Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

Cultura sull'orlo del baratro: I dati dell'annuale Rapporto Federculture affossano l'Italia

  • Pubblicato il: 13/07/2013 - 16:09
Autore/i: 
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Neve Mazzoleni

Milano. Nella metropolitana di Milano, alla fermata centralissima di Duomo dove la linea rossa incrocia la gialla, campeggia una campagna pubblicitaria che invita a visitare la Svizzera, con le sue meraviglie ambientali, culinarie, le sue città d'arte e i suoi musei. Ben volentieri ospitiamo la promozione di Paesi vicini, ma quando ad invitare alla visita di una famosa Fondazione, si trova un'opera riconoscibilissima di un artista italiano di chiara e discussa fama, come Maurizio Cattelan, qualcosa fa cortocircuito. Sembra  una provocazione messa a segno nella città che ospita già il suo famoso «dito medio»  in Piazza della Borsa. Ma non si tratta di azione artistica, bensì di marketing culturale.
Cerchiamo di spiegare: Italia, Milano, Piazza Duomo.  Parliamo dello snodo principale e della Piazza che rappresentano la città, l'ombelico verso il quale dirottare il flusso turistico, nonché uno dei siti monumentali iconici del nostro Patrimonio, testimonial nel mondo. Migliaia di persone transitano ogni giorno,  la posizione risulta di enorme  visibilità per veicolare messaggi culturali. E  cosa si fa? Si vende lo spazio pubblicitario – e si spera a caro prezzo – per ospitare un altro Paese, che attraverso un nostro artista, ci invita a visitarli...nella logica del marketing customizzato.
Ecco: di fronte a un'abdicazione di questo genere, non stupiscano I risultati dell'annuale Rapporto di Federculture, presentato a Roma in Campidoglio, lo scorso primo luglio.
La misura è colma. Piombati al quindicesimo posto nel Country Brand Index, dopo Paesi come la Germania, la Nuova Zelanda, il Giappone, gli Stati Uniti e, manco a dirlo, la Svizzera, verifichiamo un calo dei consumi in cultura e ricreazione del 4,4%. Il dibattito che ne occorso in questi giorni sulle maggiori testate, esprime sdegno, accusa la Politica degli ultimi 20 anni, parla di mancanza di visione e volontà, sebbene l'attuale Ministro dell'Ecomomia Saccomanni abbia rilasciato dichiarazioni favorevoli verso il peso che la Cultura ricopre nell'economia del nostro Paese.  C'erano le persone che contano per la politica culturale, a partire dal Ministro Bray che ha percorso una diplomatica via della costruzione di sinergie fra pubblico e privato intersettoriale, con cultura e turismo insieme, per favorire lo sviluppo del Paese. E un Ministro Giovannini che ha promesso misure in favore dell'iniziative imprenditoriali culturali, citando il BES, dove la Cultura è fra I principali contributori al benessere pubblico. Dove siamo stati fino ad ora? Roberto Grossi, Presidente di Federculture e curatore del Rapporto, ha accoratamente rincarato la dose con i racconti degli sfaceli di Pompei e di tutti quei siti dove il Patrimonio si sbriciola sotto i piedi, incustodito e senza manutenzione.
Un'estate che comincia già depressa, in un' Italia già così pesantemente afflitta dalla crisi. In più siamo un Paese di ignoranti, con un tasso di abbandono scolare piuttosto elevato, 18,2%, dietro a Paesi come la Bulgaria, la Grecia, la Romania e 26esimi per la spesa pubblica sull'Istruzione, 4,2% sul PIL, rispetto a una media europea del 5,3%. Il FUS, Fondo Unico dello Spettacolo è passato da 507milioni di Euro del 2003, al 389,8 milioni del 2013, con una riduzione del 23,1%.
La Danimarca spende 262,3 Euro per abitante in cultura; la Grecia 50,7%; l'Italia il 25,4%.
Il British Council commissiona invece a Ipsos Mori e YouGov una ricerca su come il Regno Unito è percepito all'estero, che introduce una prospettiva interessante, dal titolo «Culture means Business:la Cultura significa fare Affari: come le relazioni internazionali culturali contribusicono alla crescita degli scambi e competitività nel Regno Unito».
