Che tensione tra Anselmo e Mattiacci
Pesaro e Monteciccardo (Pesaro e Urbino). Invitati nel 1967 da Germano Celant nella mostra «Arte Povera» della galleria Bertesca di Genova, Eliseo Mattiacci e Giovanni Anselmo, due giovani precursori di quella neoavanguardia che svilupparono l’uno in senso più materico e l’altro più concettuale, sono i protagonisti dell’estate marchigiana con una serie di lavori storici, inediti e recenti, allestiti in due personali a cura di Ludovico Pratesi. Artista di casa, nato a Cagli nel 1940, Eliseo Mattiacci torna dopo 17 anni nella Fondazione Pescheria Centro Arti Visive, che proprio con lui inaugurò l’attività espositiva nel 1996. Intitolata «Dinamica verticale» e aperta fino all’8 settembre, la mostra presenta nell’ex chiesa del Suffragio «Equilibri precari quasi impossibili », un’opera del 1991 incentrata su un principio fondamentale della natura, ossia l’energia magnetica. Soggetta a tale forza, la scultura, composta da una cornice vuota attraversata da barre metalliche, è strutturalmente instabile, esposta a possibili trasformazioni e a repentini cambi di prospettiva, rispecchiando, così, i mutevoli rapporti tra corpi celesti, Terra compresa. Si tratta dunque di una relazione universale, una legge misteriosa che trascende la materia mettendo in contatto il corpo con la dimensione dello spirito e del soprannaturale, le metamorfosi plastiche dell’arte con quelle culturali, storiche e geografiche del territorio. Simili concetti sono poi rielaborati nel progetto site specific «Dinamica verticale (elica)», realizzato da Mattiacci ispirandosi all’utilizzo di oggetti d’uso comune e materiali industriali, già sperimentati a inizio carriera. Nella serie di grandi eliche, concepite per lo spazio del loggiato, ancora una volta leggi della fisica, come la forza centrifuga e le tensioni che ne regolano il moto, diventano uno strumento di comprensione scientifico, filosofico e antropologico, attraverso un oggetto che sottolinea il legame tra terra e cielo, poiché le eliche sono dispositivi capaci di guidare l’uomo dagli abissi dell’oceano alle nuvole più alte.
Il complesso rapporto tra uomo e natura è anche al centro delle opere di Giovanni Anselmo, esposte nel Convento dei Servi di Monteccicardo fino al primo settembre. Il percorso dedicato all’artista piemontese (Borgofranco d’Ivrea, 1934), comprende una selezione di opere realizzate dagli anni Sessanta a oggi, in grado di restituire l’evoluzione cronologica del suo lavoro. Si parte da «Direzione», un lavoro del 1967 composto da una pietra triangolare su cui è collocato un ago magnetico che documenta invisibili fenomeni di magnetizzazione delle rocce e della crosta terrestre, determinati da accumuli di energia, perdita della condizione di quiete e successivi ritorni a stati di nuovi equilibri. Accanto figura «Senza titolo » del 1967, una grande lastra verticale in perspex trasparente, curvata e tenuta in piedi da un tondino in ferro perpendicolare al pavimento. Si manifesta così una tensione invisibile che regola forme ed equilibri naturali. Più recente, invece, è «Il sentiero verso Oltremare», un ciclo datato tra gli anni Novanta e il 2013, costituito da un striscia di sabbia che conduce verso una lastra blu oltremare appoggiata alla parete, una strada che guida e attrae l’uomo verso il limite dell’orizzonte e del proprio destino. Sia Anselmo sia Mattiacci mirano ad avvicinarsi alla comprensione del mondo visibile e non visibile, sondando, attraverso le loro opere, i misteri e le energie nascoste dei fenomeni naturali e dell’esistenza umana.
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da Il Giornale dell'Arte numero 333, luglio 2013