Dalle lettere ai pixel. Il rapporto Censis sulla Trasmissione della cultura nell’era digitale
Presentato il rapporto di ricerca «Trasmissione della cultura nell’era digitale», edito da Censis e Treccani, che evidenzia come la rivoluzione digitale stia trasformando le nostre abitudini quotidiane, compresi i nostri consumi culturali. L’analisi si focalizza nello specifico sull’utilizzo dei mezzi di apprendimento e di diffusione del sapere, scomponendone le caratteristiche nella relazione esistente tra “libro” e “tecnologia” attraverso la lettura di aspetti come l’affidabilità delle fonti, la fruizione multitasking dei contenuti, il carattere di annullamento dello spazio e del tempo familiari agli strumenti telematici. Un’analisi puntuale sulle componenti materiali ed immateriali dei due strumenti che propone una lettura del presente invitando il lettore a riflettere sugli scenari futuri che il rapporto libro / tecnologia potrà far scaturire
«Il libro cartaceo scomparirà di fronte alle nuove sfide delle tecnologie digitali?». Questa è la domanda con cui Massimo Bray - Direttore Generale Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani - apre la presentazione del Rapporto Censis, La trasmissione della cultura nell’era digitale[1] che «mira a comprendere gli effetti della rivoluzione digitale sugli stili conoscitivi, sulle forme di apprendimento, sui meccanismi di produzione e trasmissione del sapere» (Censis, 2016).
La ricerca, suddivisa in due parti principali, indaga inizialmente il concetto di fruizione culturale – con un approfondimento sulla lettura e sullo strumento “libro” – e successivamente analizza i processi di conoscenza degli italiani nell’era digitale misurandone l’evoluzione.
Il risultato è un rapporto ricco di spunti che si concentra sul fenomeno della digitalizzazione come elemento cruciale del cambiamento non solo nelle nostre abitudini quotidiane, ma anche nel campo della cultura dal punto di vista della produzione e trasmissione del sapere.
Per quanto riguarda l’ambito culturale i due mondi che meglio rappresentano questo cambiamento sono, secondo il Censis, quello dei libri e quello del web. Seppur possano essere considerati «mezzi di apprendimento e di diffusione del sapere», entrambi presuppongono processi diversi a livello di modalità di fruizione, costi dell’impiego e efficacia nel raggiungimento dei diversi pubblici (Censis, 2015).
Il digitale non rappresenta quindi soltanto un mezzo di informazione e di comunicazione, uno strumento di diffusione e circolazione delle conoscenze, un ausilio all’istruzione.
Le nuove tecnologie favoriscono anche processi complessi in cui le stesse modalità di partecipazione alla cultura vengono stravolte verso modalità di consumi culturali che il rapporto definisce multitasking legati cioè alla possibilità di svolgere più attività nello stesso momento o nello stesso luogo sviluppando in loco anche forme di fruizione che prevedrebbero uno spostamento fisico nello spazio.
I libri e il web: i simboli della cultura contemporanea
L’inchiesta riflette sul significato di tecnologia per gli italiani, partendo da un dato non troppo rassicurante che pone l’Italia in uno degli ultimi posti nel ranking europeo nella lettura: nel 2014 meno di un italiano su due ha detto almeno un libro nel corso dell’anno.
Il 64% che di coloro che accedono quotidianamente a Internet è al primo posto in una classifica che vede la lettura di e-Book all’ultimo posto (circa 6%), preceduta dall’uso di strumenti digitali per l’ascolto di mp3 o la visione di video (rispettivamente il 27% e il 49%).
Internet è il mezzo più consultato (più del 29% degli utenti) sia da coloro che cercano notizie negli ambiti disciplinari dell’arte e della musica, sia per quanto riguarda le persone (42%) che cercano approfondimenti sulla tecnologia e l’informatica.
Tra quelli che usano il web – con una maggioranza nelle fasce d’età tra i 15 e i 35 anni – si trovano coloro che hanno consultato un wiki[2]. Il dato fa riflettere sulle caratteristiche di facilità d’uso, di gratuità di accesso e di velocità di condivisione di un mezzo le cui caratteristiche di attendibilità, scientificità ed esaustività sono sovrastimate.
Sempre meno librerie dunque nei nostri ambienti domestici? Non esiste però solo il web per molti utenti (rispettivamente il 51% e il 23%) che dichiarano di utilizzare ancora i libri quando necessitano di informazioni relative alla letteratura e alla storia/ geografia. Il binomio letteratura – libro è quindi ancora molto forte contro il mondo dell’ICT per il quale la ricerca di informazioni avviene in ambiente web.
