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Fondazione di comunità Mirafiori, l’impegno dell’erog-azione

  • Pubblicato il: 15/06/2018 - 13:00
Rubrica: 
FONDAZIONI DI COMUNITÀ
Articolo a cura di: 
Maria Elena Santagati

Nasce nel 2008, a seguito dei processi di rigenerazione urbana avviati nel quartiere torinese e con il sostegno di Compagnia di San Paolo, la Fondazione della comunità di Mirafiori. Una intensa operatività, grazie ad una flessibilità operativa e ad una molteplicità di strumenti di intervento in un territorio circoscritto. Obiettivo: “la manutenzione ordinaria della coesione sociale”.
 


 
Da 10 anni attiva nell’omonimo quartiere torinese, la Fondazione della comunità di Mirafiori Onlus si distingue nel variegato ecosistema delle fondazioni di comunità per la sua duplice attività erogativa e operativa. Non soltanto organismo dedito all’erogazione di risorse finanziarie, ma un impegno in prima linea, su molteplici orizzonti, in favore di una comunità urbana di circa 38.000 abitanti. La fondazione nasce infatti per volontà dei soci fondatori, ovvero Compagnia di San Paolo e Associazione Miravolante, con l’obiettivo di consolidare e potenziare i processi di rigenerazione urbana che, dal 1999 al 2006, hanno interessato la zona di Mirafiori sud (ex circoscrizione 10). Dall’eredità dei processi attivati da Mentelocale, accompagnamento sociale al Programma di recupero urbano di Via Artom (1999-2006) finanziato dalla Città di Torino, e da YEPP (Youth Empowerment Partnership Programme), programma di sviluppo della partecipazione dei giovani  finanziato dalla Compagnia di San Paolo (2002-2006), nasceva nel 2007 l’Associazione Miravolante, associazione di secondo livello che riunisce soggetti del terzo settore operanti a livello locale, oggi rappresentati all’interno della fondazione. Si ritenne necessario, allora, intraprendere un’azione per la mise en valeur del capitale di processi, relazioni e idee che negli ultimi anni si erano andati costruendo sul territorio, e fu così adottato lo strumento della fondazione di comunità.
 
Alla raccolta e all’allocazione di fondi si affiancano modalità di supporto eterogenee, quali iniziative di cittadinanza attiva, sostegno a progetti strategici e pluriannuali, processi di accompagnamento alla redazione di progetti e alla creazione di partenariati, costituzione di gruppi di lavoro, chiamate per realizzare idee-progetto, nonché la gestione diretta di un servizio, quello della Casa nel Parco, inserita nella Rete delle Case di Quartiere di Torino e ricevuta in concessione dal Comune. Un immobile che si compone di un bar ristorante e di uno spazio per incontri, laboratori, corsi, seminari, uffici e coworking: una «risorsa socioculturale e ricreativa per la città e la zona sud di Torino», «uno spazio capace di accogliere e sostenere le associazioni che lavorano nel quartiere di Mirafiori Sud», che «promuove l’auto-organizzazione delle persone mettendo a disposizione competenze, spazi, idee e risorse perché questa possa realizzarsi». Negli anni, la fondazione ha sostenuto anche servizi a regia istituzionale gestiti in modo continuativo da organizzazioni del terzo settore, come il «Centro del Protagonismo Giovanile di Strada delle Cacce», lo «Spazio Famiglia di via Negarville» e il «Mirafleming». Una flessibilità che non manca di apertura anche a proposte innovative presentate in forme diverse dai bandi o dai progetti condivisi, attraverso due principali contenitori: «Emergenze», per situazioni caratterizzate appunto da eccezionalità, e «Opportunità», per progetti ad elevato impatto sociale che siano innovativi, autosostenibili e cofinanziati.
«Ciò che a noi interessa è che le persone, i cittadini siano protagonisti», e «la valutazione dei progetti si basa infatti sull’intensità della partecipazione. Ad esempio noi ormai finanziamo solo progetti che siano co-progettati, in cui più di un’associazione partecipa dall’inizio alla fine. Ci siamo resi conto col tempo che una certa rivalità tra le associazioni è inevitabile, e noi intendiamo spingerle a lavorare insieme», afferma il presidente Bruno Manghi.
 
