Il pakistano che indora la storia
Roma. L’elezione del nuovo sindaco, come è prassi, ha comportato l’interruzione degli incarichi esterni all’amministrazione capitolina, tra cui quello di Bartolomeo Pietromarchi, direttore del Macro dal luglio 2011. Fino a quest’autunno si prosegue tuttavia con la programmazione che Pietromarchi aveva definito per la seconda metà del 2013 nelle due sedi del museo: le personali di Marina Ballo Charmet, Giulio Paolini, Renato Mambor, Jorinde Voigt, le residenze d’artista, il Premio Enel, il dodicesimo Fotografia Festival Internazionale di Roma, mentre al Testaccio si terranno «Digital Life 2013. Liquid Landscapes», le personali di Roberto Bosco e Paolo Picozza.
In attesa che entro la metà di settembre il neosindaco Ignazio Marino annunci il nome del nuovo direttore, e non è da escludere che si orienti all’interno dell’amministrazione capitolina, come richiederebbe una legge in caso di condizioni economiche non floride delle casse comunali, il 13 giugno ha nominato direttore ad interim Alberta Campitelli, dirigente responsabile delle Ville e Parchi Storici, che seguirà l’attività ordinaria del Macro (in attesa ancora di diventare fondazione).
Nel lavoro di fundraising, dal 2012 Pietromarchi ha costruito un rapporto di partnership con la Deutsche Bank, che prevede l’ospitalità al Macro di una personale del vincitore del Premio Deutsche Bank’s Artist of the Year. Dopo la mostra di Yto Barrada nel 2012, dal 25 settembre al 17 novembre tocca al pakistano Imran Qureshi (1972), che vive a Lahore, dove insegna pittura miniaturistica al National College of Art. Oltre ad avere inaugurato con una personale la nuova Kunsthalle berlinese della Deutsche Bank in occasione del premio, è ora incluso nel Palazzo Enciclopedico della Biennale di Venezia ed espone al Metropolitan di New York. La prima personale di Qureshi in un museo italiano è curata da Friedhelm Hütte, responsabile per l’arte alla Deutsche Bank, che ha selezionato 35 opere recenti e un intervento site specific. «La sua ricerca si fonda su un pensiero di matrice concettuale, spiega Pietromarchi, per cui unisce tecniche e motivi della tradizione orientale, come la miniatura moghul indiana, con una pittura astratta contemporanea. Un altro motivo ricorrente è il Paese d’origine dell’artista, il Pakistan, per le vicende storiche e il vissuto moderno». Per esempio, nei due grandi dittici, «Give & Take» e «They Shimmer Still» (2013), ognuno composto da due tele ovali coperte da una sorta di texture a macchie, altri elementi gestuali sapientemente dosati si mescolano con elementi floreali, utilizzando in alcuni casi la foglia d’oro.
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