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Il contributo delle Fondazioni al Welfare di Comunità

  • Pubblicato il: 04/07/2014 - 15:30
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FONDAZIONI D'ORIGINE BANCARIA
Articolo a cura di: 
Francesca Sereno

Roma. Il peso crescente delle Fondazioni. Lo sottolinea il Presidente di Acri (e Fondazione Cariplo) Giuseppe Guzzetti presentando i dati europei: nel continente operano più di 110mila fondazioni di pubblica utilità che, nel loro complesso, possiedono un patrimonio stimato in circa 350 miliardi di euro, impiegano poco meno di 1 milione di cittadini e ogni anno spendono circa 83 miliardi per le loro collettività.
Al di là del ruolo di ogni singolo ente si può fare di più uniti. La giornata di studi, come afferma il Presidente,  non è solo «l’occasione per raccontare quanto grazie alle attività di ciascuna Fondazione si può realizzare in una comunità, ma portare l’attenzione su quanto la Fondazione e la sua realtà di appartenenza fanno e sempre più possono, e dovrebbero, fare insieme». Una prospettiva che sarà favorita dall’evoluzione normativa attesa e in dirittura d’arrivo: lo statuto europeo delle fondazioni, mirato a definire le condizioni per uniformare le regole nazionali in termini di dotazione patrimoniale, trasparenza e obblighi di rendicontazione.
Al crescente impegno erogativo delle Fondazioni di origine bancaria nei settori propri del welfare (293 milioni di euro nel 2013 per Assistenza sociale, Salute pubblica e Volontariato), ha fatto seguito la costituzione in ambito Acri di un Gruppo di Lavoro “deputato a identificare le possibili linee di comportamento e di azione delle Fondazioni per promuovere un welfare di comunità”.
Un sistema articolato in quella che il presidente di Assifero, Felice Scalvini, definisce  «Biodiversità Istituzionale» di cui il Terzo Settore rappresenta un presidio in contrapposizione alla polarizzazione Stato-Mercato. In un ambito che comprende diversi soggetti con una diversità di ruoli e di funzioni, le fondazioni di erogazione come le fondazioni di origine bancaria possono giocare un ruolo strategico di orientamento.
Ma parlare di Welfare di Comunità significa parlare anche di Sviluppo Locale: il Terzo Settore non fornisce soltanto risposte a bisogni, ma produce dei veri e propri servizi di Welfare, che si ripercuotono in termini di aumento dell'occupazione, miglioramento della qualità della vita. Non solo. Un aspetto questo sul quale concorda Giovanni Camilleri, Direttore Programma Onu per lo Sviluppo Locale, sottolineando l'importanza di utilizzare il know how dell'esperienza degli enti no profit nell'ambito dello sviluppo del territorio, in ambito nazionale ed internazionale: le strategie dell'Unione Europea vertono tutte sul «Territorial Approcach», che si basa sul lavoro in rete di  più attori che esprimono la realtà, condividono competenze,  preoccupazioni ed aspirazioni.
Il sindaco di Pisa e componente del Consiglio Nazionale dell’Anci, Marco Filippeschi, suggerisce di «mettere a frutto le esperienze positive» di integrazione di risorse provenienti da diversi soggetti. A questo proposito cita il Patto di Comunità del suo comune che è riuscito a sollecitare fondazioni e imprese a sostenere interventi programmati di sviluppo territoriale, come Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa per la Cittadella della solidarietà promossa da Caritas e Fondazione Vodafone per un progetto rivolto a bambini disagiati.
Pietro Barbieri, portavoce del Forum del Terzo Settore, evidenzia che «ripensare al sistema del Welfare significa ripensare a ruoli e funzioni». Oggi le risorse pubbliche da destinare al welfare sono prevalentemente concentrate in unico soggetto, l'INPS che rivolge le sue non poche risorse per lo più al sistema pensionistico-assistenziale. Il resto è a carico dei privati, che sostengono autonomamente i loro familiari non autosufficienti. In quest'ambito si sta facendo spazio il cosiddetto «Secondo Welfare» sul quale le imprese, sempre più consapevoli di quanto il welfare sia fondamentale nella produttività dei lavoratori, stanno lavorando.  Ne è espressione la Ferrero Spa, come indica il Presidente Francesco Paolo Fulci, ricordando che l'azienda che rappresenta ha operato fin dagli anni 50, «gli stessi di Adriano Olivetti» con l'obiettivo di creare dignità del lavoro e diffondere cultura e bellezza. Già dal secondo dopoguerra per contrastare l'esodo dalle campagne, la Ferrero decise di istituire un servizio di trasporto giornaliero per condurre i contadini nell'azienda, offrendogli così l'opportunità di avere delle risorse per coltivare la loro terra. E le Langhe da zona depressa, ben descritta ne «La Malora» di Fenoglio, sono diventate Patrimonio Unesco. Nella convinzione dell'importanza di migliorare la qualità della vita degli anziani, la Fondazione Ferrero ha realizzato poi un complesso sanitario, ricreativo e culturale destinato ai lavoratori in pensione dell'azienda, aperto quotidianamente per circa 3000 dipendenti.
Il contributo al Welfare di Comunità può e dev'essere di tutti gli attori - pubblici e privati, profit e no profit, locali e non solo – che, come sottolinea il presidente di Acri, insieme devono percorrere «soluzioni, complementari e sinergiche, in cui sostenibilità, equità, accesso e responsabilità si articolino in formati nuovi e trovino un baricentro essenziale proprio nel territorio e nella comunità, comunque definita».

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