Con l’obiettivo del miglioramento della qualità della vita della propria comunità di riferimento, gli ambiti di intervento della fondazione non possono che essere molteplici: cultura, beneficenza, educazione e formazione, solidarietà, tutela e valorizzazione dei beni d’interesse storico e artistico, natura e ambiente, sport dilettantistico, promozione delle pari opportunità, con particolare riguardo nei confronti di persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, sociali, economiche o familiari. Sostenendo il progetto «Alloggiami» dell’associazione Aris, «abbiamo ritenuto importante che alcuni studenti stranieri iscritti al Politecnico venissero a vivere a Mirafiori, negli alloggi degli anziani, creando così un rapporto intergenerazionale e internazionale. Questi quartieri hanno bisogno di riattivarsi». Altro aspetto importante la creazione di offerte educative di alto livello, come fatto attraverso il progetto strategico pluriennale «Mirafiori, la scuola con una marcia in più», avviato insieme all’Istituto Comprensivo «A. Cairoli» e all’Istituto Comprensivo «G. Salvemini» con l’obiettivo di dotare le scuole dell’obbligo del quartiere di attività didattiche di eccellenza. A conferma degli obiettivi primari della fondazione, l’attenzione alle vecchie e alle nuove generazioni, ad esempio con i progetti «Essere anziani a Mirafiori Sud», la «Youth bank», «Sport hello» per adolescenti, ma anche il progetto quadro «Mirafiori Solidale» in tema di occupabilità e sostegno al lavoro.
A livello culturale, oltre a sostenere il progetto di promozione della lettura «Leggermente» promosso dalla Fondazione Cascina Roccafranca, la fondazione propone iniziative in collaborazione con altre associazioni e istituzioni: «La cultura e l’arte sono una componente assolutamente non marginale. La Fondazione insieme alla biblioteca propone ad esempio presentazioni di libri, che hanno notevole successo soprattutto per la fascia di adulti e anziani, mentre con la fascia giovanile, che è minoritaria trattandosi di un quartiere piuttosto anziano, l’arte figurativa e in particolare la street art sembrano avere un certo successo. La fondazione supporta anche delle ricerche sul campo, ad esempio grazie al sostegno di Compagnia di San Paolo stiamo lavorando ad una ricerca condotta da Giuseppe Berta e della durata di 2 anni su «Mirafiori e Detroit», che intende capire cosa sia accaduto in questi luoghi dopo il mito della fabbrica. Direi che si tratta di un segno culturale: si è costituito un gruppo di lavoro di giovani ricercatori, fotografi, storici che sta realizzando un censimento di quanto accaduto a livello sociale in questi anni. Abbiamo inoltre un’associazione di famiglie cinefile che propone ogni anno la visione all’aperto di film da loro selezionati, noi ci occupiamo solo degli aspetti organizzativi, e vengono proposti anche concerti etnici e altre iniziative», afferma il presidente. «Vorrei sottolineare che sia tra i volontari sia tra i pochi operativi c’è un altissimo livello professionale, c’è una crescita culturale e anche professionale in corso. Quando si valuta un territorio questi sono elementi da tenere insieme e non da valutare separatamente».
 
Grazie al fondamentale sostegno di Compagnia di San Paolo, ovvero un contributo annuale di circa 200.000€ per la gestione delle attività e delle erogazioni, la fondazione ha garantito, nel periodo 2012-2016, l’erogazione di 580.000 € per 34 progetti annuali, 7 progetti pluriannuali, 3 servizi, e 2 progetti emersi dalla co-progettazione. Nel quinquennio considerato i contributi provenivano per il 76% da Compagnia di San Paolo, per il 13% da proventi commerciali (affitto sale e ristorante) e finanziari, per il 7% da enti pubblici (Città di Torino, Circoscrizione 10), per il 3% da altre Fondazioni private,  per l’1% da privati cittadini ed erogazioni liberali. Con un fondo di dotazione di 80.000€ e 170.000€ di fondi vincolati da Compagnia di San Paolo, a differenza delle altre fondazioni di comunità la Fondazione Mirafiori non ha subito un’evoluzione patrimoniale dal suo anno di nascita. Intensa risulta l’attività di collaborazione con gli altri attori istituzionali, sociali ed economici del territorio, ad esempio attraverso la partecipazione a 3 tavoli permanenti sul territorio della circoscrizione e del comune e la cooperazione ormai stabile con oltre 40 associazioni e cooperative, parrocchie, aziende, scuole, centri di formazione professionale, Università e Politecnico. Dalla collaborazione con altre fondazioni di comunità italiane è nato un progetto sulla povertà educativa nella fascia d'età 5-14 anni. Inoltre, «abbiamo chiesto alla FIAT di lavorare con noi. Negli anni, l’azienda ha chiesto ai propri dipendenti di dedicare una giornata all’anno al volontariato, in modo da diffondere lo spirito di team così necessario nell’industria 4.0. Ad oggi abbiamo accolto oltre 500 dipendenti FIAT che hanno realizzato le attività più svariate per i nostri progetti, a titolo volontario». Oltre all’attività di social team building, nel 2016 FIAT/FCA ha erogato un contributo di 8.000€, ovvero il 3% delle entrate annuali della fondazione.
 
Innumerevoli sono ormai le modalità e gli strumenti con cui le fondazioni di comunità declinano i loro obiettivi. Il tutto, grazie ad una posizione sicuramente peculiare nell’ecosistema di attori istituzionali, allineata al tempo del bene comune. «La fondazione di comunità ha una fortuna: può pensarsi e agire in un tempo più dilatato che non quello delle amministrazioni pubbliche, ovviamente deve collaborare con esse. La fondazione può pensarsi nel corso di anni a prescindere da chi dirige la circoscrizione al partito che prevale al momento, questo è importante, dà un respiro. Poi ci sono magari fondazioni che creano un alone di simpatia, di partecipazione, altre che fanno più fatica. In controtendenza rispetto a tante cose che ci circondano, nel nostro contesto si passa più tempo a sorridere che non a lamentarsi. E questo aiuta anche nella collaborazione con gli amministratori pubblici, interagendo con noi riescono ad apprezzare maggiormente il loro lavoro. È come se prendessero una boccata d’ossigeno!», conclude Bruno Manghi.

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