EXFADDA: innovazione culturale formato comunità
Dalla scuola di musica a governance partecipata, al collettivo fotografico che racconta le imprese del territorio, dal ristorante che coinvolge ragazzi diversamente abili, alla collezione di tessili di design a km0, la storia del Laboratorio Urbano di San Vito dei Normanni (BR) che al management tradizionale ha saputo aggiungere i valori della fiducia, dell’amicizia e della trasparenza
ExFadda nasce all’interno del programma Bollenti Spiriti e Laboratori Urbani (www.bollentispiriti.regione.puglia.it), un’operazione di infrastrutturazione attraverso cui la Regione Puglia ha finanziato in alcuni comuni interventi di recupero di immobili dismessi per farne spazi da affidare ai giovani. A San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi, uno stabilimento vitivinicolo di proprietà di una delle famiglie nobili tra le più potenti del Mezzogiorno d’Italia, i Dentici di Frassa, attendeva dagli anni ’60 di risorgere a nuova vita con un progetto di ri-destinazione.
Nel 2008 l’intervento del Comune si traduce in un recupero strutturale per un ammontare di 350.000 Euro che ha come punto di caduta la messa a bando della gestione della struttura. A candidarsi è una cordata di organizzazioni locali guidata, non da un soggetto tradizionale del terzo settore, ma da una società che si occupa di comunicazione e mediascreening. A causa di un’impostazione farraginosa e a lungo andare inconcludente, oltre ad una serie di conflitti tra le associazioni, gli effetti positivi tardano ad arrivare e i finanziamenti destinati alla gestione vengono impiegati per ulteriori interventi funzionali alla fruibilità e alla riqualificazione dell’area.
Così nel 2011 Roberto Covolo, che allora lavorava nella cabina di regia del programma regionale, decide di trasferirsi a San Vito col preciso intento trasformare il conflitto in opportunità.
Partendo dalla convinzione che tutto ciò che diverge dalla consuetudine produce effetti positivi e che l’antipianificazione può essere un efficace strumento di gestione, la struttura è stata resa realmente fruibile, non in una logica di utenza, ma di partecipazione. E’ stato creato un cantiere di autocostruzione in cui collettivi di architetti, designer e artigiani hanno guidato gruppi di ragazzi che qui volevano sviluppare il loro progetto o cittadini che semplicemente desideravano essere d’aiuto al loro territorio. «Il segreto è stato mettere da parte un approccio di tipo ideologico per lasciare spazio alla fiducia che nasce spontanea dalla condivisione» riferisce Roberto Covolo «il risultato è stato il diffondersi di un senso di appartenenza e una conseguente attivazione diffusa. L’autocostruzione ha consentito a una serie di persone che si sono affacciate alla nostra realtà di realizzare materialmente il nido del loro progetto, rendendo lo spazio sempre aperto e fruibile. L’idea di fondo è che ExFadda non sia uno spazio dove ci sono utenti o clienti, ma un luogo dove tutti possono sentirsi in diritto di entrare e modificare il suo assetto».
Da queste premesse nel biennio 2013-2014 ExFadda ha fatto propria l’identità di incubatore di comunità, uno spazio in cui, alle persone che vi lavorano, non si insegna a fare un business plane, ma le si aiuta a sviluppare il progetto che ognuno ha in testa a partire dalla consapevolezza di poterlo realizzare in una duplice direzione: generare un impatto sociale e renderlo una fonte di reddito, passando da un’impronta associativa ad una maggiormente professionalizzante.
ExFadda si propone così di rispondere ad una enorme domanda sociale inevasa: avere a disposizione una serie di strumenti e uno spazio in cui cominciare a realizzare un progetto nel cassetto anche a costo minimo se non nullo. “Cerchiamo di dare risposta al fallimento della scuola come istituzione e a quello del mercato come dispositivo di attivazione: quest’ultimo ti assume nel momento in cui sai rispondere in modo consolidato a dei bisogni. ExFadda si candida ad accogliere quella scintilla che si accende nel momento in cui tu sei tra zero e uno: zero è il momento in cui ti dici che forse un’idea può diventare concretamente realizzabile e uno è quando inizi a testarla nella realtà”.
