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Il treno delle industrie culturali e creative europee sta passando: saliamo a bordo o lo salutiamo dalla banchina

  • Pubblicato il: 16/05/2015 - 09:50
Autore/i: 
Rubrica: 
VOCI DALL'EUROPA
Articolo a cura di: 
Pier Luigi Sacco

Come si sta muovendo la  prima fase della programmazione UE 2014.2020? La  cultura ha sempre un peso marginale nelle politiche, ma qualcosa sta cambiando. La parola d’ordine sembra essere «rompere i silos», come dimostra il brillante semestre di presidenza lettone. Ma i policy makers debbono crescere per sostenere i percorsi di innovazione. In Italia - che presenta 4 tra le 25 regioni UE prevalenti per produzione culturale e creativa - non mancano le iniziative innovative, anche dal basso, ma non si vede ancora una logica di sistema.

 
Questa fase iniziale del ciclo di programmazione europea 2014-2020 sta riservando alcune sorprese e per una volta si tratta di sorprese positive. Malgrado sia tuttora evidente che la cultura continui ad avere un peso marginale nell’agenda politica europea, si avverte allo stesso tempo un’enfasi crescente verso un modo diverso di elaborare le politiche rispetto al passato recente: invece di confinare ciascun ambito di azione dentro il proprio ‘silos’, secondo la classica logica a comportamenti stagni per cui l’ambiente, l’industria, la cultura e l’educazione, tanto per fare qualche esempio, sono ambiti distinti che rispondono ciascuno a determinati gruppi di interesse, elaborano proprie narrative, e soprattutto definiscono in autonomia le proprie priorità, la parola d’ordine sembra ora essere appunto quella di ‘rompere i silos’ e ricercare le connessioni. Un indirizzo che, nel caso della cultura, vuol dire soprattutto andare a cercare spazi e risorse nella creazione di nuovi ponti e di nuove sinergie con altri settori piuttosto che limitarsi a difendere strenuamente i propri spazi ridotti e a perenne rischio di ulteriori tagli. L’indirizzo dato dal semestre di presidenza lettone dell’Unione Europea in ambito culturale, quello dei cosiddetti crossover creativi di cui abbiamo parlato nel numero precedente, riflette perfettamente questi nuovi scenari e continua a produrre effetti positivi.
Una riprova concreta si è avuta lo scorso 11 maggio a Bruxelles, in occasione del meeting annuale dello European Creative Business Network (ECBN), la più importante rete europea dedicata all’incubazione e allo sviluppo dell’imprenditorialità creativa in Europa, che comprende soggetti come Creative England, lo European Centre for Creative Economy di Essen, l’Amsterdam Economic Board, Creativwirtschaft Vienna, Addict Creative Industries Portugal, e molti altri. Per testimoniare l’importanza che la rete sta assumendo nel contesto europeo, l’incontro è stato aperto dal Commissario Europeo alla Cultura, all’Educazione e allo Sport, Tibor Navrasics, che nella sua riflessione introduttiva ha indicato cinque priorità:

