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Città delle idee, del dialogo, dell’accoglienza

  • Pubblicato il: 27/06/2014 - 09:50
Autore/i: 
Rubrica: 
SPECIALI
Articolo a cura di: 
Stefania Crobe

Di quale struttura organizzativa intende dotarsi la città per la governance della candidatura e del proprio programma?
Il Comune di Perugia, il Comune di Assisi e la Regione Umbria hanno costituito nel 2012 una fondazione di partecipazione chiamata: PerugiaAssisi 2019 che rappresenta un modello giuridico dove vi è l’unione dell’elemento patrimoniale con l’elemento associativo. Quindi la presenza di una certa solidità istituzionale con l'opportunità di coinvolgimento e partecipazione della società civile. Il territorio umbro già dal 2009 aveva iniziato a lavorare sulla candidatura e la denominazione riconosceva alle città di Perugia e Assisi il percorso avviato insieme. Dal momento che il Regolamento ECoC dell'Unione Europea prevede però che sia una città sola a candidarsi, il progetto è diventato "Perugia 2019, con i luoghi di Francesco d'Assisi e dell'Umbria", mantenendo così sia lo spirito, i valori e la cooperazione avviata nei territori e allargando l’attività ad una dimensione regionale.
La fondazione ha mantenuto la sua dicitura iniziale e se Perugia otterrà il titolo sarà quindi il soggetto di governance e gestione dell'avvenimento.
L’aver scelto di fare da subito una fondazione è risultato un punto di forza rispetto alle altre candidature che hanno optato per formule organizzative temporanee, tendenzialmente comitati.
Come fondazione di partecipazione abbiamo una ricchezza di soci partecipanti che sono l’espressione autentica della società civile. Ora siamo arrivati a circa 140 soci, con l’adesione di altre municipalità dell’Umbria, delle associazioni di categoria, i sindacati, le Università, le istituzioni accademiche, le imprese e la Camera di Commercio, le associazioni culturali e sportive.
Una «grande piazza» dove tutti questi soggetti esercitano pratiche di cittadinanza attiva avendo voce in capitolo circa i cambiamenti del territorio, producendo un meccanismo di ascolto e confronto ed intervenendo sul progetto stesso.

