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Donna Rosanna metteva Fluxus in cascina

  • Pubblicato il: 18/11/2012 - 20:16
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Sandro Parmiggiani
Da sinistra

Reggio Emilia. «Women in Fluxus & Other Experimental Tales», una mostra che si tiene a Palazzo Magnani dal 10 novembre al 10 febbraio, rivisita il movimento che sognò di abbattere le barriere tra creazione artistica e flusso della vita quotidiana: un’arte totale che privilegiava musica, danza, teatro, performance, poesia. Due sono le piste di lettura che si snodano nella rassegna: i primi passi di quella Concept art che si manifestò nelle tre conferenze musicali «Musica Antiqua et Nova» organizzate nel 1961 da George Maciunas nella AG Gallery di New York, e che prese corpo nel Fluxus Festival allo Städtische Museum di Wiesbaden nel 1962; e le donne protagoniste del movimento (Yoko Ono, Charlotte Moorman, Alison Knowles, Shigeko Kubota, Takako Saito, Mieko Shiomi) oltre a quelle che incrociarono Fluxus nel corso del loro cammino (Kate Millet, Simone Forti, Carolee Schneemann), tutte impegnate a ridefinire un nuovo concetto di identità femminile. Che questa esplorazione del pianeta Fluxus, realizzata in collaborazione con Archivio Bonotto e Archivio Pari&Dispari, si tenga a Reggio Emilia non è affatto casuale, giacché la città è stata uno dei centri di irradiazione del movimento in Italia, grazie all’attività di Rosanna Chiessi, avviata nel 1971 con la fondazione delle edizioni d’arte Pari&Dispari, e poi trasferita nella vicina Cavriago in una casa colonica con annesse stalle e porcilaie. Era un  crogiolo creativo, luogo di incontro di artisti, poeti, scrittori (Emilio Villa, Corrado Costa, Rafael Alberti, Adriano Spatola, Franco Vaccari, Hermann Nitsch, Dieter Roth, Urs Lüthi) e di organizzazione di memorabili eventi «popolari» (il concerto Fluxus, la Festa dell’aria, il Fascino della carta).
Una trentina gli autori delle duecento opere in mostra: oltre a quelli già citati, tra gli altri, George Brecht, Nam June Paik, Joe Jones, John Cage, Ben Vautier, La Monte Young, Robert Filliou, Ben Patterson, Dick Higgins, Philip Corner e Giuseppe Chiari. Pochissimi sono quelli non incontrati personalmente dalla Chiessi, spesso ospitati per periodi anche lunghi di lavoro nella sua casa. Nata a Littoria (Latina) nel 1934 da genitori originari di Reggio Emilia, la Chiessi è a Reggio dal dopoguerra; nel 1961 apre una galleria d’arte, nel 1969 a Düsseldorf incontra Beuys e capisce cosa significhino «libertà di espressione» e «creatività sconfinata». Nello stesso anno è a Roma, dove produce multipli con Ceroli e Bonalumi, e conosce il critico e poeta Emilio Villa, che sarà poi spesso a Reggio e a Cavriago, «per progettare azioni, performance e mostre», come dice Rosanna Chiessi: «Villa è stato un maestro per me, e grazie a lui, al suo modo di comportarsi, alle sue idee, ho imparato a conoscere e capire il mondo dell’arte». La Chiessi frequenta assiduamente anche Corrado Costa, avvocato, poeta, artista reggiano, «ironico, divertente e colto», cui si deve l’ideazione del mazzo di carte da gioco realizzato da 44 artisti, tra i quali Agnetti, Aricò, Baruchello, Bonalumi, Calderara, Cavaliere, Crippa, Del Pezzo, Dova, Gastini, Mastroianni, Mattiacci, Merz, Parmiggiani, Pozzati, Tadini, Turcato, Vedova e Xerra, presentato alla Biennale di Venezia del 1972. Nel 1990 organizza a Reggio la mostra antologica di Nam June Paik; sfuma, tuttavia, il progetto di donare il proprio Archivio alla Città. Dagli anni Novanta la sede operativa della Chiessi diventa Capri, dove collabora con la Fondazione Casa Malaparte «invitando artisti italiani e stranieri a realizzare opere e performance».

da Il Giornale dell'Arte numero 325, novembre 2012