EDUCARE AL GIVING BACK
Paolo Gibello, presidente della Fondazione Deloitte, racconta l’impegno della nuova realtà creata dalla società di consulenza, in cui il 42% delle persone ha meno di 30 anni, sui temi del giving back, della misurazione dell’impatto del nuovo welfare e del rapporto con il Museo delle Culture di Milano
La consulenza d’impresa sta entrando in modo sempre più strutturato nel settore del terzo settore attraverso fondazioni che offrono un interessante contributo in termini di governance e innovazione.
Per coordinare le attività di filantropia che la società ha portato avanti finora sotto forma di volontariato, lavori pro bono o donazioni, dagli inizi del 2016 anche in Italia Deloitte ha creato una fondazione impegnata sui fronti dell’education, della cultura e delle emergenze. Abbiamo chiesto a Paolo Gibello, senior partner Deloitte e presidente della neo Fondazione Deloitte, di raccontarci la genesi e i primi passi della nuova realtà.
Perché è nata la fondazione e che struttura si è data?
Il giving back è presente da sempre nella cultura di Deloitte, un network internazionale di oltre 150 paesi che nel 2016 ha destinato al non profit 230 milioni di dollari (su un fatturato di 36,8 miliardi di dollari). In tutte le grandi nazioni è stata creata una fondazione, a partire da quella negli Stati Uniti che ha ormai 80 anni.
In Italia lo scorso anno, su iniziativa dei partner, puntando a una visione a medio-lungo termine, abbiamo creato una struttura dedicata e agile, gestita da un team di persone dell’azienda che dedicano parte del loro tempo lavorativo alle attività della fondazione. C’è poi un cda composto da un rappresentante di ognuna delle sei business unit che fa scounting e poi seleziona i progetti da sostenere.
Quali sono stati i progetti che la neo fondazione ha deciso di avviare?
Il nostro obiettivo primario è lavorare sulla cultura d’impresa creando consapevolezza dell’importanza del giving back nelle 5mila persone che lavorano con noi. La fondazione è stata presentata in occasione della seconda edizione del D.Event al Mediolanum Forum di Assago nel luglio scorso a cui hanno partecipato 3600 persone. Grazi all’iniziativa “Fatevi un selfie” con cui venivano raccolti 5€ per ogni foto, abbiamo messo insieme una prima cifra piuttosto importante (15mila€) a favore di Telethon.
Il passo successivo è stato l’avvio di due iniziative interne che stanno avendo un ottimo riscontro: con “Cent by cent” proponiamo ai dipendenti di destinare i centesimi del loro stipendio mensile a iniziative non profit. Per stimolare le donazioni di gruppo (che possono avere un interessante effetto di team buiding), attraverso un “Giving matching program” la fondazione s’impegna a raddoppiare la cifra raccolta da gruppi di lavoro che scelgono di sostenere uno specifico progetto non profit.
Uno dei primi risultati di questa iniziativa è stata il contributo che abbiamo dato a Un aiuto subito per le popolazioni colpite dal terremoto: a seguito della raccolta interna di 53mila €, la fondazione ha raddoppiato la cifra (110mila €) a cui si è aggiunto il contributo di Deloitte EMEA di altri 100mila €, innescando quindi un comportamento virtuoso tra società, fondazione e network internazionale.
Sempre in chiave di coinvolgimento interno, a Natale con l’iniziativa "Un regalo sotto l'albero" abbiamo chiesto alle nostre persone di acquistare un regalo per i bambini della Fondazione Archè a cui siamo riusciti a donare 350 pacchetti.
La formula vincente è un mix tra l’investimento da parte della fondazione e quello delle nostre persone.
Come si relaziona la fondazione con le altre realtà del territorio impegnate nel non profit?
La fondazione nasce dal desiderio di porsi in modo sempre più responsabile e attento di fronte alla società, mettendo in campo le proprie risorse e competenze, oltre che instaurando un dialogo con le istituzioni e le realtà di eccellenza presenti sul territorio nazionale e non solo.