Nel definire la propria identità il collettivo di ExFadda si sta ponendo anche una serie di domande su quale modello di governance adottare nel prendere le decisioni, ma sempre con l’intento di innovare rispetto ad un management tradizionale. «Di fatto, ad oggi, non abbiamo un organo di gestione che decide per maggioranza quali sono le cose da fare» continua Covolo «questo responsabilizza tutte le persone e le organizzazioni facendoci risparmiare anche in termini economici: se non abbiamo risorse per controllare, meglio lavorare sulla responsabilità condivisa. C’è tacita concessione tra il soggetto titolare dell’amministrazione del bene e i soggetti che ne fruiscono che sono associazioni, partite iva e loro collettivi, gruppi informali. Lo spontaneismo deve trovare dimora in quest’esperienza, non ragionare in termini di organigramma e funzioni, ma in termini di organismi e intenzioni. Questo principio si ritrova anche nella sostenibilità: avendo deciso di perseguire una sostanziale indipendenza dalle forme di finanziamento pubblico, abbiamo creato un sistema non codificato per cui ciascuno contribuisce ai costi della struttura non con una tariffa, ma con un contributo che si autodetermina. Dentro a quest’autodeterminazione ci sono anche persone che non contribuiscono perché in quella fase della loro biografia non hanno alcuna capacità di farlo. Questa di fatto rappresenta la garanzia della natura pubblica del progetto. Il tutto introduce nel concetto di management valori ad esso pressoché estranei come la fiducia, l’amicizia, la credibilità, la trasparenza. Certamente tutto ciò non è scevro da conflitti. Ci sono persone che se ne sono approfittate (poche in realtà), ma questo rientra nella natura di ricerca di questo luogo che ha a che fare con la condizione umana. Quando ci sono persone che condividono non un’ideologia ma un obiettivo il tratto non può che essere positivo. Le persone quando tentano in trasparenza di dare casa alle proprie idee sono portate a essere migliori. Tutti sono responsabili, ma non vincolati. L’obiettivo che noi ci siamo posti è quello di essere utili allo sviluppo del capitale umano o delle progettualità delle persone».
In questo modo è nata una serie di progetti di ragazzi di San Vito o tornati in paese per investire sulla propria professionalità.
Come Piero Errico uno dei referenti della World Music Academy (http://www.worldmusicacademy.it), nata da un gruppo di amici costretti ad emigrare per poter studiare musica a livello professionale e che si sono interrogati su cosa poter fare per il proprio territorio.
La WMA è stata costruita materialmente in uno degli spazi di ExFadda con il laboratorio di autocostruzione del 2012 e si è reinventata a partire dalle premesse. “Originariamente doveva essere un centro di formazione con un focus quasi esclusivo sulla musica popolare e corsi di studio di alta specializzazione e di conseguenza costosi” racconta Piero «poi ci siamo resi conto che il territorio aveva bisogno di un’offerta formativa a più ampio raggio tra vari percorsi e diversi generi. In tre anni siamo passati da due a cento allievi e la scuola da centro esclusivo di formazione è diventata anche centro di produzione. Si è aggiunta la figura di un fonico che ha contribuito a creare così anche uno spazio di postproduzione e siamo punto di riferimento per la direzione artistica e l’organizzazione di eventi e concerti».
Avendo in questo momento un’utenza molto ampia la WMA coinvolge direttamente ed indirettamente centinaia di famiglie e per questo ha l’ambizione e l’opportunità di introdurre elementi di gestione di comunità all’interno dello spazio. Inserire in maniera progressiva le famiglie nella governance della scuola rafforzerebbe così l’esperienza culturale anche da un punto di vista economico. «Per esempio quest’estate ExFadda ha ospitato «Coreutica» una residenza artistica con un focus sulle danze del mediterraneo in collaborazione con l’associazione Arkhè Danza di Saragozza che sta proseguendo con la realizzazione di uno spettacolo e un film con Almodovar. L’ospitalità e l’accoglienza dei 40 partecipanti provenienti da tutta Italia è avvenuta attraverso il coinvolgimento delle famiglie che a fronte di un rimborso spese hanno potuto godere di un interscambio culturale».
Poi ci sono Martina Leo e Giuseppe Di Viesto di XfOTO, un collettivo di fotografi e video maker che si sono conosciuti durante il cantiere di autocostruzione. In quel periodo hanno iniziato a raccontare con immagini e video tutti i cambiamenti che quotidianamente si stavano concretizzando con storie, spazi, sculture. XfOTO nasce inizialmente come associazione di promozione sociale e un corso di educazione all’immagine che ha avuto più di 50 adesioni e poi un festival con un bando pubblico di «formazione dal basso» in cui sono stati gli stessi mille partecipanti a scegliere i docenti per la formazione.
«Da un lato è stata una grande palestra di storytelling - racconta Martina - dall’altro c’è anche un risvolto di sharing economy in quanto in cambio dell’uso gratuito dello spazio il collettivo si occupa di tutta la campagna promozionale di ExFadda accrescendo competenze al suo interno. L’ulteriore passo è stato quello di contattare le imprese del territorio e promuovere una campagna di comunicazione per raccontarle con uno sguardo non tanto istituzionale o commerciale, ma molto più umano. Così è nato il progetto Ogni azienda una storia che ha trovato la collaborazione di vari enti pubblici facendo esperienze di racconto anche del mondo del terzo settore».
Da un anno e mezzo è poi attivo Xfood (www.ristorantexfood.com), il ristorante di ExFadda nato dalla voglia di sperimentare la rigenerazione sostenibile di spazi unita ad iniziative di inclusione sociale. E’ stato avviato un confronto con un consorzio di cooperative a cui è stato proposto di candidare il progetto ad un bando promosso annualmente dal fondo sociale europeo che finanzia borse di inserimento lavorativo per soggetti svantaggiati. Il consorzio si sarebbe occupato del percorso di inserimento lavorativo, ExFadda il partner che avrebbe gestito il processo di realizzazione degli spazi del ristorante.
