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Fare fabbrica in museo: con il progetto “Venezia Città delle Donne” parte la rivoluzione Gribaudi alla Fondazione Musei Civici

  • Pubblicato il: 12/07/2016 - 11:33
Rubrica: 
FONDAZIONI PER LA CULTURA
Articolo a cura di: 
Francesca Panzarin

La ricetta della nuova presidente, imprenditrice di successo e madre di sei figli: lavorare sulle persone e sull’organizzazione mixando cultura e fabbrica, partendo dalle donne

Milano. Mentre nel nostro Paese il numero di femminicidi continua tristemente ad aumentare, le ultime settimane hanno segnato l’avvio di due progetti strategici legati alle donne: al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano è stato presentato Hypatia, finanziato da Horizon 2020 per avvicinare le ragazze tra i 13 e 18 anni al mondo delle STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) attraverso il lavoro congiunto di musei scientifici europei, università e aziende.
A Venezia la Fondazione Musei Civici nell’ambito di Art Night 2016 ha lanciato “Venezia Città delle Donne”, una piattaforma ideata per affiancare le realtà impegnate da anni intorno al tema della donna e dare il proprio contributo come primaria istituzione culturale del territorio.
Il tema della rete è peraltro insito nella politica dell’istituzione nata alla fine del 2008 e costituita da 11 musei civici tra cui Palazzo Ducale, il Correr, Ca' Rezzonico, Ca' Pesaro, il Museo del vetro, il Museo del merletto, Palazzo Fortuny, Casa Goldoni. Una realtà fatta di 48mila metri quadri e 700mila opere d’arte che non riceve fondi pubblici e riesce ad autosostenersi grazie a una grande attenzione ai costi e agli introiti derivati in primis da bigliettazione e partnership.

Con il progetto “Venezia città delle donne”, riconfermando il suo impegno formativo, la Fondazione propone un programma pluriennale di eventi ed esperienze che partono dalla specificità dei suoi musei, il cui valore aggiunto è quello di ripercorrere, attraverso suggestioni e momenti di riflessione, la storia delle donne che hanno contribuito a creare la città di Venezia nei secoli per leggere le potenzialità del presente.
Il primo passo per un museo family and kids friendly è la creazione del Baby Pit-Stop, una saletta dedicata alla cura del neonato che la Fondazione sta predisponendo in tutti i suoi musei a partire da Cà Pesaro, grazie a una convenzione con UNICEF Italia per dare un segnale di attenzione nei confronti dei diritti dei più piccoli. Il museo è la prima istituzione veneziana ad offrire questo servizio.
Tra le prossime iniziative da segnalare le conferenze dedicate a figure straordinarie della storia veneziana come Fantina Polo (figlia di Marco, che ottenne di vedersi restituita la dote, sottratta dalla famiglia del marito, con una sentenza eccezionale nel 1366) e le donne ebree veneziane del ‘900 (Letizia Pesaro Maurogonato, Margherita Sarfatti, Olga Levi Brunner) nell’ambito della mostra “Venezia, gli Ebrei e l’Europa 1516 – 2016” a Palazzo Ducale. O ancora le pittrici Giuliana Lama e Rosalba Carriera su cui verranno costruiti percorsi e reading.
E’ stato inoltre avviato un processo di modernizzazione dei servizi con l’introduzione di wifi gratuito, postazione di coworking, sempre a partire da Cà Pesaro.

Dall’inizio dell’anno al vertice della fondazione c’è Mariacristina Gribaudi, torinese trapiantata in Veneto, cresciuta nell’azienda di famiglia e poi a capo nell’azienda di famiglia del marito Massimo Bianchi (Keyline) che si distingue per una gestione molto innovativa: alternanza con il consorte alla guida ogni 3 anni («il genere fa la differenza anche in un’azienda metalmeccanica».), rinnovamento della prima linea con un’attenzione a giovani e donne, presenza femminile passata dal 18% al 38%, gestione illuminata delle risorse umane («una volta al mese fermo la produzione e parlo con tutti gli operai».).
Una storia di idee chiare, capacità di visione e tanta energia che si può cogliere meglio dalle parole della nuova Presidente del MUVE, «donna di fabbrica abituata a portare risultati».

Perché ha accettato questo ruolo in una istituzione culturale?
Io non sono una donna da salotti o che colleziona poltrone. Nella mia professione mi sono sempre occupata di attività legate al territorio collaborando con le istituzioni locali (Regione, Confindustria, università). Penso di essere stata scelta con criteri meritocratici, per le mie capacità imprenditoriali e organizzative.
Da parte mia, dopo una lunga esperienza in azienda, a 57 anni e come madre di 6 figli, ho accettato la proposta come una sfida, un alzare per l’ennesima volta l’asticella, un’occasione di restituzione al territorio, mettendomi in discussione nel settore pubblico
Con la consapevolezza che sono una donna del fare e non so vivere solo la parte istituzionale del ruolo.

