FOCUS MONTAGNA XXI SECOLO. L’affaire Ostana, o della rigenerazione molteplice
Autore/i:
Rubrica:
PAESAGGI
Articolo a cura di:
Antonio De Rossi
Un percorso di rivitalizzazione alpina che attraversa più di tre decenni, in cui cultura e qualità del paesaggio costruito, reinsediamenti e nuove forme di sviluppo locale vengono strettamente a intrecciarsi
Nel 1921, in occasione del censimento, gli abitanti di Ostana – straordinario insediamento occitano a matrice policentrica dell’alta valle Po affacciato sul Monviso – risultavano essere 1.200. Verso la fine del XX secolo i residenti ufficiali si sono ridotti a un’ottantina, ma in realtà i “dormienti” veri, ossia quelli che vivono in paese tutto l’anno, solo solamente più 6. Uno spopolamento quindi del 99,5%, percentuale che supera abbondantemente quella dell’80% comunemente citata per parlare delle alte valli occitane italiane, il territorio alpino europeo più colpito dai processi di spopolamento del Novecento. Dove sono andati gli ostanesi? Nella Francia del sud dove si parla la stessa lingua occitana, talvolta nelle Americhe, soprattutto nelle fabbriche di Cuneo e Torino.
Quando un paese giunge a questo punto, è finito. All’inizio degli anni ottanta, l’amministrazione dell’epoca, alle persone che si affacciano a Ostana per comprare una baita, dice semplicemente: cosa venite a fare qui? Andate via, lasciateci morire in pace.
Dalla diaspora torinese, i vecchi abitanti, che vivono tutti nella zona di Porta Palazzo e che continuano a mantenere forti legami di comunità, decidono che il paese non può essere lasciato morire. Deve rinascere. Si presentano una prima volta alle elezioni comunali. Perdono. Si ripresentano nel 1985. Vincono.
La prima fase (1985-2004): dall’agonia alla rivitalizzazione tramite pratiche di valorizzazione e patrimonializzazione delle risorse locali
Seduti intorno al tavolo, ragionano sui possibili punti di leva intorno cui costruire un percorso di rinascita. Il Monviso? Certamente. La rinascente cultura occitana? Sicuro. Ma soprattutto un paesaggio costruito intatto, ben diverso da quello di vicini centri turistici. E qui la prima mossa decisiva: promuovere un processo di recupero del patrimonio architettonico a partire da regole severe, esattamente il contrario di quanto sta avvenendo dappertutto. Un architetto locale elabora una sorta di vocabolario normalizzato, a metà tra la tradizione costruttiva del luogo e l’esperienza di progettisti alpini come Gellner, che guida i primi riusi a destinazione residenziale. Nel frattempo nasce l’associazione culturale “I Rëneis”, che gestisce il Civico Museo Etnografico “Ostana Alta Valle Po”, e che tramite i Quaderni del Museo compie un’ampia operazione di recupero della memoria locale. “I Rëneis” realizzano inoltre il progetto “Le Vie d’Oustano”, volto a ripristinare gli antichi percorsi storici del territorio. Intanto il passaparola richiama sempre più persone a Ostana, iniziano a uscire i primi articoli, e la qualità degli interventi architettonici sul patrimonio fa da volano per ulteriori operazioni di riuso.
Malgrado la sua precocità, visto il drammatico contesto delle Alpi occidentali, la prima fase della rivitalizzazione di Ostana sembra dunque presentare ingredienti consueti: la valorizzazione e la patrimonializzazione delle culture e risorse locali come leva della rigenerazione. In realtà, guardando in filigrana, la differenza è data dai suoi protagonisti, molte volte provenienti dal movimentismo politico occitano, che hanno la capacità di costruire reti lunghe e narrazioni di senso che travalicano il mero contesto locale. Giacomo Lombardo, sindaco di Ostana dal 1985 per due mandati, e poi dal 2004 fino a oggi, è da questo punto di vista figura emblematica: presidente dell’associazione “Chambra d’Oc”, instancabile ricercatore di finanziamenti, porta nel piccolo paese affacciato sul Monviso esponenti del mondo politico, culturale, universitario che costituiranno una rete di supporters decisiva – marcando una radicale differenza dalla tradizionale autarchia di queste aree – per la seconda fase del processo di rigenerazione.
