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Il futuro delle Arti, dei musei (e della raccolta fondi) negli Stati Uniti e nel Regno Unito. E come (e se) cambieranno in Europa

  • Pubblicato il: 14/03/2018 - 09:21
Autore/i: 
Rubrica: 
MUSEO QUO VADIS?
Articolo a cura di: 
Irene Sanesi

Ci siamo lasciati alle spalle un biennio 2016/2017 particolarmente intenso e inusuale nel trend storico degli investimenti culturali. Vediamo da vicino quanto accaduto e gli impatti che certe trasformazioni oltre Oceano e oltre Manica potranno avere sulle nuove sfide che attendono la gestione del patrimonio culturale europeo e il reperimento dei fondi necessari per la sua sostenibilità.
Rubrica di ricerca in collaborazione con il Museo Marino Marini


Ho da poco letto questo articolo sul New York Times, riguardante la proposta di Trump di tagliare i fondi per le arti. Sembra essere il primo presidente a contemplare tale idea, da quando il fondo per le arti è stato creato nel 1965. Da un punto di vista europeo, sicuramente è davvero un momento particolare per i musei e le istituzioni d’arte negli USA, come vediamo dalla crisi del Metropolitan Museum of Art di New York. Sembra che gli Stati Uniti siano arrivati a un punto di svolta, probabilmente stanno perdendo la guida per quanto riguarda la gestione dell’arte.
Probabilmente i tagli che Trump sta proponendo sono più simbolici che significativi: il budget del NEA (National Endowment for the Arts) è da tempo molto ridotto e oggi i finanziamenti che eroga si aggirano intorno ai $25.000. Il NEA è comunque sopravvissuto, con alti e bassi nel corso di tutti i governi americani, nella consapevolezza che le nazioni si considerano non soltanto per la politica che attuano bensì per la Cultura che tramandano. Esplorando l’arte in Toscana, si può vedere che famiglie come i Bardi, i Peruzzi e i Medici – i banchieri del primo Rinascimento quando Firenze era la Wall Street d’Europa con il suo “fiorino d’oro” – sono ricordati nella storia per aver fatto fiorire e aver sostenuto la cultura e l’arte, prima ancora che per le loro aziende e le loro banche.
Il NEA ha una storia lunga 52 anni, e il contributo alle arti più importante è stato quello di stimolare le donazioni da privati. Nonostante i finanziamenti siano di modeste dimensioni, le organizzazioni a cui vengono assegnati superano, in un certo senso, un esame reputazionale. Per questo, tra i sostenitori americani delle arti, c’è un grande movimento in atto che mira a salvare la NEA.
 
Intanto in Europa, Sharon Heal per la Museum Association (MA), nel Regno Unito, ha tenuto la sua conferenza annuale a Glasgow[1], occasione in cui più di 1.500 persone si sono riunite per discutere il ruolo dei musei nel place-making, nella sostenibilità, nelle nuove sfide, nell’identità, la salute e il benessere. Il contesto di queste discussioni era la Brexit, ma anche la possibilità di un secondo referendum per l’indipendenza della Scozia, e i cambiamenti sociali, economici e demografici che hanno avuto un impatto nelle comunità e nei musei.
Nel Regno Unito la significativa riduzione dei fondi pubblici per la cultura sta condizionando gli operatori museali con una forte pressione, in particolar modo quelli fuori Londra. In Inghilterra, le spese per la cultura sono diminuite di £230 milioni dal 2010, e nello stesso periodo sono stati chiusi 45 musei in tutto il Regno Unito. Nel Lancashire, sono stati chiusi cinque musei negli ultimi due mesi e sul sito del Comune si legge un avviso: “Chiuso fatta eccezione per le visite scolastiche (prenotazione necessaria). Le trattative sono in corso con un potenziale nuovo operatore”. A Kirkless, il Dewsbury Museum ha chiuso nel novembre 2016, così come il Red House Museum e il Tolson Museum. Anche la New Art Gallery in Walsall, che riceve oltre 170.000 visitatori all’anno e che ha aperto nel 2000 con un investimento di oltre £20 milioni, rischia di chiudere. L’amministrazione locale ha constatato “Se continuiamo ad applicare disposizioni di austerità, allora tra quattro anni ci sarà solo una biblioteca, nessun servizio per i giovani, nessuna galleria d’arte e nessun teatro”.
Molti di questi musei sono nel centro di città post-industriali dove le persone versano in condizioni di svantaggio sociale ed emarginazione e la loro percezione del governo nazionale è quella di una entità distante –non a caso si tratta precisamente delle aree dove molte persone hanno votato per uscire dall’UE-.
Sharon Heal continua affermando che “ci sono molte domande difficili da porsi come settore per quanto riguarda la sostenibilità dei musei. Non tutti i musei potranno, né dovrebbero, sopravvivere nel prossimo futuro. Dobbiamo riuscire a trovare delle risposte. Molti musei nel Regno Unito hanno esplorato nuovi e vari modelli per aumentarne la sostenibilità. Alcuni musei sono diventati dei fondi fiduciari per riuscire ad avere più controllo sulle proprie finanze. Molti hanno cercato di generare più risorse tramite la raccolta fondi, le attività commerciali e altro. Altri musei hanno impostato collaborazioni con organizzazioni del terzo settore, università e luoghi affini per massimizzare l’impatto e ridurre i costi.”
 
