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Il bomb peak smaschera il falso Léger

  • Pubblicato il: 08/02/2014 - 14:00
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Stefano Luppi

Venezia. Sembra una notizia fatta apposta per «lanciare» la mostra «Leger 1910-1930. La visione della città contemporanea» prevista da sabato al 2 giugno al Museo Correr e invece è tutto vero. Grazie alle ricerche dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn) di Ferrara, pubblicate dalla rivista scientifica «The European Physical Journal Plus», è stato dimostrato che un dipinto di Fernand Léger, appartenente alla serie «Contraste de Formes» realizzata nel 1913-14 e di proprietà della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, è falso. Da vari decenni c’erano dubbi, ma ora tutti si dicono contenti a partire da Philip Rylands, direttore della Collezione Guggenheim che ha spiegato: «Dopo circa quarant'anni di incertezze e dubbi sull'autenticità dell'opera, sono felice che grazie alle tecniche di ricerca sempre più avanzate, sia stata finalmente raggiunta la verità». A scoprirla appunto i tecnici  dell’Infn che hanno applicato test atomici, i cosiddetti «bomb peak» applicati alla datazione al radiocabonio, con cui si misura la concentrazione di C-14. Attraverso complicati esercizi e calcoli si è analizzata un frammento di tela non dipinta e si è scoperto che l’opera è stata realizzata quattro anni dopo la morte del grande pittore, dunque nel 1959. Nella mostra del Museo Correr, naturalmente, è tutto originale e documentato: oltre 100 opere che danno vita alla prima grande esposizione sull’opera del pittore francese che si tiene in Italia, con al centro il tema della rappresentazione della città contemporanea (catalogo Skira). A cura di Anna Vally e con la direzione scientifica di Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei e Timothy Rub, direttore del Mpa di Philadelphia dove la mostra è già stata, la rassegna è suddivisa in cinque sezioni: «La metropoli prima della Grande Guerra», «Il pittore della città», «La Pubblicità», «Lo Spettacolo», «Lo Spazio». Tra gli importanti prestiti spicca lo straordinario «La Ville», un quadro che dà avvio alla fase più sperimentale e cubo-futurista della produzione di Léger. Questo quadro del 1919 diventerà un vero e proprio manifesto della pittura dedicata al tema della città contemporanea, poiché raffigura le frenetiche attività della metropoli, le sue architetture composte di assemblaggi cubo-futuristi, e i suoi abitanti, uomini meccanici, quasi robot, armoniosamente integrati nel dinamismo della nuova macchina urbana. Lo spettatore visitando la mostra vedrà le sue creazioni di design teatrale e di grafica pubblicitaria, di scenografia e di cinematografia, ma anche di approfondire la sua relazione con i protagonisti di quella fertile stagione dell’avanguardia: Duchamp, Picabia, Robert Delaunay, El Lissitzky, Mondrian, Le Corbusier. Il progetto espositivo voluto dalla Fondazione Musei civici di Venezia merita attenzione anche perché si accompagna alla rasse2gna, negli stessi spazi, «L’immagine della città europea da Rinascimento al Secolo dei Lumi», curata da Cesare De Seta (fino al 18 maggio, catalogo Skira). De Seta ha infatti raccolto una serie di ottanta tra dipinti, incisioni e disegni provenienti da importanti collezioni pubbliche e private italiane ed estere, con la quale racconta l’evolversi della rappresentazione della città fino alle soglie dell’Ottocento. Attraverso lavori di Jacopo de’ Barbari (la notissima veduta di Venezia del 1500),  Gaspar van Wittel, Didier Barra, Alessandro Baratta, Jacob Philippe Hackert, Bernardo Bellotto (due spettacolari visuali di Varsavia), lo spettatore comprende come dal Medioevo la città sia stata un campo privilegiato per la pittura europea e un grande mezzo di esaltazione e di propaganda delle virtù dello Stato. Prima di divenire rappresentazione vera e propria.

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da Il Giornale dell'Arte, edizione online, 6 febbraio 2014