Dammi tre parole… Rock – Paper – Scissors
Jesi (AN). Dedicata alla memoria del fondatore di Elica, la Fondazione Ermanno Cermanno asoli è nata nel 2007 con l’obiettivo di favorire il rapporto tra il mondo dell’arte e quello dell’industria, promuovendo iniziative in cui l’arte contemporanea diventi uno strumento didattico e metodologico per realizzare ambienti di lavoro fortemente orientati all’innovazione. Alla base delle attività promosse dalla Fondazione Ermanno Casoli c'è la convinzione che l'arte contemporanea, in quanto attivatrice di pensiero, contribuisca a rompere i paradigmi tradizionali del sapere comune, permettendo alle persone che si avvicinano ad essa di prendere confidenza con uno stato mentale ed emotivo che porta al manifestarsi di una possibilità inattesa.
Il Premio omonimo ha esordito nel 1998 con l’obiettivo di diffondere e promuovere la conoscenza dell’arte nel territorio. Inizialmente formulato come un premio-acquisto a partecipazione libera, con la nascita della Fondazione si è trasformato in una partecipazione a invito. Il Premio intende oggi essere uno strumento per promuovere il lavoro di giovani artisti che nel corso della loro carriera abbiano sviluppato (o stiano sviluppando) una ricerca in linea con i principi sostenuti dalla Fondazione: innovazione, sperimentazione, contaminazione di codici differenti, coinvolgimento attivo dello spettatore, capacità di inserirsi nello spazio pubblico, spiccata attitudine progettuale, capacità di scardinare convenzioni e comportamenti acquisiti, una concezione dell'arte come modello etico e di sviluppo dei contesti sociali.
Con la nascita della Fondazione, è stato nominato un direttore artistico, Marcello Smarrelli, che ha riformulato in questo modo il premio e dato una sua impronta alla programmazione artistica della stessa.
«Quando sono arrivato mi sono preoccupato di dare un’identità forte alla Fondazione: sono partito dall’assunto che essa è dedicata alla memoria di Ermanno Casoli, fondatore di Elica, appassionato d’arte e artista egli stesso (era solito dipingere utilizzando uno pseudonimo di stampo futurista, si faceva chiamare Caserma). Inoltre il nome dell’azienda stessa aveva dei forti rimandi futuristi (Elica è la figlia di Giacomo Balla). Con sedi in tutto il mondo, l’azienda coinvolge oltre 3000 dipendenti, che ho considerato fin da subito un gruppo sociale di riferimento da far entrare in contatto diretto con l’arte contemporanea. Per questo motivo ho pensato che potesse essere interessante provare a far interagire direttamente gli artisti con questo “pubblico” specifico. Chiaramente serviva un contatto forte interno all’organizzazione che traducesse in iniziative concrete questa volontà di far interagire due mondi apparentemente così distanti. Fin dall’inizio questo contatto lo ha rappresentato l’attuale direttore della Fondazione, Deborah Carè, manager di Elica».
Come avete impostato il vostro intervento?
Considerando l’arte e gli artisti come inesauribili motori di metafore siamo andati ad inserire nel piano formativo aziendale «E-STRAORDINARIO». Si tratta di una iniziativa di formazione, che vede artisti di fama internazionale realizzare un lavoro insieme a operai, impiegati e manager d’azienda, lavorando insieme proprio su quel sistema valoriale alternativo e non convenzionale tipico dell’arte. Questo progetto, che coinvolge mondi solo in apparenza così differenti, ci è sembrato fin da subito di grande valore perché permette agli artisti di esprimersi e contemporaneamente contribuisce ad attivare il cambiamento e l’apertura all’interno delle organizzazioni. La poetica degli artisti, spesso di forte rottura degli schemi, genera infatti nuove riflessioni, nuovi modi di comunicare, in sintesi un salutare cambio di punti di vista tanto importante oggi nelle organizzazioni. Molti sono gli artisti finora coinvolti, da Sissi che lavorando con una concezione del corpo come totalità dei suoi componenti, ha trasmesso importanti metafore sul funzionamento di un meccanismo complesso quale può essere l’azienda; a Marinella Senatore, che attraverso la tecnica cinematografica è riuscita a coinvolgere ed emozionare gruppi molto numerosi di persone affinando sofisticate tecniche di team building; fino a Ettore Favini, Francesco Barocco, Nico Vascellari, Margherita Moscardini, Tomaso De Luca, Francesco Arena e tanti altri.”
Come è andata questa tredicesima edizione del Premio Ermanno Casoli?
