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Fundraising per la cultura: se la ricerca ISTAT scardina i luoghi comuni

  • Pubblicato il: 02/05/2014 - 09:08
Rubrica: 
SPECIALI
Articolo a cura di: 
Marianna Martinoni

Il settore culturale è composto da una moltitudine di piccole e medie organizzazioni non profit, un sottobosco vivo e vitale che anima in modo piuttosto omogeneo il territorio nazionale: lo stanno dimostrando le tante proposte arrivate in occasione dei bandi a loro rivolti (fUNDER35 , ARS, Culturability, Che fare) e lo dimostrano anche i dati emersi dal 9° Censimento Generale dell’Industria, dei Servizi e delle Istituzioni Non Profit. Chi si occupa di strategie di sostenibilità delle organizzazioni culturali sarà ben felice di sapere che all’interno del Censimento ISTAT ci sono nuove e preziose informazioni relative alle fonti di finanziamento, ai servizi erogati e alla voci di spesa, nonché alla modalità di fundraising con cui le organizzazioni censite coinvolgono i potenziali sostenitori privati. Durante il convegno ISTAT «Il non profit in Italia. Quali sfide e quali opportunità per il Paese», svoltosi a Roma lo scorso 16 aprile, rappresentanti del non profit, esponenti del mondo della ricerca e decisori pubblici si sono confrontati con l’obiettivo fare il punto sul ruolo economico e sociale del Terzo Settore in Italia e in Europa. Alcune cifre eclatanti emerse dal censimento sono ormai note: 681 mila addetti, 4,7 milioni volontari stimati,  301.191 le organizzazioni non profit censite, il 28% in più rispetto al 2001, con una crescita del personale impiegato pari a 39,4% (ndr 54.163 sono le organizzazioni non profit che si occupano esclusivamente di attività culturali ed artistiche come sottolineato da Francesca Sereno.
Altri dati emergono invece dai dati presentati in occasione del convegno: si scopre per esempio che per l’86,1% delle istituzioni non profit la fonte di finanziamento principale è di provenienza privata, mentre solo nel 13,9% dei casi è prevalentemente pubblica. Laddove i settori a tutt’oggi più dipendenti da fonti di finanziamento pubblico restano Sanità (36,1%), Assistenza sociale e protezione civile (32,8%), Sviluppo economico e coesione sociale (29,9%), colpisce trovare tra quelli più sostenuti da introiti privati settori quali Religione (95,5%), Relazioni sindacali e rappresentanza di interessi (95,3%), Cooperazione e solidarietà internazionale e Cultura sport e ricreazione (entrambe 90,1%). Un dato significativo, ma soprattutto contrario ad un luogo comune che penalizza da sempre le organizzazioni attive nel settore culturale (inserite ahimè come sempre nel grande calderone delle organizzazioni che si occupano anche di sport e ricreazione): solo il 9,9% indica il settore pubblico come fonte di finanziamento prevalente, mentre ben il 90,1% si sostiene grazie a fonti di finanziamento private.
In particolare per quanto riguarda il settore culturale, la maggiore incidenza sul totale delle entrate è data dai contributi annui degli aderenti (31%) e dai proventi della vendita di beni e servizi (30,2%). A grande distanza seguono i sussidi e contributi a titolo gratuito da parte di istituzioni pubbliche (9,6%), i proventi derivanti da contratti e/o convenzioni con istituzioni pubbliche e contributi, offerte, donazioni e lasciti testamentari (rispettivamente 9,2% l’uno); seguono le altre entrate di fonte privata che incidono per l’8,2%. La quota più contenuta di entrate è costituita dai proventi di origine finanziaria e patrimoniale (2,5%).
All’interno di questo quadro, risulta molto significativo il rilievo, fatto per la prima volta, sui servizi erogati dalle Istituzioni non profit, mentre considerazioni interessanti su non profit e adozione di tecniche e strategie di fundraising.
In generale le istituzioni non profit che svolgono attività di raccolta fondi in Italia sono 60.071, pari cioè al 20% di quelle censite. Le più attive si trovano nelle regioni del Nord - Lombardia (20,4% ), Veneto (11,3%) ed Emilia-Romagna (10,2%) – mentre in coda alla graduatoria si posizionano invece le istituzioni non profit del Sud ed Isole.
