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Da soli si perde

  • Pubblicato il: 24/01/2014 - 10:02
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI D'ORIGINE BANCARIA
Articolo a cura di: 
Catterina Seia

Anno difficile per le fondazioni di origine bancaria
Siamo in una fragilità del sistema-paese. Il perdurare della crisi economica finanziaria, e lo «smarrimento sociale e politico», ingredienti italiani, acuiscono le urgenze, i rapporti si fanno più tesi e i margini di mediazione diminuiscono. In questo contesto le dichiarazioni suonano come «il richiamo della foresta», voci a cui bisogna stare molto attenti. Credo che lo scenario sia complesso e ancora manchino le categorie e gli strumenti per comprenderlo a fondo e operarvi.

Sono ottantotto, non tutte eguali
Molto diverse le une dalle altre. Da grandi soggetti come Cariplo che intervengono in base a strategie di ampio di respiro a quelle che possono impegnarsi solo per mantenere l’unico bene di cui sono proprietarie. Una differenza che si somma alla netta asimmetria di presenze tra Nord e Sud. Va fatta una lettura puntuale e ci sono situazioni delicate. È innegabile l’esplicita difficoltà emersa per alcune realtà da gestioni delle risorse non ottimali, così come iniziative onerose e scarsamente sostenibili che hanno portato a una drastica riduzione delle possibilità di intervento: sono episodi limitati, che tuttavia non hanno fatto bene alla reputazione delle Fob, impongono un cambiamento e un’attenzione altissima alla spesa.
L’anno comunque si chiuderà con segnali di miglioramento per quanto riguarda i conti e la redditività del patrimonio. Ed è già un successo in questo contesto, in cui la navigazione, per ogni organismo, si è fatta più difficile.

Cosa accade nella cultura?
È sempre più evidente e interiorizzato che cultura e patrimonio siano un campo strategico. Dobbiamo ringraziare Giulio Tremonti per l’infelice battuta «con la cultura non si mangia» che ha accelerato l’analisi e la riflessione sugli impatti economici ed occupazionali del settore. Gli investimenti, diretti o indiretti, delle Fob in cultura sono stati molti. Dobbiamo lavorare sull’efficacia, evitando interventi che, per quanto meritori, non incidono profondamente sulla realtà.
I programmi che superano la mera erogazione sono in costante aumento e in miglioramento. La logica è passata alla progettazione per territori. Ha comunque ancora profondo significato mantenere una quota di investimenti «a pioggia» per sostenere piccole realtà sparse sui territori che possono generare impatti anche importanti e non sempre prevedibili.

È cambiato il modo di lavorare
È maturata la percezione diffusa che da soli si perde. La collaborazione è fondamentale. Le grandi realtà filantropiche possono fare molto, ma con alleanze e infrastrutture.
La cooperazione tra le Fob per interventi pluriennali coordinati ha assunto negli ultimi anni un'importanza crescente, sia su «innesco» di alcune realtà che condividono esperienze di progetti locali che possono estendersi a livello nazionale, che con ipotesi di progettualità comune avviata da Acri, con l’adesione volontaria dei singoli soggetti. Una condivisione economica e un’aggregazione di competenze complementari, per ricercare maggiore efficienza e razionalizzare gli interventi, evitando la frammentazione, verso investimenti sincronici e di maggiore impatto.
La strada è quindi lo scambio di informazioni, la co-progettazione di iniziative, la messa in comune di servizi e beni che possono abbattere i costi di gestione e unire risorse, capacità e competenze che le singole realtà non avrebbero autonomamente per una maggiore disseminazione dei risultati e delle buone prassi.
Siamo ancora agli inizi, perché prima di agire occorre comprendere, ma le premesse sono ottime.

