Il caso Torino
Il Piemonte è la seconda Regione italiana in termini di numerosità di Fondazioni di origine bancaria (12 a fronte delle 19 dell’Emilia Romagna), di patrimonio netto e di erogazioni pro-capite. Eroga circa il 25% del totale nazionale, grazie a due tra le più grandi fondazioni del Paese e a una pluralità di realtà locali (www.associazionefondcrpiemontesi.it).
Ma la capacità di spesa delle Fob non può più essere il driver.
«È possibile che il benessere economico e sociale di un territorio si fondi su creatività e cultura?»
La tesi emerge dalla recentissima ricerca Atmosfera creativa che disegna una mappa delle eccellenze e delle criticità delle industrie culturali piemontesi. Un progetto, l’ennesimo della Fondazione CRT, a cura del Centro Studi Silvia Santagata e della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Torino: partendo dal posizionamento realizzato fin dagli anni ottanta, propone un piano strategico di medio termine, elemento senza il quale né pubblico, né privato possono orientare la propria azione.
(Cfr. «Atmosfera Creativa» - Sezione Studi e Ricerche Il Giornale delle Fondazioni)
Il modello di sviluppo aggrega l’interesse di enti locali, istituzioni culturali e della stessa Compagnia di San Paolo, individua priorità e vincoli. Vuole generare creatività diffusa e produzione in una Regione in cui il settore culturale conta il 9% degli addetti dell’economia, una cifra paragonabile al sistema dell’auto (fonte 2007 ASIA - Archivio statistico delle imprese attive).
Sull’efficacia dell’azione delle Fob non tutte le opinioni convergono. A metà aprile, in un workshop su scuola e Università, è stato sferrato un affondo al sistema: «Troppi denari sono indirizzati verso progetti discutibili, soldi spesi per alimentare e tenere in piedi un confuso proliferare di iniziative frammentarie e talora di natura clientelare (...) progetti che, pur avendo scarso valore innovativo, godono consenso in un’oligarchia ristretta. Basta con il principio del tout se tien, stop ai finanziamenti a pioggia che arrivano in fortini ben delineati». Ma gli attuali decisori ormai sono più avanti: hanno perfezionato una loro evoluta idea di futuro e le relative strategie di intervento.
Approfondiamo il tema con interviste a:
❑ Luca Remmert «Non saremo più erogatori supplenti ma veri partner»
❑ Sergio Chiamparino «Non ci sono dubbi: le fondazioni devono essere partner autonomi»
❑ Angelo Miglietta «I tagli non devono essere falciature ma potature: salvifiche e rafforzanti»
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(X Rapporto Annuale Fondazioni)