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Focus Montagna XXI secolo. Esiste un modello valle Maira?

  • Pubblicato il: 15/07/2018 - 00:02
Autore/i: 
Rubrica: 
PAESAGGI
Articolo a cura di: 
Antonio De Rossi
Storie di ri-nascita. Una lunga valle che dalla piana interna cuneese si spinge nel cuore dell’Europa occitana, dove qualità dell’ambiente, valorizzazione delle risorse storiche e culturali, turismo responsabile di provenienza internazionale stanno configurando un modello di sviluppo specifico. Un modello che oggi si arricchisce di nuove progettualità sui diritti di cittadinanza e l’offerta di servizi grazie alla sperimentazione locale operata dalla Strategia nazionale per le Aree Interne.  Prosegue la campagna di ascolto del Prof. Antonio De Rossi che incontra in questo numero Roberto Colombero, dinamico Presidente dell’Unione Montana Valle Maira, nonché sindaco di Canosio e veterinario.
 

Sempre più spesso si parla di “modello valle Mairaper definire uno specifico progetto di sviluppo del territorio montano fondato sull’intreccio di più componenti e dimensioni: quadro ambientale incontaminato, valorizzazione delle risorse storico-culturali, qualità dell’accoglienza e autenticità, turismo dolce fondato sulle pratiche sportive a basso impatto ambientale, capacità di attrazione a scala internazionale. Il successo odierno di questa valle però nasce da lontano, dallo stratificarsi nel corso di decenni di iniziative e progetti.
Un territorio massacrato dai processi di modernizzazione, dalle guerre e dallo spopolamento, cui Nuto Revelli dedica pagine fondamentali del suo libro Il mondo dei vinti del 1977, e dove il piccolo comune di Elva in quegli anni risulta sempre in testa alle classifiche delle realtà più povere d’Italia.
 
Un territorio che però, a partire dagli anni ’70-’80, dà avvio a una forte inversione di rotta. Vi è innanzitutto la grande “semina” del risveglio culturale occitano, ma anche fatti fortuiti, come l’insediarsi a Stroppo di Maria e Andrea Schneider, che con la loro attività ricettiva costruiscono un primo ponte col nord Europa.
E poi, negli anni successivi, una marea di progettualità: il progetto di valorizzazione del patrimonio romanico-gotico locale denominato Mistà; l’avvio di diverse attività ricettive con la formazione del circuito Locande Occitane; la pubblicazione del libro Antipasti und alte Weg che funziona da volano sul mercato di turisti di lingua tedesca; le reti sentieristiche e per mtb Percorsi Occitani e Gran Tour Valle Maira.
Si potrebbe continuare a lungo. Fino all’importante risultato di diventare area-pilota dell’attuale Strategia nazionale per le Aree Interne (SNAI). E proprio lo scorso maggio in valle Maira si è svolto il Forum nazionale Aree Interne. Ma anche i territori limitrofi, come la valle Grana che è strettamente legata alla Maira, sono oggi oggetto di forti progettualità, come nel caso del Parco Acquaviva finanziato dalla Fondazione CRC, lago balneare con finalità turistiche e al contempo agricolo-irrigue.
 
Abbiamo chiesto a Roberto Colombero, dinamico Presidente dell’Unione Montana Valle Maira, nonché sindaco di Canosio e veterinario, di farci un quadro dello stato delle cose.
 
Oggi il modello valle Maira ha certamente acquisito una notorietà che supera i confini locali. Quali sono secondo te i punti di forza di questo modello? E quali sono invece le criticità e le debolezze che permangono?
 
Seriamente è complesso dare una risposta. Il punto di forza principale credo sia essere riusciti ad intersecare le opportunità che un territorio può offrire con le necessità di sviluppo senza denaturare l'autentica essenza culturale di una Valle. Il poeta di Elva Piero Raina ha scritto “la mia Valle aveva un'anima”. Io credo che la Valle Maira ancora oggi abbia un’anima e che questo sia il motivo del suo successo. Il punto di debolezza maggiore è ancora un tessuto sociale fragile che non ci permette di dire con serenità di essere usciti da un vortice negativo. Da una parte il prodotto “turismo sostenibile” ha dato impulso all’economia e all’occupazione; dall’altra la valle vive part-time e nei periodi di morta turistica la comunità rischia a volte di non poter bere un caffè in un bar.
 
Il fatto di essere area-pilota della Strategia nazionale per le Aree Interne vi ha permesso di mettere a punto delle riflessioni e progettualità che consentono di immaginare una ulteriore traiettoria del modello di sviluppo valle Maira?

 
La SNAI ci ha permesso di fare un ragionamento a lunga gittata. Come amministratori e comunità siamo purtroppo abituati dal contesto quotidiano a dover rispondere solo alle emergenze. Con la SNAI stiamo immaginando un futuro fatto di servizi di cittadinanza migliori, costituito da opportunità di sviluppo, all’interno di un ragionamento politico alla grande scala che non ci fa più sentire soli ad affrontare certe sfide. Questo è il grande valore aggiunto della SNAI.
 
Oggi nell’opinione pubblica nazionale vi è una grandissima attenzione per gli spazi delle Alpi e degli Appennini, per l’Italia dei borghi, e le esperienze di rigenerazione in corso, sovente “dal basso”, sono davvero molteplici. La politica risulta però essere sovente assente. Come prevedi possa evolversi la situazione?
 
È indubbio che la “politica dei luoghi” e “di contrasto alle disuguaglianze” abbia innovato l’agenda di molte istituzioni e organizzazioni, e questo è un bene. Io come cittadino e amministratore non incolpo mai la “politica” di essere assente; ossia credo non sia responsabilità di qualche entità astratta se manca ancora con pienezza una politica nazionale per le aree rurali. La responsabilità è stata anche, nei decenni trascorsi, di chi ha amministrato i territori con la logica assistenzialista, con la questua del contributo come risoluzione di ogni problema, con le amicizie politiche come strumento di programmazione. La politica è fatta da ognuno di noi, con le proprie capacità di fare rete, di costruire relazioni, di portare nei livelli che contano le questioni davvero importanti. Ecco, credo che oggi la tanto vituperata politica possa invece essere il vero e unico strumento per costruire strategie, proprio perché, quando mancano le risorse economiche, la bontà delle proposte e la caparbietà di chi le porta avanti possono fare la differenza. Se non fosse così sarebbe stato inimmaginabile solo due anni fa ospitare ad Acceglio il Forum nazionale delle Aree Interne, e farlo con la presenza e la qualità di tanti amministratori e tecnici che sono il vero motore di questa strategia.
 
Antonio De Rossi è professore ordinario di progettazione architettonica e direttore dell’Istituto di Architettura Montana. Tra il 2005 e il 2014 è stato vicedirettore dell’Urban Center Metropolitano di Torino. È autore di diversi progetti, e con i due volumi «La costruzione delle Alpi» (Donzelli, 2014 e 2016) ha vinto i premi Mario Rigoni Stern e Acqui Storia.
 
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