La seconda fase (2004-oggi): sviluppo locale autocentrato e costruzione di un sistema di competenze e alleanze coll’esterno
Dal 2004 ha infatti avvio una forte accelerazione, dove alla valorizzazione subentra un’azione progettuale maggiormente consapevole, incentrata sulla creazione di condizioni di abitabilità e di sviluppo locale, di cui vale la pena di ricordare almeno alcune tappe. 2005: Bandiera Verde di Legambiente; nello stesso anno esce il film “Il vento fa il suo giro” del regista Giorgio Diritti, la cui trama prende spunto da una storia realmente avvenuta a Ostana, scritta dall’ostanese Fredo Valla. 2007: avvio della collaborazione col Politecnico di Torino, che condurrà alla realizzazione, grazie alla vittoria di numerosi bandi, di diversi edifici e attrezzature pubbliche per la cultura e il turismo soft. 2008: Ostana entra nel circuito “I Borghi più belli d’Italia”; sempre in quell’anno, nascita del “Premio Ostana Scritture in lingua madre”, giunto oggi alla decima edizione, che porta in paese autori da tutto il mondo. 2012: creazione di “L’Aura Scuola di cinema” da parte di Diritti e Valla, frequentata da studenti di tutta Italia. 2016: arriva Pablo, il primo bambino nato a Ostana dopo tre decenni. Si potrebbe continuare. Intanto Ostana raccoglie diversi riconoscimenti: Premio Vassallo nel 2015, Premio Fare Paesaggio della provincia autonoma di Trento nel 2016, Cresco Award e menzione speciale al Premio Europeo del Paesaggio del MIBACT nel 2017.
Centrale è anche il recupero integrale con fondi del Piano di Sviluppo Rurale della frazione Miribrart, praticamente abbandonata, con l’inaugurazione nel 2015 del Centro culturale “Lou Pourtoun”, dove vengono ospitate esposizioni artistiche, workshop universitari, convegni, e persino una scuola di politica che ha visto transitare figure come don Ciotti e Gustavo Zagrebelsky. “Lou Pourtoun” è gestito dai giovani dell’associazione “Bouligar”, molti dei quali abitanti a Ostana. Perché nel frattempo i “dormienti” da 6 sono saliti a una cinquantina: un caso praticamente unico in tutte le Alpi occidentali. Chi sono i nuovi “dormienti” di Ostana? Essenzialmente giovani tra i 20 e 40 anni, con alto livello di scolarizzazione, figli in alcuni casi dei vecchi abitanti ma sovente persone che hanno abbandonato le città per realizzare qui il loro progetto di vita, in un intreccio di attività che mettono insieme accoglienza turistica, servizi alla persona, recupero architettonico, cultura e nuova agricoltura.
Il cambiamento comporta però anche conflitti. Il recente arrivo di sei rifugiati pakistani, fortemente voluto dall’amministrazione, è stato occasione di uno scontro lacerante. Da un lato il nucleo dei vecchi “traghettatori”, dei nuovi “dormienti” e dei supporters – quasi degli abitanti intermittenti –, dall’altro una parte degli antichi residenti del paese, che vivono nelle pianure e che mantengono a Ostana una residenzialità secondaria. Uno scontro che a partire dagli stranieri ha fatto emergere un conflitto che è di visioni e di immaginari: tra chi pensa Ostana come un progetto individuale e collettivo di innovazione costruente la montagna del futuro, e coloro che vedono nel paese un fondale idealizzato di memorie. Quasi la ripetizione della storia de “Il vento fa il suo giro”.
Ma la marcia continua, verso quella che sembra configurarsi come una terza fase. Oggi buona parte delle borgate è recuperata, e investire a Ostana – in una fase dove i valori immobiliari di note località turistiche delle Alpi occidentali sono in calo – si sta dimostrando un buon affare. E arrivano nuove progettualità. Un docente universitario svizzero sta recuperando una piccola frazione per creare il Monviso Institute, destinato ad attività formative sul tema della sostenibilità. Un gruppo di giovani imprenditori piemontesi, attivi nel campo delle tecnologie ambientali, ha acquistato l’ultima borgata abbandonata, un alpeggio primaverile a 1.600 metri di quota, per realizzare un resort ecosostenibile, con annesse attività agricole e di coworking, per un investimento che si aggira intorno ai 10 milioni di euro e la creazione di una decina di posti di lavoro.
Ostana è soprattutto una proiezione e un sogno, pragmatico prodotto collettivo di un meticciato di protagonisti interni e esterni. Un caso difficilmente riproducibile. Ma l’alchimia che l’ha generato – in un intreccio di progettualità dal basso, di culture locali e di creazione di reti di competenze e di sistemi di alleanze esterne – dimostra le molte possibili vie dei processi di rigenerazione in ambito alpino.
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Credits immagine: Laura Cantarella, Centro culturale “Lou Pourtoun”, Ostana, 2016.
Antonio De Rossi è professore ordinario di progettazione architettonica, direttore dell’Istituto di Architettura Montana e coordinatore del dottorato in Architettura Storia Progetto presso il Politecnico di Torino. Tra il 2005 e il 2014 è stato vicedirettore dell’Urban Center Metropolitano di Torino. È autore di diversi progetti, e con i due volumi «La costruzione delle Alpi» (Donzelli, 2014 e 2016) ha vinto i premi Mario Rigoni Stern e Acqui Storia.