Se si analizzano poi i dati sulla correlazione esistente tra settore di attività prevalente e scelta di effettuare raccolta fondi, emerge che al primo posto - con quote molto superiori alla media nazionale di istituzioni che attivano forme di raccolta fondi - si posizionano  le organizzazioni operanti nei settori della Cooperazione e solidarietà internazionale (80,8%), della Filantropia e promozione del volontariato (36,5%), della Sanità (35,2%), e dell’Assistenza sociale e protezione civile (33,9%). Le organizzazioni culturali seguono con significativo distacco (17,1%). Nel settore culturale sono dunque 2 su 10 le organizzazioni che scelgono di svolgere attività di fundraising: tuttavia in valori assoluti sono ben 33.478 le organizzazioni del settore cultura, sport e ricreazione che dichiarano di svolgere attività di raccolta fondi.
Andando poi ad analizzare le modalità di raccolta fondi, emerge come il 61,1% delle istituzioni utilizza il contatto diretto seguito dall’organizzazione di eventi e/o manifestazioni pubbliche (55,5% delle istituzioni): luci e ombre sull’applicazione di strategie di fundriasing, dovute  alla ancora limitata conoscenza di strumenti e modalità di coinvolgimento/sollecitazione delle diverse tipologie di sostenitori (che sono per l’81,7% dei casi ai singoli cittadini, nel 48,4% imprese private, nel 34,4% istituzioni/imprese pubbliche e nel 16,1% altre istituzioni non profit) e alla scarsa presenza di figure professionali a questo dedicate.
Sempre in un’ottica di valutazione della capacità di coinvolgimento dei pubblici, è interessante quanto emerge dal 9° Censimento Generale dell’Industria, dei Servizi e delle Istituzioni Non Profit per quanto riguarda il livello d’innovazione raggiunto dalle istituzioni non profit nell’adozione di diversi strumenti di comunicazione.
Le istituzioni non profit che utilizzano almeno uno strumento di comunicazione sono 205.792 (68,3%). L’uso del web e dei social network assume un ruolo imprescindibile e fondamentale, ma non sostituivo rispetto all’impiego degli strumenti tradizionali. Infatti, il 60,9% delle istituzioni non profit che fanno ricorso ad almeno uno strumento di comunicazione prediligono il sito Internet, mentre il 54,2% adotta comunicati e brochure informative e il 30,6% sceglie i social network come veicolo per condividere idee e “creare community” sul web, seguito dalla pubblicità (29,8%) e dalla newsletter periodica (15,2%). In generale si rileva quindi una discreta capacità di combinare forme comunicative tradizionali con strumenti tecnologicamente avanzati. Positivo il fatto che il 43,3% delle istituzioni censite che impiega strumenti di comunicazione operi prevalentemente nel settore Cultura, sport e ricreazione: la scelta di queste istituzioni si caratterizza per l’impiego della pubblicità e dei social network in misura superiore al valore nazionale (16,4% rispetto al 15,8%).
Sulla capacità di coinvolgere, creare community e soprattutto comunicare l’impatto della propria attività (vedi anche Il valore del museo, c’è di sicuro molto da lavorare, ma di fatto «tecniche di resilienza» per andare oltre alla crisi ci sono e in molti già le stanno mettendo in pratica.

Per scarica il rapporto
http://censimentoindustriaeservizi.istat.it/istatcens/wp-content/uploads...
http://www.fundraisingschool.it/wp-content/uploads/2014/04/Il-profilo-delle-istituzioni-non-profit-alla-luce-dellultimo-censimento.pdf

In allegato è possibile consultare i grafici.

Marianna Martinoni è consulente di fundraising, membro del Consiglio Direttivo di ASSIF (Associazione italiana Fundraising) e Coordinatore del Corso Strategie di Fundraising per il Settore culturale per The Fund Raising School di AICCON. Laurea in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, Master internazionale in Comunicazione e gestione delle politiche culturali pubbliche e private, Certificato in Fundraising Management. Coautrice, con Pier Luigi Sacco, del primo libro sul fundraising per la cultura in Italia (Meltemi 2005).