Pubblico e privato, locale e internazionale. Quale è la vostra strategia di sostenibilità per garantire al programma mezzi finanziari certi e adeguati?
Intanto c'è da dire che a differenza delle altre finaliste e in generale di tutte le candidature, Perugia ha previsto una impostazione progettuale che comprende un Piano Strategico Culturale di lungo periodo, con azioni strutturali e infrastrutturali, ed un Programma Culturale che si avvia dal 2015 per realizzarsi appieno nel 2019.
La realizzazione del progetto nel suo complesso prevede alcuni pilastri organizzativi tra loro interconnessi. In primo luogo un modello gestionale a rete, con lo scopo di favorire più coinvolgimento e responsabilizzazione dei soggetti sociali, economici e culturali del territorio, una governance pubblico-privata, che enfatizza la partecipazione e la coesione sociale nei processi decisionali, quindi la Fondazione, ed un’architettura organizzativa a matrice, che incrocia una struttura funzionale (la gestione del budget, la comunicazione, gli allestimenti e le facilities) con le attività a progetto (gli eventi, le diverse iniziative previste nel programma).
Se Perugia diventerà Capitale Europea della Cultura nel 2019 la fondazione sarà responsabile della parte operativa, non di quella infrastrutturale che rimane in carico alle amministrazioni locali e alla Regione. Due sono i centri di spesa, uno infrastrutturale e uno operativo.
Il primo serve a garantire la sostenibilità degli interventi legati a infrastrutture culturali, urbane e mobilità. Il budget operativo invece è quello relativo agli eventi, alla comunicazione, alla gestione della «macchina». Il nostro modello organizzativo prevede che la fondazione gestisca tutto il programma, dal 2015 al 2020, con una formula secondo cui non sarà essa stessa a produrre gli eventi ma li farà realizzare ai soggetti culturali del territorio, ai quali sarà richiesta una quota co-produttiva.
Non un dispensatore di risorse ma un attivatore - all’insegna della sobrietà - di un processo di empowerment locale per attivare competenze e relazioni.
Abbiamo poi immaginato la creazione di un tavolo interistituzionale – chiamato ufficio ECOC – con la funzione di mettere a sistema e monitorare gli interventi infrastrutturali che sono già stati programmati.
Nell'insieme un lavoro di monitoraggio, accompagnamento, messa a sistema della programmazione culturale, favorendo sinergie, stimolando il networking e valorizzando il capitale umano e culturale.
Sul piano delle risorse e della garanzia di sostenibilità del progetto, il forte coinvolgimento della Regione Umbria, che sin dall'inizio non solo ha sposato l'iniziativa ma sta indirizzando la sua programmazione finanziaria del ciclo economico 2014-2020 dando priorità proprio al progetto di candidatura, è un elemento determinante. Unitamente allo sforzo delle amministrazioni comunali, Perugia come città protagonista ma anche di altri comuni, tra cui Assisi soprattutto, che è notevole di questi tempi e testimonia una caparbietà e un desiderio di rinnovamento e investimento molto lucido e lineare. Non a caso il progetto dispone di un piano strategico con obiettivi precisi, politiche, strategie, target. Questo sul piano metodologico. Su quello dei fondi, accanto all'impegno regionale specialmente sul budget infrastrutturale e a quello delle autorità locali, vi è la disponibilità del mondo imprenditoriale privato, che si sta rivelando un prezioso compagno di viaggio. Da progettista esterno al territorio osservo come l'Umbria, la sua gente, la classe dirigente, l'attivismo sociale e culturale, le istituzioni possiedono una forte determinazione, un sano pragmatismo, esperienze positive nel governo della cosa pubblica e nel welfare e quindi una volontà positiva non solo a costruire le condizioni per arrivare al traguardo, ma anche nel voler realizzare un progetto fattibile e percorribile di qualità.

Il coinvolgimento dei cittadini è insieme alla «dimensione europea» il criterio principale su cui viene giudicato il progetto di candidatura e un fattore strategico su cui si gioca il successo del programma, anche in termini di effetti nel lungo periodo. Cosa propone la città?
Tutto il lavoro svolto sinora ha cercato una totale sponda nella città con il suo associazionismo locale, attraverso discussioni pubbliche, incontri, co-progettazione con gli organismi culturali, lavoro con le scuole. Un processo avviato che va implementato con una grande attenzione alle modalità di coinvolgimento e partecipazione dei cittadini.
Che cosa immaginiamo?
In quella che abbiamo chiamato “la città del dialogo” ci concentriamo proprio su citta-cittadini attraverso azioni e pratiche di democrazia partecipativa e deliberativa, affinché i cittadini possano intervenire su alcune questioni nodali che li riguardano, prioritarie per la comunità. Temi come, ad esempio, la cittadinanza europea, la valorizzazione delle diversità culturali in un territorio a forte flusso di migranti, i nuovi cittadini, i diritti culturali. Abbiamo anche ristabilito rapporti con le città gemellate tra Perugia e resto dell'Europa affinché si realizzino opportunità di scambio di pratiche e soluzioni tra istituzioni.