  1. Le competenze per l’imprenditorialità creativa, che evolvono rapidamente nel tempo e che non riguardano soltanto le nuove tecnologie, ma anche i mestieri creativi più tradizionali che rischiano di scomparire proprio perché manca un ricambio generazionale. Il tema centrale qui è una relazione più efficace tra il sistema della formazione e i settori creativi.
  2. L’accesso al credito: le imprese culturali e creative hanno tradizionalmente problemi a ottenere credito dal sistema finanziario, a causa dell’estrema polverizzazione del settore, fatto in prevalenza di mini e micro imprese, molte delle quali individuali, e a causa della forte incertezza sui flussi di cassa con cui la maggior parte di queste imprese deve fare costantemente i conti. A partire dal prossimo anno, il Creative Europe Guarantee Facility permetterà alle banche di fare credito al settore creativo con una forte riduzione del rischio grazie ad un sistema di garanzie studiate ad hoc e offerte appunto dal nuovo Strumento. L’effetto sperato è quello di favorire una maggiore reciproca conoscenza tra banche e imprese creative, in modo da arrivare gradualmente ad una progressiva rimozione degli ostacoli al credito e a creare future opportunità anche senza bisogno delle garanzie.
  3. L’accesso ai mercati: la rivoluzione digitale sta evidentemente producendo un profondo cambiamento dei modelli di business delle imprese creative, da un lato facilitando l’accesso ai prodotti e ai mercati, ma dall’altro creando nuove difficoltà dal punto di vista della protezione della proprietà intellettuale. La Commissione Europea dà qui molta importanza al traguardo del Mercato Unico Digitale Europeo, ma il tema dell’evoluzione delle forme del copyright e dell’elaborazione di modelli di business meno dipendenti dalla difesa della proprietà intellettuale richiederà senz’altro uno sforzo di apertura mentale e di innovazione in più.
  4. L’internazionalizzazione: un impulso più incisivo alla promozione e all’esportazione dei prodotti creativi europei è sempre più urgente, e c’è da sperare che nei prossimi anni siano effettivamente intraprese azioni più efficaci e tempestive che in passato.
  5. I crossover tra la cultura e gli altri settori: la naturale vocazione intersettoriale della cultura può aprire opportunità enormi (ad esempio nella relazione con temi come la salute, la sostenibilità, la coesione sociale), ma ciò richiede un notevole sforzo da ambedue le parti, e un notevole impegno da parte dei policy makers ad aggiornare le loro conoscenze e loro approcci per poter sostenere adeguatamente percorsi innovativi come questi, nei quali si può progredire soltanto con la sperimentazione e con l’apprendimento dai propri errori.

All’interno di questo quadro strategico, la giornata di lavoro di ECBN ha offerto un panorama delle strategie di promozione dell’industria culturale e creativa in alcuni dei paesi UE. In alcuni casi – ad esempio il Regno Unito, l’Austria o la Svezia – gli operatori nazionali possono ormai contare su un’azione pubblica di lungo corso, e spesso su partnership pubblico-private molto sviluppate ed ampiamente sperimentate. Ma anche paesi emergenti nel panorama UE come la Slovacchia, il Portogallo o i paesi baltici (tra cui la Lettonia che in questo campo sta davvero capitalizzando in modo ammirevole l’opportunità offerta dal semestre di presidenza) stanno progressivamente mettendo a punto strategie coerenti a livello nazionale.
Proprio per queste ragioni pesa particolarmente il fatto che l’Italia, pur avendo quattro regioni tra le prime 25 a livello europeo per dimensione del settore culturale e creativo, manchi tuttora al momento di una qualunque politica organica e coerente di supporto e promozione dell’industria creativa, e ciò vale purtroppo per ciascuno dei 5 punti chiave elencati dal Commissario Navrasics. Non mancano le iniziative private e dal basso, che presentano spesso caratteri fortemente innovativi, ma è chiaro che senza una visione di sistema sarà difficile per le nostre imprese creative difendere la loro competitività a livello europeo ed internazionale – basta guardare al ruolo che le agenzie specializzate di altri paesi, alcune delle quali appartenenti a ECBN, stanno svolgendo a questo proposito.
A partire dai prossimi mesi, tuttavia, la Fondazione Campus di Lucca, specializzata nei temi del turismo anche in rapporto alle industrie creative, diventerà non soltanto il primo membro attivo italiano di ECBN, ma entrerà anche a far parte del direttivo: un segnale incoraggiante che la dice lunga sull’attenzione e l’interesse a livello europeo affinché l’Italia sviluppi una politica più efficace e lungimirante in questi settori. C’è da sperare che le nostre istituzioni se ne accorgano, e che non continuino a dedicare tutte le attenzioni al tema della valorizzazione – una parola che in Europa quasi nessun altro usa, e non certo per mancanza di interesse verso il potenziale di sviluppo della cultura. Chiediamoci perché.

 
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