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I Festival: da un evento effimero a bene culturale. La sfida lanciata da Guido Guerzoni con Effetto festival 2012

  • Pubblicato il: 23/11/2012 - 00:22
Autore/i: 
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Neve Mazzoleni
Guido Guerzoni

Firenze. Guido Guerzoni, economista della cultura, presenta l’aggiornamento biennale alla sua ricerca Effetto festival, nata nel 2008 su idea di Giulia Cogoli, Direttrice del festival di Sarzana.
Sempre più e a buon titolo, i festival di approfondimento culturale sono diventati una voce importante della produzione culturale nazionale, scandendo il calendario annuale e rappresentando opportunità e appuntamento di confronto, di costruzione di agorà sociali laddove mancano luoghi e contenuti di aggregazione.
Come sempre rimbomba la denuncia di un ritardo del nostro Paese rispetto all’Europa, nell’interpretazione del fenomeno come prodotto culturale esso stesso, e bene, nella stessa misura del patrimonio artistico, architettonico e paesaggistico. Il Codice dei Beni Culturali nella sua ultima versione del 2004 non definisce esattamente il festival come bene, ma piuttosto come attività.
L’attività implica un’idea di intangibilità e di transitorietà effimera, mentre Guerzoni punta il dito sulle potenzialità di permanenza che il festival produce: «Grazie alla rivoluzione digitale molti eventi culturali live, come i festival, offrono la possibilità di accedere gratuitamente a ricchi archivi on line, che consentono di scaricare e fruire audio e/o video, gli interventi dei relatori o le performance degli artisti. Questa dimensione di permanenza dovrebbe chiarire che i festival non durano lo spazio di un mattino, ma alimentano la creazione di archivi contenutistici di livello eccelso, che costituiscono delle legacies permanenti, cui un accorto legislatore dovrebbe prestare maggiore attenzione».
Anche per la ricerca del 2012, i festival godono di ottima salute, nonostante la crisi, con una longevità notevole che supera i tre anni e per alcuni tocca quasi i dieci e la ricca programmazione con una media di 88 eventi per programma. In questi due anni più rilevante è l’incidenza di eventi gratuiti e accessibili al largo pubblico, per comunque non privare di opportunità di formazione, e inclusione sociale.
Il campione di ricerca ha coinvolto 37 festival nazionali, che hanno risposto per il 62%: essi hanno profili di elevata specializzazione disciplinare oppure di una sorta di mixité trasversale, rappresentando concretamente un’espressione di civiltà e cultura, purtroppo non riconosciuta nella giurisprudenza: « Si tratta di una concezione anti-storica, la cui difesa ad oltranza ha procurato e continuerà a procurare danni – come dichiara Guerzoni-: oggi più che mai la cultura è anche flusso, interpretazione, narrazione, produzione di nuovo senso; ma tali processi generano nuove categorie di ‘beni culturali’».
La maggiore concentrazione geografica (49%) è nel Nord Est, tipicamente distretto di elevato tasso di creatività, mentre Settembre è il mese preferito da molti festival per la propria ri-proposizione, raccogliendo i benefici del rientro dalle ferie e la bella stagione; la durata delle manifestazioni si assesta per il 32% dei casi sui tre giorni.
Fra i promotori e finanziatori, giocano ancora un ruolo attivo le amministrazioni pubbliche, in primis i comuni, seguiti dalle Regioni, ma anche enti non profit come le fondazioni di origine bancaria, che contribuiscono sovvenzionando il 62% delle manifestazioni interrogate per quasi il 50,5% sulle entrate totali.
È un dato significativo se paragonato ad altri settori della produzione culturale più tradizionale, che ha patito enormi riduzioni nelle contribuzioni pubbliche.
Si spende con oculatezza, si utilizza molto lavoro volontario, anche in un’ottica di costruzione di reti e piattaforme locali di interesse, restituendo al territorio forma sociale e si comunica con strumenti innovativi e a basso costo, come la rete e i social network. Il dato confortante riguarda la produzione di contenuto, con il sensibile aumento del +14% dei programmi e una partecipazione sempre vasta di pubblico.
Guerzoni ancora sottolinea il valore economico, sociale, politico dei festival, chiudendo con queste parole la sua premessa alla ricerca: « è più che mai doveroso cercare di cogliere le ragioni e le radici di questo fenomeno, dacché la “formula festival” è sempre più diffusa e apprezzata, per le caratteristiche di concentrazione spazio-temporale, per la dimensione live, per la capacità di creare nuovi legami e ridefinire le identità di città, territori e compagini sociali, per l’abilità nel coniugare cultura, svago e intrattenimento e per l’attenzione riservata ad argomenti capaci di riempire il vuoto pneumatico della cultura televisiva e compensare l’agonizzante capacità ideativa delle istituzioni culturali tradizionali, sempre più afone e immobili».
Proprio per questa dinamicità del settore e freschezza dei risultati, molti opinion leaders gravitano intorno a queste manifestazioni, molto più che per altri settori produttivi delle industrie culturali: vale la pena davvero di riflettere sul valore di bene comune di queste manifestazioni, che stanno sostituendo in tutto altri spazi della socialità e della politica, drenando energie, volontà, risorse economiche.

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