Non basta essere una città «conosciuta» a livello europeo. Le Capitali Europee della Cultura devono mostrare le diversità culturali, avvicinare i cittadini e aprire nuove opportunità di collaborazione a livello internazionale. Come viene sviluppata la dimensione europea all’interno del programma? Quali i possibili rapporti con la ECoC della Bulgaria?
I rapporti con le città candidate della Bulgaria, con le quali abbiamo accordi già formalizzati, sono assai positivi. Tra l'altro Perugia, assieme a Varna, è nelle cinque città europee che hanno superato la prima selezione di candidatura per l’European Youth Capital 2017. Con le città bulgare ci stiamo confrontando su iniziative e progetti legati al patrimonio. La Bulgaria ad esempio, ha mostrato grande sensibilità verso i temi dell’architettura, abbastanza verso i temi del patrimonio artistico, una grande curiosità verso la contemporaneità. L’idea è quella di attivare un reciproco scambio e lavorare sul rapporto Etruschi-Traci per comprendere innanzitutto che cosa ci lega a quelle realtà e cercare piste comuni percorribili nei rispettivi programmi.
Rispetto alla dimensione europea del programma numerosi eventi e progetti per il 2019 stanno assumendo una configurazione europea nei contenuti, nei temi, nei partenariati, nelle emergenze trattate, negli agganci con le reti. Puntiamo anche a internazionalizzare maggiormente gli operatori culturali umbri (non ovviamente i grandi festival come Umbria Jazz o Spoleto che già hanno una storica dimensione internazionale).
Abbiamo immaginato anche una direzione artistica reticolare e chiesto ad una serie di artisti e personalità europee rilevanti di indicare loro un giovane promettente che potrà dare il proprio contributo nei diversi ambiti della produzione e del dibattito culturale europeo per il futuro. A questi giovani, sparsi in tutta Europa, che abbiamo chiamato "antenne" abbiamo chiesto di collaborare segnalandoci artisti, tendenze, fervori, validazioni di intuizioni del nostro direttore artistico Arnaldo Colasanti e del suo team, allargato alle realtà culturali del territorio, con le quali si sono ideate molte attività del progetto. Ci piace ci sia questa «confusione creativa»!

Quali sono i temi e i principali orientamenti del progetto culturale?
Il progetto ha iniziato a svilupparsi intorno ad un primo concetto chiave, «fabbricare luoghi», facendo leva su quelle radici culturali che, da sempre, hanno permesso a Perugia e alle città umbre di essere luogo di accoglienza e di vita sociale. L’obiettivo è pensare la città come dialogo costante tra comunità e come una nuova rappresentazione culturale del mondo.
«fabbricare luoghi» significa ritrovare una cultura dello sviluppo connettendo passato e presente, per un futuro dove i gli spazi diventano luoghi, del reale e dell’immaginario. Uno spazio relazionale e sociale, dove il processo, la condivisione, diventano corpo vivo della città. Nell'evoluzione di questi ultimi mesi fabbricare i luoghi è diventata soprattutto la parola d'ordine del piano strategico, mentre il programma sta trovando degli altri slogan che ci sembrano più aderenti ai nuclei tematici finora individuati e che saranno riportati nel bid book definitivo, da consegnare entro i primi di settembre prossimo.
Il concetto alla base del progetto di Perugia 2019 si affida, pertanto, a tre modi di declinare la nostra specifica concezione della città e il suo modo di rigenerarsi, ereditati come cultura urbana storica:
la città delle idee, che genera pensiero creativo e porta innovazione; la città del dialogo, che pratica il confronto tra chi partecipa democraticamente alla vita della comunità; la città dell’accoglienza intesa come ospitalità ma anche come partecipazione a una rete di città più ampia, dove si opera a sistema e si valorizzano tutte le risorse che i territori e le loro comunità possiedono e sanno esprimere.

Quali sono i principali progetti infrastrutturali a cui la città intende dare vita (nuove opere, riqualificazione e interventi di conservazione e valorizzazione)?
A livello infrastrutturale c’è tutta una serie di restauri e interventi già previsti e una serie di recuperi di infrastrutture destinate ad attività culturali. Dalla trasformazione di Palazzo della Penna da Museo a Centro delle Arti Contemporanee, al recupero degli Arconi sotto piazza Matteotti, finalizzato alla creazione di una media-biblioteca di nuova generazione. Un altro spazio interessante è la chiesa di San Francesco al Prato che, con un investimento già definito, diventerà un auditorium. Tutti gli spazi saranno anche sedi degli eventi della candidatura.
Inoltre, altro ambizioso progetto, una new entry, è il recupero del Teatro Turreno per restituirgli una valenza culturale capace di ospitare non solo grandi spettacoli e attività performative, ma anche convegni e congressi.
Uno degli assi del progetto mira alla rigenerazione del centro storico di Perugia, che vive un momento di grossa difficoltà avendo perso la sua centralità sociale ed economica. L'idea è di rilanciarlo attraverso strutture, infrastrutture e progetti culturali e sociali. Per far questo molti sono anche gli interventi infrastrutturali più piccoli ma non meno importanti sul piano dei contenitori ripristinati, dell'arredo urbano, della mobilità.

