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Il Governo della cultura

  • Pubblicato il: 23/06/2014 - 12:10
Rubrica: 
VOCI DALL'EUROPA
Articolo a cura di: 
Erminia Sciacchitano

Walter Santagata, economista della cultura, ma anche scienziato sociale, come è stato sottolineato nel convegno che si è tenuto il 29 e 30 maggio a Torino, ad otto mesi dalla sua scomparsa. Una dimensione sociale che è una componente chiave della sua analisi, una culla di idee maturate attraverso il confronto con colleghi, allievi, ricercatori e funzionari pubblici, non solo in Italia ma in ambito internazionale. Una dimensione di condivisione, di partecipazione a una forma di “intelligenza collettiva”, che ha generato una grande sintonia fra le persone che lo hanno conosciuto e che si sono incontrate a Torino per testimoniare quanti e quali sentieri Santagata abbia tracciato con originalità e coraggio, ricordare che le sue idee sono una via per affrontare con successo le sfide globali di oggi e raccontare come stanno applicando questi principi nel proprio lavoro quotidiano. In ognuno di quei sentieri, infatti, la cultura è declinata come risorsa strategica per un nuovo modello di sviluppo economico e sociale per il nostro Paese.
La mia fortunata esperienza mi ha consentito di percorrere alcuni di questi sentieri: le ricerche che hanno prodotto alcuni importanti studi per il MIBACT: dall’Arte contemporanea italiana nel mondo del 2005, al Libro Bianco sulla creatività del 2009, fino alla più recente indagine sul valore del marchio Unesco per il territorio, in corso di pubblicazione.
Oggi, dal mio osservatorio di funzionario «prestato» del MiBACT alla Commissione europea, dove seguo lo sviluppo delle politiche culturali europee, in particolare sul patrimonio culturale e l’economia della cultura, vedo anche i sentieri che Santagata ha tracciato nel mondo.
Fra questi, come ha ricordato durante il convegno Francesco Bandarin, spicca il suo contributo al dibattito sull’integrazione della cultura come elemento chiave per raggiungere gli obiettivi di sviluppo fissati dalle Nazioni Unite «Millennium Development Goals». Un dibattito che ha evidenziato che la povertà non dipende solo da fattori economici e che il contributo della cultura non si limita ai posti di lavoro o alle ricadute sul sistema turistico generati dalle industrie culturali e creative. La cultura piuttosto è un elemento «strutturante», che trasforma l’approccio complessivo allo sviluppo umano e sociale, mettendo alla base l’istruzione, il dialogo interculturale, il rispetto dei diritti umani e culturali, e quindi rendendolo intrinsecamente più sostenibile, inclusivo ed equo.
In questi mesi cruciali si stanno svolgendo le negoziazioni per la revisione di questa strategia che influenzerà per i prossimi 15 anni le decisioni delle nazioni e delle agenzie internazionali. Tutto il mondo della cultura si augura che questo obiettivo venga sostenuto adeguatamente dall’Italia nelle sedi appropriate.
Anche in Europa le cose stanno cambiando nella direzione che Walter Santagata auspicava. Il 20 maggio scorso il Consiglio, Educazione, Gioventù, Cultura e Sport dell’Unione Europea ha approvato le Conclusioni sul patrimonio culturale come risorsa strategica per un’Europa sostenibile.
Nelle conclusioni del Consiglio si trovano molti dei principi che erano contenuti nel Libro bianco sulla creatività (uno dei pochi frutti della ricca riflessione italiana che ha superato le Alpi grazie alla sua traduzione in inglese) e che permeano l’ultimo lavoro di Walter Santagata: “Il governo della cultura”. Superata la tradizionale divisione fra materiale e immateriale, oggi anche in Europa si guarda all’intero processo della creazione e conservazione e agli effetti sulla generazione di benessere, capitale sociale e sulla qualità della vita.
Le Conclusioni del Consiglio, promosse dalla presidenza Greca, sono state ampiamente sostenute non solo dal nostro Paese e dai paesi del Mediterraneo, tradizionalmente a favore, ma anche dai paesi del Nord Europa, superando tradizionali e antiche divisioni per il raggiungimento di un obiettivo comune.
La Commissione europea ha inoltre annunciato un’iniziativa sul patrimonio culturale, valorizzandone la dimensione integrata nell’ambito delle diverse politiche comunitarie e il contributo per la crescita, l’occupazione e la qualità sociale nell’Unione europea.
Questo è accaduto perché il settore si è finalmente organizzato. Le conclusioni del consiglio sono il frutto di un lavoro avviato nel 2010 sotto la presidenza belga dell’Unione europea con il Reflection group EU and Cultural Heritage, continuato dalla Lituania e dalla Grecia, frutto del dialogo costante fra i Ministeri competenti e i rappresentanti della società civile, ad esempio l’European Heritage Alliance 3.3.
In Europa, infatti, non si va in ordine sparso e non si improvvisa. In Europa, una voce singola, per quanto forte, per quanto giusta, si disperde e non si afferma. In Europa, un’idea, per quanto buona, non attecchisce se non viene prima preparato il terreno e, una volta pronto, se non si coglie il momento giusto per agire. Per affermare un principio c’è bisogno di un lavoro paziente di negoziazione e concertazione che coinvolga gli Stati, la società civile, il mondo della ricerca, in dialogo con le istituzioni europee parlamento, Consiglio e Commissione.
Oggi viviamo quindi un «momentum» per agire in favore della cultura in Europa che va colto al volo e la Presidenza italiana in questo può giocare un ruolo fondamentale.
Durante la negoziazione per il budget europeo 2014-2020, si è dovuto rimediare ad un «peccato originale»: non avere dato a suo tempo il giusto valore alla cultura e al patrimonio culturale al momento dell’elaborazione della strategia Europa 2020, il documento quadro che detta le linee programmatiche per creare le condizioni per un diverso tipo di sviluppo economico, più intelligente, sostenibile e solidale. Ma dove la cultura non ha trovato posto. E mi chiedo come possa essere intelligente un’Europa senza cultura, come possa essere sostenibile un’Europa senza paesaggio, come possa essere inclusiva un’Europa che abbandona il patrimonio culturale comune.
C’è voluto un forte impegno del Parlamento, della Commissione, del Consiglio, delle reti e di tutti i portatori di interesse per restituire alla cultura un maggiore peso nei programmi comunitari.
Ma occorre proseguire in questo impegno e cogliere la straordinaria opportunita' che si e' appena aperta: la consultazione pubblica sulla revisione della Strategia Europa 2020 che si concludera' proprio durante il semestre di presidenza italiana. Tutto il settore, come forma di «intelligenza collettiva», come avrebbe voluto Walter Santagata, può quindi contribuire a riportare la cultura nel cuore del progetto europeo, perché l'Europa utilizzi davvero la cultura come risorsa per le sfide globali che deve affrontare.

Erminia Sciacchitano è Esperto nazionale distaccato presso la Direzione generale Educazione, Giovani, Cultura e Sport della Commissione Europea - Unità Cultural Policy and Intercultural Dialogue, dove si occupa di politiche sul patrimonio culturale e economia della cultura.

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