Quali sono gli indirizzi di intervento prevalenti?
I restauri e la risposta alle emergenze del patrimonio sono stati investimenti importanti, ma le Fob oggi sono più prudenti nell’avviare nuovi progetti in questa direzione, per i quali sono necessarie grandi risorse. Investimenti che debbono essere necessariamente collegati alla destinazioni d’uso, a iniziative delle quali va garantita la sostenibilità. Gli interventi puntiformi su singoli beni rischiano di «antologizzare» il patrimonio culturale ed essere una buona intenzione mal governata.
Stanno andando in porto grandi operazioni avviate negli anni precedenti di recupero e rivitalizzazione urbana che danno una mano all’altro malato della nostra economia: l’edilizia.
È chiaro però che spostarsi sul terreno del progetto di territorio, fatalmente vicino a quello delle istituzioni pubbliche, comporta una ridefinizione di ruolo: il nostro deve essere quello di aiutare le amministrazioni pubbliche, sollecitare la collaborazione con i diversi soggetti della comunità, come avvenuto nel progetto distretti culturali di Cariplo. E’ essenziale promuovere e sostenere la «cornice».
Su questa linea di azione cadono pesantemente le irrisolte questioni del rapporto pubblico-privato. Il Pubblico oggi non è costruito, pensato e organizzato, per collaborare con il privato.
Attendiamo molto dal prossimo rapporto della commissione del MiBACT presieduta da Marco D’Alberti, un gruppo di lavoro di ministeriali, esperti, enti locali, privati, con una presenza attiva e motivata del Ministro. Tutto è legato, ovviamente, alla stabilità dell’esecutivo.

Quali sviluppi?
Ora dobbiamo «uscire dal nostro cortile», aprirci al confronto europeo e all’integrazione comunitaria, che è fonte di apprendimento e acquisizione di risorse importanti con la nuova tornata di stanziamenti 2014-2020. Non possiamo mancare l’appuntamento e su questo tema, con noi, possiamo far crescere i nostri territori, creando ponti tra soggetti che cercano di dialogare e occasioni di crescita di competenze.
In Emilia, come associazione delle Fob, stiamo ragionando su processi esterni di valutazione. È un passaggio culturale forte pensare di sottoporre le attività dei singoli enti a un valutatore esterno, ma fondamentale per l’apertura del rapporto con l’Europa.

Cosa avete imparato dalla grande crisi?
Che la stagione felice, fatta di risorse abbondanti, di ricca improvvisazione di iniziative promosse direttamente dalle Fob, è alle spalle. Anche per quelle grandi. Ed è terminata anche la strada lastricata di progetti propri che si trova di fronte l’amara realtà dei numeri che non tornano e deve rendere conto alla comunità. Programmare vuol dire avere piani di gestione sostenibili, ma da poco la progettazione considera quest’aspetto.
Il dinamismo nella creatività inoltre è cresciuto in modo significativo. I giovani si stanno attrezzando e si organizzano in modo spontaneo, andando sul campo della cultura, delle attività (più) e beni culturali (meno), curando l’interdipendenza tra i settori, uscendo dalla logica dell’evento. Il valore culturale e la sostenibilità economica passano per il crossborder, andare oltre il confine per intrecciare altre attività e altri linguaggi. L’evento culturale si trasforma in percorsi di educazione, in formazione di nuove professionalità. L’arte visiva è in dialogo con la musica, il teatro. Questo è un cambio di passo rispetto alla linearità da cui veniamo. Il mondo è più complesso, ma affascinante. Sul supporto alle imprese culturali stiamo esplorando nuove vie (cfr. fUnder 35). Dobbiamo migliorare nella comunicazione.

E il discusso rapporto con le banche?
È un punto chiave che non vede tutti concordi. Le Fob hanno fatto passaggi importanti e sacrifici per sostenere il sistema bancario in crisi - punto centrale per lo sviluppo economico - soprattutto in assenza di grandi investitori istituzionali, stabili, sul nostro mercato. Ma la loro vocazione primaria è un’altra, anche perché debbono essere terze. Se non lo sono, ne risente la loro stessa capacità di essere effettivi catalizzatori di energie e realtà sociali. La veste istituzionale suggerita dalla legge è pensata per le erogazioni, non per l’azionariato. È in corso un graduale alleggerimento delle partecipazioni bancarie, che potrà essere più deciso senza svendere il patrimonio, quando le condizioni di mercato lo favoriranno. Ritengo che l’alleggerimento valga per ogni Fob, grandi e piccole. Il rischio non è tanto quello di fare delle Fob l’improprio padrone delle banche, ma semmai di costituire, soprattutto nelle realtà più ridotte, il prolungamento della banca nel sociale e nel mondo della cultura.
Le Fob devono essere espressione delle realtà in cui operano, con antenne, sensibilità plurime nei loro organi nel concetto di rappresentatività che non è rappresentanza, con nominati di grande professionalità, autonomi rispetto a chi li ha scelti. Gli organi debbono essere autorevoli e credibili e le strutture solide.
Le fondazioni hanno imparato molto. E oggi servono, anche di più, rispetto all’origine.

Dal XIII Rapporto Annuale Fondazioni, Il Giornale dell'Arte numero 338, gennaio 2014