Esplorare il Mediterraneo alla ricerca di conoscenza e identità
Bari. Mediterraneo è una parola che evoca sapori, profumi, colori. Una parola che racconta storie fatte di popoli, di antagonismi, di sentimenti repressi. Una parola che rimanda inevitabilmente a racconti e personaggi di una mitologia lontana, a un viaggio verso luoghi sconosciuti alla ricerca, forse, di un’identità perduta, di un ésprit.
È il viaggio intrapreso a Bari dalla mostra fotografica «Espirit Méditerranéen», in corsonella Pinacoteca Provinciale fino al 6 novembre 2011. Promossa dall’Assessorato per i Beni e le Attività Culturali della Provincia di Bari e patrocinata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia, la mostra è a cura di Clara Gelao, direttrice della stessa Pinacoteca e di Cosmo Laera, fotografo e ideatore di eventi fotografici e prende le mosse dal volume fotografico, curato dallo stesso Laera, con un testo critico di Roberto Mutti, costruito sull’idea dell’esistenza di una sorta di «mediterraneità».
Una mediterraneità che prescinde dall’essere luogo geografico e che, crocevia di culture differenti, si è progressivamente arricchita di forti connotazioni storiche, filosofiche, antropologiche, di una memoria che la rende prima di tutto luogo della mente, dello spirito.
A esprimere questa eredità sono stai più di cinquanta artisti italiani con una ricca pluralità di stili e visioni.
A partire dal Gran Tour del XVII secolo il mediterraneo è stato riscoperto, per poi essere meta – con l’avvento della fotografia – di quanti volessero catturarne la profonda stratificazione storica.
Quella di Bari è una riflessione sulla profonda capacità di lettura delle realtà della fotografia, ma soprattutto sulle grandi potenzialità creative di questa arte, che della realtà sa rivelare la più intrinseca essenza attraverso la ricerca di simboli significanti, segni e valori che solo la contemporaneità sa offrire.
Interrogati sull’identità, gli artisti restituiscono una mediterraneità che è sicuramente un forte senso di appartenenza a un luogo e a una memoria, ma che si rivela soprattutto come una visione altra del mondo, più complessa e ancestrale e come afferma Roberto Mutti: «uno specchio in cui riconoscere la nostra natura di uomini alla ricerca della conoscenza».
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