistema di relazioni», soggetto a continui mutamenti nello spazio e nel tempo: la sua funzione non può risiedere pertanto «nell’aritmetica del profitto», quanto piuttosto nella sua funzione continua di motore di memoria e formazione.
L’invito dell’autrice è quello di iniziare mettere nella cassetta degli attrezzi di chi lavora all’interno del museo nuovi strumenti per dimostrare ai diversi stakeholder, ai diversi portatori di interesse per cui il museo è chiamato a produrre valore, quanto (quest’ultimo in particolare, ma in generale l’attività culturale tutta) non possa e non debba più essere considerata come mera attività di consumo e non di produzione, incapace quindi di generare utilità sociale.
Per questo si inizia finalmente a parlare di accountability anche in ambito museale: alla lettera A dell’alfabeto del calore proposto dall’autrice, l’efficace termine inglese significa «rendere conto con responsabilità» e non è a caso all’inizio della lista. Sanesi definisce improcrastinabile la sua introduzione, come improcrastinabile è l’urgenza per il museo di imparare a misurare il valore soprattutto proprio per dare conto ad una pluralità di attori, quali soggetti pubblici, comunità scientifiche e professionali, pubblico dei visitatori, ma anche sponsor e donor che sostengono finanziariamente le iniziative e si muovono con logiche differenti: i privati cittadini, le aziende, gli esercizi commerciali che beneficiano della presenza e dell’attività del museo sul territorio (primi tra tutti bar, alberghi, ristoranti), ma anche addetti e fornitori.
Suddiviso in tre parti, il testo della Sanesi parte da un’analisi approfondita dei modelli di rendicontazione in uso, sia quelli più testati e diffusi – come il bilancio sociale o quello di missione o la Valutazione di Impatto economico (VIE) – altri ancora in fieri, come il bilancio dell’intangibile o la Balanced Scorecard (BSC).
Nella seconda parte l’autrice formula una proposta nella «terra di mezzo», denominata modello del valore: uno dopo l’altro vengono analizzati i criteri tecnico-scientifici e standard per il funzionamento dei musei, gli indicatori del VAC (valore aggiunto culturale) e gli intangibili.
Nella terza parte Il Museo del tessuto di Prato di Prato viene portato come caso concreto, come laboratorio reale del modello del valore teorizzato.
Con un taglio molto operativo Sanesi illustra come misurare il valore del museo con strumenti ad hoc, in grado di dare conto non soltanto degli aspetti economici, finanziari e patrimoniali ma anche delle proprie «capacità multitasking«. Emergono così nuovi indicatori utilizzati per misurare il VAC ovvero il Valore Culturale Aggiunto: reputazione, fattore di impatto culturale, varietà delle proposte culturale, effetto moltiplicatore sullo sviluppo locale, efficacia ed efficienza dei prodotti generati. Accanto a questi Sanesi propone di inserire nella valutazione dell’impatto che l’istituzione museo è in grado di generare sui territori in cui opera anche aspetti intangibili come il posizionamento strategico, il modello organizzativo o governance (ovvero come verrà attuata la gestione dell’ente culturale e a quali principi sarà ispirata). Anche la strategia di fund raising, friend raising e people raising diventa un parametro fondamentale per valutare la capacità del museo di saper coinvolgere e interessare i suoi più importanti interlocutori: cittadini, aziende, fondazioni di erogazione, enti pubblici a tutti i livelli. Oltre a questi entrano a pieno diritto nel modello di analisi proposto anche fattori più sfuggenti, ma non per questo meno importanti, quali il tempo, la demografia, l'innovazione, lo stile manageriale del direttore, la presenza o meno di volontari.
Se è vero quindi che i musei non potranno più sopravvivere perseguendo la mera logica della funzionalità, Sanesi sottolinea l’urgenza e propone strumenti concreti per aiutare il museo a adottare nuovi processi di accreditamento e autovalutazione. Il libro diventa così un pratico compagno di strada per gli operatori museali che vogliano approfondire il tema dell’innovazione museale.
In un momento storico in cui è completamente mutato il quadro in cui il museo si trova ad operare, dove non è più scontata la sua sopravvivenza al di là della capacità di generare valore, il testo di Sanesi vuole essere di aiuto affinché il museo investa per recuperare ciò che nell’ultimo secolo ha lasciato per strada, ritrovando e facendo riscoprire ai portatori di interesse, ai pubblici reali e potenziali che il museo – ancora prima di essere bene pubblico o bene privato – è bene COMUNE. E questo mettendosi in gioco in prima persona, senza aspettare qualche isolato imprenditore o qualche cittadino illuminato. «Passare alla sperimentazione non è facile», conclude Sanesi. Ma nelle premesse aveva avvertito il lettore: «non un grosso problema, ma un grande lavoro!».

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