Alan Parker, Presidente di Brunswick nell'introduzione dichiara che  Business e Cultura non sono avversi l'uno all'altra, ma anzi si completano per il reciproco e proficuo sviluppo. La ricerca ha intervistato giovani dai 16 ai 34 anni di dieci Paesi  del mondo (Brasile, Cina, India, Pakistan, Polonia, Russia, Arabia Saudita, Spagna,Thailandia e Turchia), selezionati fra una comunità internazionale di promettenti leader e imprenditori. Mediamente in ogni Paese hanno risposto in mille, ad eccezione dell'Arabia Saudita dove sono pervenuti 520 questionari.
Il campione si è diviso fra coloro che hanno consumato cultura inglese in qualsiasi forma (formazione, ricreazione, turismo...) e coloro che non ne hanno avuto contatto. Alla domanda se sia di interesse avere rapporti d'affari con UK, il 44% di chi ha avuto già contatti ha risposto affermativamente, contro il 33% di chi non è stato in UK. Generalmente il 40%dei giovani percepisce l'idea che in UK ci siano opportunità e prospettive, con un picco per i turchi del 62%. Lo studio è interessante per osservare come un altro Paese, lavorando sulla sua identità e percezione verso l'esterno, pone la Cultura come chiave strategica per la costruzione di consenso, e dunque prospettiva di crescita per la propria economia.
Elemento che all'Italia manca fragorosamente. Gli studi e ricerche spesso si concentrano sui consumi, ma poco sui consumatori, sui loro desideri, profili, interessi. Per ripartire con una strategia a favore della Cultura, bisogna anche tenere conto dei propri utenti.
Alla parte destruens, si associa  comunque una parte costruens piuttosto articolata, che Federculture ha incluso nella sua relazione, dove la parola di riferimento è «opportunità».
E si parte proprio dall'osservazione che il Capitale Umano deve essere al centro della strategia della ripresa, in particolare per I giovani. «Il capitale umano è la risorsa più preziosa. Favorire l'istruzione e l'accesso alla cultura in tutte le sue espressioni, realizzare una vera democrazia delle opportunità e aiutare I giovani di talento deve essere, dunque, il primo punto di una strategia di rilancio del Paese. Proponiamo un piano per l'occupazione culturale con il quale si sostengano e incentivino gli affidamenti a giovani start-up, profit, non-profit, della gestione integrata dei servizi culturali diffusi sul territorio.», così dichiara Roberto Grossi.
Questa prospettiva è percorribile costruendo un ambiente favorevole alla proliferazione e strutturazione di imprese culturali, che hanno bisogno di trampolini di lancio, come  l'istituzione di un Fondo per la Progettualità Culturale con l'obiettivo di favorire lo sviluppo locale a base culturale. Si ispira al modello del Fondo di Progettualità per le Infrastrutture. Un organo consultivo permanente che valuterebbe la sostenibilità di progetti strategici e di sistema per i territori,  garantendo una prospettiva di financing project necessario allo sviluppo e la costruzione di relazioni forti di partnership.
Un'ulteriore proposta  sostenuta da Federculture è la detraibilità immediata delle spese per consumi culturali: ogni famiglia potrebbe essere così incentivata a riprendere i consumi, così come i turisti potrebbero essere attratti nuovamente da facilitazioni. Proposta interessante se inclusa in una politica più estensiva di defiscalizzazione, sia per aziende, che per investitori che per liberi cittadini. La detraibilità rischia infatti di collidere con la tassa comunale  sul turismo che sta aiutando le casse delle amministrazioni locali.
Il dibattito prosegue. Vogliamo tornare alla metropolitana di Milano, rispondendo alla campagna pubblicitaria svizzera con una citazione di Orson Welles dal film Il Terzo Uomo «In Italia, sotto i Borgia, per trent'anni hanno avuto guerre, terrore e assassinii, massacri: e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù». L'Italia ce la deve fare.

© Riproduzione riservata