Cosa succederà in America e nel Regno Unito se da ora in poi i governi dovranno iniziare a prendersi cura di tutti i musei e delle istituzioni d’arte nelle proprie città e stati?
I musei hanno un valore economico molto importante oltre al loro valore sociale ed educativo[2]; tuttavia stanno perdendo sostegno finanziario pubblico (un trend non solo italiano dunque). Per questo motivo è importante sviluppare il loro potenziale innovativo e imprenditoriale. I musei sono asset cruciali per stimolare la crescita economica in chiave sostenibile: in questa nuova visione, il valore economico del settore culturale, nel senso più nobile del termine, dovrebbe essere riconsiderato, poiché laddove non ci sia sostenibilità difficilmente ci sarà crescita e sviluppo delle comunità e dei territori. L’American Alliance of Museums (AAM)[3] ha pubblicato uno studio che dimostra l’importanza dei musei nel restituire valore e risorse alle piccole imprese secondo una logica di prossimità territoriale. I musei hanno dimostrato di saper agire in modo imprenditoriale (come stabili intraprese), non soltanto per sopravvivere a un periodo di crisi economica, ma anche per creare valore per la società e le comunità, oltre a generare coesione sociale e crescita[4].
 
Per avere successo in un contesto di mutevole cambiamento, i musei dovranno cambiare.
Credo che la proposta di eliminare il NEA e altre agenzie culturali avrà due diverse conseguenze: da una parte, accrescerà la sensibilità di scelte filantropiche, come dimostra Giving USA (+4,1% 2015/2014), e dall’altra, potrebbe spingere gli americani che sostengono le arti a dare di più ai loro musei locali, rendendo più rigida la competizione per la raccolta fondi nell’ambito internazionale.
 
L’auspicio è di una vera e propria coopetizione tra i musei: cooperazione e non solo competizione, e una maggiore sensibilizzazione riguardo alla loro sostenibilità.
Siamo quindi di fronte ad una situazione molto difficile, e al contempo sfidante, per quanto riguarda la raccolta di fondi per le arti, la cultura e i musei, non solo a livello nazionale ma internazionale. L’arte cambia, i musei cambiano, noi cambiamo, e una delle armi più forti che le istituzioni culturali hanno a disposizione, insieme alla loro identità, sono le persone che lavorano per e con loro. Investiamoci.

 
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THE FUTURE OF ARTS, MUSEUMS (AND FUNDRAISING) IN THE US AND THE UK AND HOW THEY WILL CHANGE (IF THEY WILL) IN EUROPE
 