Quali sono stati i suoi primi passi all’interno del MUVE
Sono entrata osservando. L’immediata empatia che si è creata con la mia “direttora” Gabriella Belli, mi ha permesso di avviare un processo di cambiamento nel rispetto dei ruoli e del riconoscimento delle singole professionalità e del lavoro già fatto.

Quali sono i primi obiettivi che si è prefissata?
Il primo obiettivo è stato quello di entrare in sintonia con la squadra attraverso momenti di team building e brainstorming fuori dalla fondazione (in fabbrica e in un incubatore di start up) per aprire il museo all’esterno, mixare cultura e fabbrica, imparare a condividere lo stesso linguaggio e a ragionare insieme sui punti di forza e debolezza dei musei, fissando obiettivi e tempi.
Si è trattato di un lavoro interno parallelo alla regolare produzione di mostre e attività della fondazione.
In sei mesi abbiamo ottenuto risultati di cui mi sono stupita anch’io. Vedendo la passione di molti dipendenti della fondazione, ho capito che dobbiamo rompere con gli stereotipi legati al settore pubblico: ci sono molte persone che sono grandi professionisti e che non badano a orari e gerarchie. E questi aspetti spesso vengono raccontati troppo poco.
Se viene proposta una relazione fatta di ascolto reciproco, pronta a riconoscere il talento e le capacità altrui, la restituzione è immediata. Ora assomigliamo a un Lego (un insieme di pezzi che unendosi danno vita a una forma) non un puzzle (in cui sono io che decido quale deve essere e gli altri lo costruiscono).
Il lavoro con e sulle persone è un passaggio fondamentale: dobbiamo far crescere i talenti, favorendo la capacità di prendere decisioni e responsabilità.
In molti casi è bastato “togliere il tappo”, per far emergere le qualità delle persone, rendendole consapevoli della loro area di competenza. Le decisioni vanno condivise con me, ma la soluzione deve arrivare da chi vive il quotidiano del museo. Questo metodo è stato recepito subito soprattutto da chi aveva esperienza di lavoro del settore privato.
Altro punto è la gestione amministrativa. Dobbiamo togliere tutto ciò che è arrugginito. E’ stato quindi necessario rivedere le procedure e riscrivere l’organigramma.
Infine, il tema della comunicazione che deve essere trasparente: tutte le informazioni devono arrivare direttamente andando oltre la logica delle voci davanti alla macchinetta del caffè.

Qual è il ruolo che attribuisce alla fondazione sotto la sua presidenza?
La Fondazione è parte viva del suo territorio e si propone di fare rete e di reagire, attivando una sorta di ruolo di “alleanza genitoriale” soprattutto nei confronti delle nuove generazioni, prendendosi carico del gap educativo esistente.

Da dove nasce l’idea del progetto “Venezia Città delle Donne”?
Il progetto vuole essere un canovaccio, un collettore di energie, una piattaforma aperta per includere altre idee con particolare attenzione alle nuove generazioni che parlano una lingua diversa. Mi piacerebbe vedere entrate dalle porte del museo delle donne che hanno l’età delle mie figlie.
Vogliamo diventare un modello di buone pratiche.
Il progetto permette inoltre di sfruttare al massimo le potenzialità delle attività di formazione che sono da sempre un fiore all’occhiello della fondazione. Particolare attenzione è infatti rivolta ai contenuti che saranno proposti sia ai bambini coinvolti che ai genitori che li aspettano fuori dalle sale didattiche.
I bambini sono i nostri clienti del futuro: più creiamo ambienti in cui si riconoscono, più sarà per loro normale da adulti entrare in un museo quando ne hanno voglia.

Che cosa succederà dopo l’evento di lancio?
A 70 anni dal primo voto delle donne, il 18 giugno, è stato un super kick-off, un’inaspettata chiamata alla mobilitazione. Non immaginavo che l’idea sarebbe stata capita così nel profondo. Invece dal giorno dopo siamo stati contattati da università e imprenditrici, l’attività sui social network è costante, stiamo organizzando dei micro meeting per dare vita a una struttura più definita.
Oggi stiamo andando a una velocità diversa. Quando si vince, vincono tutte.

La fondazione, anche in estate, non rallenta la sua corsa.
In collaborazione con Regione del Veneto e Unioncamere del Veneto è appena stato lanciato un progetto per potenziare e promuovere la produzione di cooperative venete impegnate nella produzione di oggettistica fruibile nei circuiti museali: i prodotti delle realtà più rappresentative del settore sono stati selezionati per essere venduti online su titolo Muve per il sociale, la nuova sezione del Muve e-shop.

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