Mentre il 21% usa ancora dizionari cartacei, circa l’80% dichiara che sempre più spesso sfogliare virtualmente un vocabolario sul web attraverso il proprio pc (60%), il tablet (7%) o lo smartphone (6%).
In questo panorama dalla ricerca emerge comunque un bilanciamento di consapevolezza tra chi si affida totalmente ad Internet in quanto lo considera un mezzo con una variegata tipologia di informazioni, e chi invece preferisce comunque consultare anche altre fonti in quanto le ritiene più affidabili o comunque ne valuta più positivamente il grado di titolarità. In questi casi, come sottolineato da Massimo Bray durante l’incontro di presentazione del rapporto, si riconosce la funzione sociale del libro come strumento in grado di avvicinarsi alle conoscenze e di superare le diseguaglianze, frantumando gli ostacoli che impediscono la fruizione di cultura.
Domanda di cultura nell’era digitale: cinque profili
In conclusione la ricerca propone[3] cinque tipologie di utenti che fruiscono di cultura nell’era digitale. Interessante questa classificazione che ci profila come lettori di libri e come “ICT addicted” a seconda del grado di utilizzo e di interesse per la tecnologia.
Il primo gruppo è formato dai tradizionalisti apocalittici che utilizzano molto di più i media tradizionali (libri, enciclopedie e dizionari), a discapito degli strumenti digitali. Gli opportunisti equilibrati sono rappresentati, secondo il Censis, da coloro che, pur avvalendosi della carta stampata, dimostrano un certo interesse per le nuove tecnologie. Esiste poi una quota di popolazione che risulta ancora essere frastornata dalla digital transformation e quindi risulta ancora incerta sulla possibilità di allontanarsi sempre di più dal libro a favore dei media digitali. E’ questo il corpaccione disorientato. Più orientati verso le opportunità delle ICT sono invece gli evoluzionisti e i residenti digitali che riconoscono con forza il valore dell’«habitat digitale» per la conservazione e la costruzione di cultura.
Lettere e pixel: quali prospettive future?
Siamo oggi di fronte ad un importante processo di cambiamento che porterà, seppur non potendone oggi prevedere i risultati di medio – lungo periodo, ad una trasformazione nella modalità di fruire della cultura. Il libro è infatti attualmente disponibile in una varietà di formati, integrazione di componenti e coinvolge i lettori in nuove esperienze interattive.
Sembra interessante a tal proposito riprendere le considerazioni del Parlamento Europeo[4] che invitano a riflettere sul binomio contenuti – strumenti che caratterizza la rivoluzione digitale. Non solo infatti i contenuti diventano digitali e quindi accessibili attraverso un numero crescente di piattaforme di comunicazione, ma questi possono anche essere scaricati tramite vari dispositivi portatili come per esempio l'iPad di Apple o il Kindle di Amazon.
In questo contesto da un lato le «digital option» riducono
i costi di produzione e distribuzione, migliorando velocità ed efficienza, ma dall’altro lato favoriscono la dematerializzazione dell’industria di settore cambiando il ruolo e la relativa importanza
dei vari operatori (aumentando il rischio di sopravvivenza di alcuni rivenditori come per esempio le librerie).
Quindi se da un lato la possibilità di fruire di contenuti digitali favorisce la democratizzazione della cultura in termini di accesso e partecipazione eliminando le barriere culturali, attitudinali e tecnologiche[5], i dispositivi digitali facilitano l’interazione con i contenuti a discapito però dell’attenzione che l’utente dedica ad essi, considerato che – con dispositivi quali tablet o smartphone -l’attenzione media è pari a 8 secondi[6]
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Tutto ciò fa sicuramente riflettere sulle opportunità che l’avvento delle tecnologie presuppongono ma allo stesso tempo ci invita a interrogarci sui cambiamenti che potrebbero scaturire da questa rivoluzione digitale e sui modi in cui noi potremmo confrontarci con questi nuovi strumenti. Per riprendere una frase di Massimo Bray, citato nell’incipit, sarà fondamentale che l’utente si sappia rapportare con questi strumenti in modo consapevole e cercando di fa sì che «il nuovo non sostituisca, bensì affianchi il vecchio»[7].
Video di presentazione del rapporto Censis: https://www.youtube.com/watch?v=9Q1qULNSMjI
Fonte dell’immagine: http://www.icvarese4afrank.gov.it
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[7] Massimo Bray (2013), Libri beni comuni nel mondo digitale - 18 ottobre, Scuola Normale Superiore.