I just read this article in the New York Times, about Trump’s proposal to cut the government funding for the Arts: https://nyti.ms/2m2uHbF.
He seems to be the first President who has considered such an idea, ever since the fund for the arts was created in 1965. Furthermore we read about the failure of the management of the Metropolitan museum in New York City: from a European point of view the USA is showing the dark side of the moon, probably loosing their birthright in arts management. It is such a particular moment for museums and art institutions in the USA.
Probably the cuts Trump is proposing are more symbolic than significant: the NEA (National Endowment for the Arts) budget is so tiny and these days most of the grants they give are only around $25,000. The NEA has survived and thrived during all of the presidents.  We are conscious that countries are not remembered for their politics but for what culture they leave behind.  By exploring the art of Santa Croce in Florence we can see that families such as Bardi, Peruzzi and Medici - the bankers of the early Renaissance when Florence was the Wall Street of Europe with its "gold florin", a widely used currency minted in Florence in pure gold have been remembered throughout history for their cultural patronage and efforts with the arts.
The “NEA” has a 52 year history, and perhaps its most significant impact has been as a stimulus for private giving. Even though its grants are small, they act as a kind of “imprimatur” on the organizations that win them. In terms of American supporters of the arts, there is a very big movement now afoot to “Save the NEA”: http://arts.ca.gov/news/atcdetail.php?id=926.
The Museum Association (MA) in the UK held its annual conference in Glasgow in November 2016[1], when over 1,500 people gathered to discuss museums’ role in place-making, sustainability, being brave, identity, health and wellbeing. The context for these discussions was Brexit, the possibility of a second independence referendum in Scotland, and the social, economic and demographic shifts that are impacting on our communities and our museums.
In the UK the significant reduction in public funding for culture has put tremendous pressure on museums, especially those outside of London. In England spending on culture has dropped by £230m since 2010, and in that same period around 45 museums have closed across the UK. In Lancashire, five museums have closed within the last couple of months. The notice on the council’s website reads: “Closed except for school visits (booking required). Negotiations are underway with a potential new operator”. In Kirkless, Dewsbury Museum closed in November, and Red House Museum and Tolson Museum closed at the end of 2016.
The New Art Gallery in Walsall, which receives over 170,000 visitors a year and opened in 2000 at a cost of over £20m, is also under threat of closure. The council there has said: “If we continue with these austerity measures then in four years’ time we will be left with one library, no youth service, no art gallery and no performing arts centre”.
Many of these museums are in postindustrial heartlands where people are disadvantaged and disenfranchised and feel detached from government – precisely the areas where people voted to leave the EU.
Sharon Heal continues by saying that “There are many tough questions we must ask ourselves as a sector about the viability and sustainability of museums. Not every museum will survive the next period and nor should they. And we have to come up with some answers. Many museums in the UK have explored new and different models in order to increase their sustainability. Some local authority museums have become trusts to gain more control of their finances. Many have increased their fundraising and income generation from commercial and other activities. Museums have formed partnerships with third sector organizations, universities and other museums to maximize their impact and reduce their costs”.
What will happen in America and the U.K. if they will now have to care for all of the museums and art institutions in their own cities and states?
Museums have an important economic value – in addition to their social value and educational value[2]. Nevertheless, museums are losing public financial support. In this sense it is important to develop the entrepreneurial and innovative potential of museums. Museums are a key stimulator of economic growth: they should – in this new vision – not neglect the economic value of the cultural sector, and add alternative, non – economic stories to it. Museums have shown themselves to be entrepreneurial in their actions, not only in order to survive a period of economic crisis, but to generate added value to society and community, social cohesion and growth[3].
In addition to this, the American Alliance of Museums (AAM)[4] has published a study which shows that museums are particularly instrumental in generating money for small businesses located in their vicinity. To succeed in this brave new operational environment, museums must change.
 I believe that the proposed elimination of the NEA and other cultural agencies will have two different outcomes: on one hand, it will develop a new sensibility in philanthropic choices, as Giving USA (www.givingusa.org) remarks (+ 4,1% 2015/2014), and, on the other hand, it will put some increased pressure on Americans who support the arts to give more to their local museums and that could make fundraising competition a bit stiffer for the international arena. I hope for a serious coopetition among museums: cooperation and not only competition, and a new advocacy for their sustainability.
We are facing a challenging environment in raising money for arts, culture and museums, not just nationally but internationally.
Art changes, museums change, we change and one of the biggest assets that museums have is the people who work for and with them. Stay tuned.

 

 

 
[1]                                    Heal S., “Austerity bites: how to avoid death by a thousand cuts”, in Money Matters: The Economic Value of Museums, 10-12 novembre 2016, Karlsruhe, Germania.
[2]                                    Vuillaume D., “Introduction”, in Money Matters: The Economic Value of Museums, 10-12 novembre 2016, Karlsruhe, Germania.
[3]                                    Levä K., “The results speak for themselves, so why isn’t anyone listening?”, in Money Matters: The Economic Value of Museums, 10-12 novembre 2016, Karlsruhe, Germania.
[4]                                    Neamu D., “Looking outside: spill-over effects of museums”, in Money Matters: The Economic Value of Museums, 10-12 novembre 2016, Karlsruhe, Germania.