Cultura, benessere e salute: dagli indicatori alle narrazioni
Negli ultimi anni, in un numero crescente di paesi, pratica culturale e benessere sono riconosciuti come fenomeni associati. In particolare, si moltiplicano le esperienze nel campo della salute, soprattutto nei paesi scandinavi, negli USA, in Canada e nel Regno Unito. Permane tuttavia una diffusa insoddisfazione per la scarsa capacità di rappresentare e comunicare adeguatamente questa relazione, che per molti resta solo aneddotica e impossibile da quantificare, quindi non sufficiente per essere legittimata agli occhi di decisori e finanziatori. Culture Action Europe ha concluso da poche settimane un progetto, finanziato dalla Commissione Europea, per la raccolta di studi ed esperienze e la raccolta di metodi e tecniche di valutazione dell’impatto della cultura sul benessere
Accade sempre più spesso che organizzazioni culturali – dai musei ai teatri, dalle bande musicali alle sale cinematografiche – e singoli artisti si rendano conto di avere la possibilità di incidere sensibilmente sul benessere e sulla salute delle persone. Che si tratti di migliorare la qualità della vita di degenti attraverso il dono di qualche ora da passare nella fantasia, nella bellezza e nell’armonia, di abbassare i livelli di stress dedicandosi alla pittura, alla scultura o alla creta, di contrastare il Parkinson attraverso la danza o la depressione attraverso la recitazione (riducendo il bisogno di farmaci), di immergere nella memoria museale i malati di Alzheimer e i loro care giver, le sperimentazioni condotte in tutto il mondo confermano che la cultura sostiene e alimenta il benessere e la salute.
A questa pratica, testimoniata da centinaia di casi, non corrisponde però, ancora, un sistema di rilevazione, valutazione e condivisione dei risultati pienamente soddisfacente, cioè in grado di dare piena legittimazione e piena cittadinanza all’arte e alla pratica culturale come alleati potenti del benessere e della salute. Scrivono in merito Daykin e Joss (2016): “le arti – musica, danza, teatro, arti visive e scrittura, sono riconosciute sempre più per il loro potenziale sostegno alla salute e al benessere. Ma perché le arti vengano incluse nella programmazione dei servizi sanitari e sociali, occorrono robuste evidenze della loro efficacia, dei loro impatti e dei loro costi”.
La ricognizione dei metodi e delle tecniche di registrazione e misurazione, che ha rappresentato una parte significativa nel progetto Culture and Wellbeing, che ho condotto per Culture Action Europe tra il 2014 e il 2016, ha consentito di registrare alcuni progressi importanti.
Si è investito seriamente, per esempio negli Stati Uniti, e soprattutto in Svezia e nel Regno Unito, per mettere a punto strumenti rigorosi, adatti a una materia tanto complessa e delicata. Questi strumenti sono necessariamente caratterizzati da un approccio multidisciplinare, multi linguaggio e a geometria variabile. Prevedono una pluralità di modalità di raccolta delle informazioni e delle opinioni, attraverso interviste libere e strutturate, questionari, registrazione di variabili fisiche come la pressione arteriosa o il livello di cortisolo nel sangue, ma anche narrazioni, storie, immagini.
Per svilupparli, è stato necessario superare una sorta di dittatura della quantificazione, che ha a lungo dominato la scena, e che è alla radice di molte frustrazioni. Per molto tempo, la capacità di rendere conto degli effetti della cultura su benessere e salute è stata riconosciuta, quasi ad effetto di un pensiero più magico che scientifico, solo ed esclusivamente ai numeri, alle frequenze, e, ancor più precisamente, a indicatori statistici che per inciso sono difficilissimi da produrre, perché i dati sui quali andrebbero costruiti tendono a sfuggire alle definizioni e alle rilevazioni convenzionali.
Del resto, proprio nel campo delle scienze mediche, alle statistiche si affiancano normalmente le analisi in profondità di singoli casi. Di più: la pratica medica si appoggia, con la medicina narrativa di Rita Charon, al potere della creatività narrativa e letteraria per stabilire relazioni profonde fra medico e paziente, per far parlare anche i silenzi, raggiungere anche le cause più remote della malattia, mitigare, accompagnare e onorare la sofferenza.
Artisti e organizzazioni artistiche e culturali possono, pertanto, affrancarsi da una sudditanza quasi superstiziosa nei confronti della iper-quantificazione, senza per questo rinunciare a registrare, analizzare, comprendere e comunicare i loro risultati. Possono costruire processi di documentazione e di valutazione dell’efficacia che ricorrano alla quantità dove si deve (e si può) e che sappiano fare un uso altrettanto intelligente della qualità.
Una buona notizia, dunque. C’è infatti un repertorio ampio di strumenti ai quali si può ricorrere per rilevare e valutare l’impatto della pratica culturale su benessere e salute: un esempio recente è un manuale, pubblicato nel Regno Unito: Arts for health and wellbeing: an evaluation framework, che viene descritto, con britannico candore, come un documento “che fornisce modi efficaci di documentare e valutare progetti e programmi artistici che cercano di migliorare la salute e il benessere”. Ed è effettivamente così (provare per credere).
Certamente, per facilitare il compito, è importante stabilire le ragioni per le quali si valuta e i soggetti per cui lo si fa. E’ necessario avere una visione nitida dei propri obiettivi e dei risultati che ci si attende.
I processi di valutazione saranno diversi se si sta lavorando per migliorare la qualità delle proprie attività e si vuole verificare se si stia facendo, oppure se si deve rendicontare a un soggetto terzo, come un finanziatore, se si sia fatto un uso delle risorse efficace rispetto ai compiti attribuiti. Di certo, saranno difficili e di esito incerto se, come accade in non pochi casi, verranno condotti al di fuori di un quadro programmatico, cercando di indovinare, in una specie di gioco della pignatta, quali possibili benefici saranno stati inaspettatamente prodotti da laboratori museali, cicli di danza, esperienze di scrittura creativa, botteghe di pittura, attività musicali, atelier di cinema, e così via.
Il progetto Culture and Wellbeing mette a disposizione, oltre che materiale per la riflessione e una rassegna di strumenti già sperimentati, anche un repertorio internazionale aperto di storie di cultura per il benessere e la salute, raccolte per la loro speciale significatività metodologica.
http://cultureactioneurope.org/milestone/tell-us-a-story/
Annalisa Cicerchia, Direttrice dell’Osservatorio Internazionale della salute e membro individuale di Culture Action Europe