Fundraising creativo
Negli States la raccolta fondi dei soggetti no profit non passa solo attraverso collaborazioni con enti pubblici ed aziende private. Si mobilita la creatività. Gadget brand, co-brand e senza brand, feste private, party aperti al pubblico, cene esclusive. E ancora cataloghi, edizioni limitate, chi più ne ha più ne metta. Gli Stati Uniti a questo proposito sono maestri nel proporre una versione della raccolta fondi attiva, che non aspetta e spera, ma che solletica il destinatario con l'idea di possedere un oggetto fuori dal circuito mainstream e che soprattutto non fa differenze, rivolgendosi a tutti. Ogni contributo è significativo: da quello dello studente che acquista una t-shirt disegnata dagli artisti, come quelle proposte recentemente dal progetto «No Longer Empty» diretto da Manon Slome (e con un board composto da Julia Draganovic, Amy Kaufman, Rivka Saker, tra gli altri), il quale abita e rianima con mostre e progetti culturali spazi temporaneamente in disuso sparsi nella Grande Mela.
La Aperture Foundation si ingegna nella creazione di un magazine, nella pubblicazione di libri e nella distribuzione, anche online, di stampe ad edizione limitata. Pierogi, a Brooklyn, propone il progetto «Flat Files», un archivio sterminato (online e offline) dal quale si possono estrarre un numero considerevole (oltre 900) di disegni, incisioni e piccole invenzioni d'artista.
E non si dimentichino, in questo senso i musei come il Whitney e il Guggenheim con i loro piccoli, ma ben forniti bookshop. O la Neue Gallery, tipicamente americana, con il suo recupero dei modelli estetici della Vienna Secessionista che vengono trasposti nell'edificio che contiene la collezione, nel bar-ristorante con un menù austriaco made in USA ed un catalogo di libri interessante e raffinato, che spazia da Nietzsche a Rilke fino a Thomas Mann.
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