Abbiamo un progetto ambizioso: vogliamo fare rete e contaminare, andando oltre le gelosie che parcellizzano e rendono spesso meno efficace il risultato dei progetti.
Un primo riscontro positivo delle nostre iniziative, meno scontato e quindi più interessante, è stata l’attenzione ricevuta da parte degli amministratori delegati delle società nostre clienti (circa 5mila). Riuscire a sensibilizzare e a proporre di fare propri alcuni nostri progetti interni è un risultato che ci ha stupito e di cui andiamo fieri.
Com’è nata la relazione con il Mudec, il Museo delle Culture di Milano? Non dimentichiamo che Deloitte, grazie al suo centro di eccellenza in Lussemburgo, è un attore di primo piano del settore art&finance. Prova ne sono il Deloitte e ArtTactic Art&Finance Report 2016 e l’attività di sostegno al recente libro di Alessia Zorloni Art Wealt Management.
La relazione con il Mudec, che peraltro si trova a pochi metri dalla nostra sede, è iniziata nel 2013 con la sponsorship da parte della società Deloitte sin dalla sua apertura, appena rinnovata di altri 3 anni.
Come fondazione abbiamo deciso di dare il nostro patrocinio alla sponsorizzazione perché ci piace l’approccio innovativo del museo sia in termini di fruizione della struttura che di offerta: il Mudec è impegnato nella promozione e valorizzazione delle differenze culturali, è dedicato alla ricerca etnografica ma anche attento a coinvolgere un pubblico più generale attraverso mostre di grande richiamo come quelle su Barbie e Basquiat.
Per noi la partnership significa visibilità ma anche una serie di benefit per i nostri dipendenti e i nostri clienti (biglietti omaggio, sconti su cataloghi, visite guidate dedicate, opportunità di organizzare eventi e laboratori per bambini). L’idea è cambiare la prospettiva e far capire alle nostre persone che lavorare in Deloitte significa anche poter visitare un museo o partecipare a una visita guidata a una mostra. I primi riscontri sono stati molto positivi, anche considerando che qui il 42% ha meno di 30 anni e ogni anno assumiamo 800 nuove persone.
Come si è concluso il primo anno di attività e quali sono le iniziative in campo per il 2017?
Come primo evento pubblico lo scorso novembre abbiamo organizzato un dibattito attorno al libro “Ne vale la pena? Misurare il ritorno sociale degli investimenti per un welfare migliore”, (a cura di professionisti nazionale e internazionale e con la prefazione di Guido Borsani, Partner Deloitte e Public Sector Leader di Deloitte) in cui gli autori hanno messo a punto un modello pratico per quantificare l’impatto degli interventi sociali, analizzandone gli effetti finanziari e quelli sul welfare dei cittadini.
Con la presentazione del volume abbiamo voluto creare un primo momento di confronto con alcuni tra i principali attori italiani del terzo settore (l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Milano, Oltre Venture, Fondazione Bracco, Fondazione FITS!, Telethon), che hanno ragionato con noi su quali prospettive innovative adottare per affrontare un argomento cruciale come quello del nuovo welfare. Dal dibattito sono emersi stimoli concreti affinché il tema della misurazione del ritorno degli investimenti nel terzo settore possa contribuire a far sì che chi, come noi, opera in quest’ambito sia in grado di condividere le metodologie e gli strumenti più efficaci per avere un impatto concreto sulla società.
Ora stiamo lavorando a due nuovi progetti che coinvolgeranno sia le nostre persone che i nostri clienti. A fine febbraio ve le potremo raccontare meglio.
© Riproduzione riservata
Paolo Gibello. Partner dal 1996, ha ricoperto la carica di Presidente del Consiglio d’Amministrazione (2011-2015) e la carica di Amministratore Delegato di Deloitte & Touche (2004-2009), nonché Italian Global Financial industry Leader (2002-2004). Oltre alla sua attività di audit partner rivolta a società appartenenti al mondo finanziario, dal 2016 ricopre la carica di Presidente della Fondazione Deloitte
ph| Courtesy Paolo Gibello
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