Quest’anno il Premio è stato assegnato ad Anna Franceschini, che lavora sul cinema sperimentale: in un momento storico quale quello contingente, anche Fabriano, città della carta e importante distretto industriale dell’elettrodomestico, risente della crisi, pertanto ci è sembrato interessante contribuire ad interpretare il cambiamento consentendo al territorio di guardarsi sotto una luce diversa, come può essere quella sprigionata dall’occhio di un artista.
Proprio per la sua capacità di cogliere l’essenza della realtà adombrata dalle apparenze, Anna Franceschini è stata invitata a realizzare un lavoro di ricognizione del territorio di Fabriano. La Franceschini ha soggiornato per alcuni mesi in questi luoghi e ha tirato fuori tre elementi che ne simbolizzano il paesaggio naturale, urbano e industriale: i meccanismi e le automazioni delle macchine industriali, il fascino primitivo delle Grotte di Frasassi e la storica festa popolare dell’ Infiorata di Fabriano.
La videoinstallazione è stata concepita secondo le regole combinatorie del gioco della Morra Cinese (Sasso – Forbice – Carta) sovrapponendo e mescolando le immagini relative ai diversi aspetti che caratterizzano l’identità della città in un perfetto equilibrio che ne rappresenta la forza.
Come è stato poi divulgato questo lavoro?
Considerato che il Premio vuole avere una ricaduta su Elica, principale sostenitrice della Fondazione Ermanno Casoli, abbiamo pensato che sarebbe stato interessante ospitare la videoinstallazione in uno spazio di proiezioni costruito all’interno della sede fabrianese di Elica che permette alle persone di isolarsi temporaneamente dall’ambiente di lavoro circostante.
Il progetto è stato affidato allo studio di architetti Salottobuono, che hanno concepito un padiglione dalla pianta a semicerchio, la cui superficie esterna, rivestita con le stesse lastre di acciaio con cui vengono realizzate le cappe, riflette la presenza degli impianti industriali e delle fasi di lavorazione in un composito dialogo tra arte e ambiente di lavoro.
Il padiglione è aperto al territorio e fruibile a tempo pieno dai dipendenti di Elica e dai suoi ospiti. In un circolo virtuoso di scambio tra artista e territorio, dopo aver realizzato l’opera, Anna Franceschini ha curato un intervento di natura formativa ad Ancona, presentando una rassegna di video d’artista dal titolo «IMAGES MOVING IMAGES». La rassegna, allestita in una sorta di salotto aperto, ha permesso di approfondire la conoscenza del lavoro dell’artista e di alcuni suoi colleghi come lei legati al cinema sperimentale, offrendo l’opportunità alla cittadinanza di un confronto diretto con gli autori dei video presentati attraverso la formula delle conversazioni aperte. La realizzazione è stata possibile grazie alla collaborazione di un gruppo no-profit di Ancona, White Fish Thank, che lavora sul territorio ed intercetta un pubblico giovane e fresco.
Abbiamo chiesto un ulteriore approfondimento alla vincitrice, Anna Franceschini, sulle origini del suo progetto e su come si è trovata a lavorare sul territorio:
Quando ho pensato di voler lavorare sul territorio, mi serviva una struttura su cui impostare il progetto: considerando le peculiarità della zona fabrianese ho pensato che la meccanica della morra cinese potesse funzionare: tre elementi in gioco, in questo caso specifico Sasso – Forbice – Carta, ognuno dei quali tenta di prendere il sopravvento creando una forte tensione, che invece produce un bell'equilibrio; inoltre è un gioco che può non finire mai (cosa che poi corrisponde alla proiezione in loop del lavoro): siamo noi a decidere che si vince a due su tre, etc.
Per quanto riguarda la mia permanenza nelle Marche, posso dire che ho finalmente avuto modo di scoprirle, oltre che come artista, anche da turista: la natura, molto antropizzata, è bellissima; c'è una grande tradizione di lavoro, di industria, di manifattura, forse un po' meno esperienza di promozione del territorio...
Ritengo inoltre che il modello, ormai consolidato, della fondazione Casoli sia molto interessante e mi piacerebbe che si potesse esportarlo anche all'estero, sia come approccio al lavoro attraverso l’arte, sia l’impostazione da residenza artistica che consente un buon confronto con il territorio.
Se il lavoro è ben riuscito è merito di tutto lo staff, in special modo del curatore Smarrelli e della direttrice Carè, ma anche e soprattutto di Fabriano e dei suoi dintorni!
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