Collezionismo allo scoperto
La recente apertura di molte fondazioni private caratterizza il quadro evolutivo del collezionismo italiano nel contemporaneo. Anche attraverso loro il nostro sistema dell’arte si è sviluppato negli ultimi quindici anni come un ambiente via via più complesso. Varie sono le ragioni del fenomeno: l’aura mediatica che accompagna l’arte contemporanea, le lacune del sistema museale - colmate solo di recente con l’apertura di nuovi musei - che hanno portato le fondazioni private a svolgere un ruolo di supplenza. Il risultato è che anche un collezionismo tendenzialmente nascosto e poco avvezzo a dialogare con le istituzioni come quello italiano, è uscito allo scoperto attraverso un’interessante scansione progettuale.
La Fondazione Teseco nel 1996 inaugura a Pisa con un’impostazione radicalmente innovativa.
La collezione di Maria Paoletti e Gualtiero Masini è allestita negli uffici dell’omonima impresa per alfabetizzare il personale ai linguaggi contemporanei attraverso la quotidianità del luogo di lavoro. Con un posizionamento fortemente «attoriale» nel sistema dell’arte si pone, invece, fin da subito la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, specie dal 2002 quando apre la sede torinese, sostenuta dalla Regione Piemonte e all’inizio dall’Unione Europea (la sede nel palazzo Re Rebaudendo di Guarene d’Alba esisteva dal ’95). Mostre di grande visibilità, una ricerca sulle nuove geografie dell’arte e la direzione di Francesco Bonami contribuiscono alla sua affermazione. Accolta come un modello cui cercheranno di ispirarsi analoghe strutture che di lì a poco fioriscono sulla penisola, interessate a stringere un rapporto sinergico tra pubblico e privato, contribuisce a rafforzare il «sistema Piemonte», celebrato negli ultimi venti anni come il territorio d’eccellenza dell’arte contemporanea italiana, già animato dalla Fondazione Cittadellarte a Biella, una fucina promossa da Michelangelo Pistoletto a cui si aggiunge qualche anno dopo la Fondazione Merz. Ma rivela anche come il collezionismo stia uscendo dall’orizzonte ristretto della raccolta d’arte per orientarsi sul modello della committenza semipubblica.
Di tutt’altra natura è la Fondazione Trussardi che nasce a Milano nel 2003. Affidata alla guida di Massimiliano Gioni, si caratterizza per mobilità, leggerezza della struttura.
La scelta di non avere una sede fissa la porta ad intessere un dialogo creativo con alcuni luoghi della città che il lavoro degli artisti restituisce all’attenzione. Scendendo a sud, troviamo due fondazioni con ambizioni museali. Nel 2006 Maurizio Morra Greco sceglie un palazzo nel cuore di Napoli per trasferirvi parte della sua ingente collezione dove, grazie anche al sostegno degli enti pubblici, realizza committenze specifiche ispirate alla sede. Due anni dopo a Catania apre la Fondazione Puglisi Cosentino che nel barocco palazzo Valle propone un classico programma espositivo. A laboratorio creativo, ricavata da un’area ex industriale è la Fondazione Brodbeck anch’essa nata nel 2008 nel centro storico di Catania. Un anno dopo è la volta della Fondazione Antonio Presti, ultima creatura di una figura nota nel mondo dell’arte, il cui nome è legato al museo all’aperto Fiumara d’Arte e all’albergo Atelier sul Mare, che però nella città etnea sperimenta una vocazione fortemente sociale. Altra tipologia è quella delle fondazioni con finalità didattiche e formative: la Golinelli (Bologna, 1998), per avvicinare un vasto pubblico alla scienza e all’arte, alfabetizzandolo attraverso conferenze e mostre.
Della formazione dei giovani artisti, attraverso premi e residenze, si occupano le Fondazioni Furla di Bologna, Ratti di Como e Spinola Banna vicino Torino.
A Roma quattro le nuove realtà negli ultimi quattro anni: Pastificio Cerere, Fondazione Giuliani, Nomas, e Depart Foundation. Le ultime due si muovono più come agenzie per l’arte: la collezione è in secondo piano a favore di una produzione culturale che va oltre l’attività espositiva, allargandosi a seminari, iniziative di Arte Pubblica («Temporaneo» nell’autunno 2010 promosso da Nomas), rapporti con le scuole (Pastificio Cerere), pratiche curatoriali che fino ad oggi appartenevano al museo e un dialogo con le istituzioni che produce scambi tra l’Italia e altri Paesi.
Depart ha realizzato al Macro la rassegna «New York minute» e porta ora gli artisti romani a Los Angeles con la mostra «When in Rome».
Lo scenario, dunque, continua a evolversi, anche per l’agilità dei privati meno gravati da lacci burocratici. Resta la domanda se si vada incontro a una parcellizzazione delle risorse, già non brillantissime in Italia, o se la presenza di strutture più aggressive stimoli il versante pubblico a una fertile azione.
❑ Adriana Polveroni è giornalista e critica d’arte
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(X Rapporto Annuale Fondazioni)