Il Principe dei tipografi si fa in tre
Parma. Un potenziale visitatore superficiale potrebbe pensare che una mostra dedicata a un tipografo, pur nel caso del «re» dei tipografi Giambattista Bodoni, possa risultare noiosa, piena solo di polverosi volumi antichi. Invece no. Un pò per la magnificenza dei luoghi espositivi, la Galleria nazionale, la Galleria Petitot della Biblioteca Palatina e soprattutto il teatro Farnese nella parte retrostante le tribune, e anche per l’allestimento (di Pier Luigi Pizzi) e i materiali prescelti, siamo davanti a un appuntamento importante. Alla sua organizzazione, oltre agli enti statali citati partecipano anche la Fondazione Museo Bodoniano e la Fondazione Cariparma. Da non perdere dunque questa «Bodoni (1740-1813). Principe dei tipografi nell’Europa dei Lumi e di Napoleone. Celebrazioni per il bicentenario della morte di Giambattista Bodoni», curata da Andrea De Pasquale insieme alla soprintendente Mariella Utili e alla direttrice della Palatina Sabina Magrini e visibile sino al 12 gennaio 2014. «Riapriamo la parte storica dell’istituto, spiega la direttrice Magrini, in occasione della mostra: la Galleria Petitot, che prende il nome dall’architetto francese Ennemond Alexandre Petitot cui si devono i disegni degli scaffali di noce poi realizzati dal Drugmann, era chiusa da alcuni mesi». Le fa eco la soprintendente Utili: «Abbiamo voluto, spiega, ambientare la nostra parte di mostra nelle sale della Galleria nazionale a contatto con i capolavori esposti permanentemente e sotto le tribune del teatro Farnese in modo da coinvolgere maggiormente il pubblico». La mostra parte proprio dal Farnese attraverso i primi anni di vita di Bodoni: un giovane genio che già a 18 anni è a Roma presso la Stamperia poliglotta di Propaganda Fide, con il ruolo di torcoliere, incisore di fregi e lettere di legno, attività che svolge in contemporanea allo studio di lingue orientali alla Sapienza e al lavoro compositore delle pubblicazioni esotiche. Pochi anni e nel 1766 Bodoni decide di lasciare Roma per raggiungere Londra allo scopo di perfezionarsi nell’arte dell’incidere. Sarebbe stato una sorta di cervello in fuga: dopo la formazione italiana altrove avrebbe esercitato la sua arte. Giunto però in Piemonte il tipografo figlio di tipografi, colpito da febbre terzana, dovette rinunciare al viaggio londinese. A Saluzzo lo raggiunge invece l’invito del duca Don Ferdinando di Borbone che lo chiama a Parma per impiantare e dirigere la Stamperia Reale, divenuta presto famosa in tutta Europa per la perfezione delle sue edizioni. Una sorta di sliding door dunque. Dal 1768 l’artista arrivò a Parma per restarvi l’intera esistenza, divenendo l’autore che oggi tutti conoscono soprattutto per via del carattere tondeggiante che ha preso il suo nome. Bodoni è naturalmente molto altro, pubblica una serie lunghissima di testi classici e di libri d’arte a partire dal volume sulla gloria «locale» Correggio (1800). E la mostra, dicevamo, riassume bene tutto ciò attraverso libri, oggetti e dipinti (il riallestimento del salone centrale voluto da Maria Luigia d’Austria, duchessa di Parma e Piacenza dal 1816 al 1847, è spettacolare con opere di Goya, Anton Raphael Mengs, Angelica Kauffmann, Francois Gérard, Andrea Appiani, Antonio Canova, Bernardo Bellotto, Robert Hubert. Se già in Galleria nazionale stupiscono le copertine «rosse» che Bodoni mise a tutti i suoi libri (il colore deriva dai vasi greci a figure rosse viste all’attiguo museo archeologico) e gli armadi originali della Stamperia con i punzoni in bella evidenza, alla Palatina la sezione è oltremodo interessante. La sezione «Fabbrica del libro perfetto» racconta dapprima la storia del libro a stampa: dalla Bibbia di Gutenberg della metà del XV secolo (è esposta una edizione in fac-simile) alle più importanti edizioni della tipografia europea. Poi è raccontata la rivoluzione del gusto e della tecnica con gli strumenti per la fusione dei caratteri in piombo e la composizione dei testi, le prime edizioni ma soprattutto gli esemplari più belli usciti dai torchi bodoniani. C’è anche un torchio che però non è quello originale della stamperia: questo ultimo potrebbe, ma nessuno conferma, ancora essere collocato nei sotterranei dell’Istituto Toschi nella parte di Palazzo della Pilotta dove un tempo operava il maestro. Dunque una visita di grande interesse per il visitatore che scoprirà un personaggio storico ben sicuro di sé, capace di dire «Io non voglio che cose magnifiche e non lavoro per la volgarità dei lettori».
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