Il progetto di candidatura prevede interventi di rigenerazione urbana in aree specifiche della città?
Come accennato c'è una forte volontà di assegnare al progetto una funzione di rivitalizzazione di un centro storico, quello perugino, a rischio declino. Tra gli interventi più forti abbiamo il progetto di recupero e riqualificazione dell’ex carcere maschile. Un luogo dove possono essere localizzate tutta una serie di attività legate allo sviluppo di nuove professioni, nuove attività creative e culturali, generando un Living Hub nell'ex penitenziario e assegnando così un ruolo di Living Lab all'intero centro storico.
Inoltre, ci interessa molto l’aspetto sociale dello spazio pubblico.
Per questo grande attenzione sarà riservata all’arte pubblica, nella sua accezione relazionale. Stiamo coinvolgendo collettivi di artisti e architetti come «in-situ» ed esterni di Milano per il design degli spazi pubblici della città, c’è inoltre un progetto sugli orti, un progetto di social housing infine dove gli artisti mettono in moto un meccanismo di responsabilizzazione dei cittadini attraverso le pratiche di community art.

Avendo prestato grande attenzione al recupero del centro storico, per restituirgli linfa vitale, lavoriamo altresì per sfuggire da fenomeni di gentrificazione creando un rapporto osmotico e permeabili tra centro e periferia.

Quale è la vostra strategia di comunicazione?
La candidatura di Perugia 2019 è finalizzata a rigenerare la reputazione della città per promuovere Perugia e il territorio umbro come nuovo modello ideale di città europea media: una città dove la cultura è produzione di idee e dove le idee producono nuovi modelli di sviluppo e di socialità. Una comunicazione co-generata con i pubblici locali, nazionali e internazionali.
Stiamo inoltre riscaldando il territorio attorno alla candidatura. A marzo abbiamo dato vita ad una serie di manifestazioni e eventi, quasi prove generali, che hanno riscosso un grande successo, tra cui l’inaugurazione della mostra di Steve Mc Curry dedicata all’Umbria. Nella prima settimana di maggio grande partecipazione hanno avuto gli avvenimenti per la Festa dell'Europa, con il protagonismo del mondo scolastico.

Quali sono gli effetti di lungo periodo che il progetto auspica di generare a seguito dell’anno dedicato alla manifestazione?
Naturalmente voler innervare dei cambiamenti veri con un centro storico che torna ad essere cuore pulsante e con una serie di altre attività produttive sviluppate su base creativa e culturale, comporta degli impatti considerevoli che vogliamo esplorare, studiare e condizionare.
Abbiamo quindi dato grande spazio al tema della valutazione che partirebbe nel 2015 fino al 2029. L’idea è di misurare quanto succede nei 10 anni successivi al titolo, immaginando diverse aree di impatto: culturale, economico, sociale, reputazionale, infrastrutturale ed ambientale.
L’idea è quella di capire se i nostri ambiziosi programmi di recupero del centro storico e di produzione culturale, così come di sviluppo sociale, si condensano in esiti positivi.
Abbiamo previsto poi un fortissimo monitoraggio della parte di project management e della gestione finanziaria e siamo i primi che hanno introdotto un sistema totale di rendicontazione pubblica con i conseguenti codici valoriali, etici e con la creazione di un osservatorio sulla trasparenza.
Un primo risultato, accanto all'impegno nel cantiere progettuale, l'abbiamo ottenuto ed è già un elemento di grande valore. Si tratta del rapporto con le altre città candidate, con le quali ci confrontiamo costantemente. Il titolo ECoC 2019 è una competizione virtuosa e questo per noi di Perugia 2019 è già un forte successo.

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