Ottenuto il finanziamento si è messo mano al cantiere cercando di realizzare un recupero originale, soprattutto nell’allestimento, attivando collaborazioni con altre aziende artigiane del territorio. Un’impresa che produce luminarie ha per esempio avuto modo di sperimentare nuove tecnologie per realizzare corpi illuminanti per l’interno: il designer ha disegnato l’allestimento donando il prototipo delle lampade al ristorante.
«I ragazzi del progetto di inserimento lavorativo, tutti con disabilità fisiche o mentali, hanno prima di tutto partecipato ad un lungo laboratorio di restauro di sedie e tavoli, coinvolgendo artigiani locali con un nuovo codice di linguaggio» racconta Amalia Prete la job coach con competenze in ambito sociale che ha fatto da interfaccia con lo staff del ristorante. «Poi per un anno, con due sessioni di sei mesi, sono stati formati e hanno cominciato a lavorare occupandosi del servizio ai tavoli, della cucina e della coltivazione dell’orto sinergico che nel frattempo ha cominciato a circondare Xfood».
«La scommessa è lavorare sul tema del welfare generativo e trasversale attivando alleanze tra l’azienda che fa l’investimento, la cooperativa che svolge il proprio servizio di integrazione, le altre aziende che collaborano e il territorio che prova a produrre più di quello che spende» aggiunge Covolo.
L’obiettivo progettuale di mantenere il 20% delle persone in un rapporto continuativo con il ristorante dopo il periodo in borsa lavoro è stato raggiunto, ma l’idea è già stata anche esportata con l’esperienza dello stand temporaneo al Negramaro Festival di Brindisi e quella al Fuori Salone di Milano insieme alle Officine Tamborrino grazie alla quale tre ragazzi hanno vissuto un’esperienza di autogestione da loro mai sperimentata.
Nelle ultime settimane i riflettori sono però puntati sul progetto di Domenico De Pascale che dopo dieci anni di studio di design lontano dalla Puglia ha deciso di tornare e investire le sue risorse, in termini di esperienze lavorative e interpersonali, nel territorio dove è cresciuto e dove vorrebbe instaurare nuove reti.
«Appena arrivato l’idea era di fare qualcosa sull’artigianato che si innestasse su un percorso di innovazione a partire da un’analisi delle risorse del territorio anche rispetto alla storia delle produzioni dei manufatti. Volevo rinnovarli per esportare il knowhow dell’artigianato pugliese fuori dalla regione. Poi in realtà tutto è stato ridefinito con dinamiche ancora più interessanti, anche perché gli stimoli di qui sono ben diversi da quelli che si possono trovare in una città molto più dinamica e cosmopolita come Milano».
Così anziché interfacciarsi con gli artigiani, Domenico ha incontrato un gruppo di signore che per hobby all’interno di ExFadda facevano tutta una serie di lavori manuali con i tessuti. La prima fase di scambio e dialogo con loro ha fatto emergere tutta una serie di riflessioni su cos’è il design e quale ruolo può giocare all’interno di una comunità. «Ho cominciato a pensare che la cosa più importante del design non è l’oggetto in sé, ma le relazioni e il processo che innesca il prodotto e chi lo crea; un processo che ha il compito di farsi portatore di valori nascosti e intrinseci del prodotto stesso». E’ nato così il progetto «La Manta - artigianato di comunità». Il nome richiama la vecchia coperta della nonna fatta di tanti quadrati di lana lavorati all’uncinetto e cuciti assieme. Nascendo l’idea a budget zero, anche in questo caso l’attività di fundraising ha incrociato una realtà imprenditoriale, quella di Pierangelo Argentieri, general manager di Tenuta Moreno e presidente di Federalberghi Brindisi che ha finanziato con 3000 Euro l’acquisto della prima partita di lana a Km0 in cambio dell’esclusiva sulla prima collezione utilizzata per arredare le sue suite. Ma è stata anche avviata un’attività di mentorship con il sarto Angelo Inglese per distribuire il prodotto sul mercato internazionale. La Manta non vuole necessariamente coinvolgere persone esperte o realtà strutturate, come un’impresa o una bottega, ma intende puntare sul costruire relazioni tra persone che altrimenti passerebbero il tempo da sole, a casa, facendo questo solo x hobby.
Ma nel futuro di ExFadda c’è anche la voglia di sviluppare un’offerta turistica che dia risposta ai flussi che spontaneamente si sono creati e che vedono nella grande goccia posta al centro dei suoi spazi un forte punto di attrazione. Perché in fondo ad attirare l’animo umano sono le belle storie, quelle che diventano importanti non con i grandi numeri, ma con la genuinità di chi desidera co-progettare i luoghi a cui sente di appartenere. Del resto siamo in Puglia e si sa al Sud è come sentirsi tutti parte di una grande famiglia.
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