Cavalieri e galeotti
Saluzzo. Lo splendore e la disperazione. Così, in estrema sintesi, potremmo descrivere le due contrastanti emozioni che abbiamo provato sabato 22 febbraio, alla Castiglia di Saluzzo, durante l’inaugurazione ufficiale dei due musei dedicati alla Memoria Carceraria e alla Civiltà Cavalleresca.
Simbolo di Saluzzo e di quello che fu il glorioso Marchesato, che per 4 secoli ebbe qui la propria dimora, la Castiglia dopo i fasti e lo splendore del Rinascimento Saluzzese, che ha lasciato tracce e testimonianze indelebili nel patrimonio storico-artistico del territorio, nel 1825 venne adattata a casa penale. Agli inizi degli anni Novanta, quando il carcere fu definitivamente chiuso, cominciarono i lavori di recupero e restauro che hanno portato alla realizzazione di un prestigioso polo museale.
Da un lato quindi lo splendore del Marchesato rappresentato dallo straordinario Museo della Civiltà Cavalleresca, curato dal professor Rinaldo Comba e dal dott. Massimiliano Caldera, che rimette Saluzzo al centro dell’Europa, come hanno ricordato il sindaco, dott. Paolo Allemano e l’Assessore alla Cultura, avv. Roberto Pignatta, durante la conferenza stampa, rimarcando il ruolo fondamentale dei partner coinvolti tra cui la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo. Un’Europa che comprende non solo i collegamenti matrimoniali dei marchesi con le consorti – tra tutte, Margherita di Foix, sposa di Ludovico II che per lei modificò e ampliò la Castiglia – ma anche i riferimenti letterari come la novella del Boccaccio, Griselda, e lo Chevalier errant di Tommaso III marchese di Saluzzo.
Insomma, la città di Saluzzo, con il Museo della Civiltà Cavalleresca, torna a far rivivere gli antichi splendori del Quattrocento in cui la città era al centro, come scrive il prof. Comba, di un sistema di relazioni collegato di volta in colta al papato, all’Impero, all’Inghilterra, al regno di Francia, a quello di Aragona, agli Angioini, al ducato di Milano, alla Sicilia, alla Sardegna e agli stati grandi e piccoli della Penisola.
Lo straordinario allestimento del museo (vanno ricordati, tra gli altri, il responsabile del gruppo di progettazione, arch. Ugo Mauro e l’arch. Federica Maffioli dello Studio Maffioli di Saluzzo), collocato al terzo piano della manica ottocentesca, ha un impiantivo narrativo che si sviluppa lungo un circuito ad anello, articolato in undici sale, ognuna delle quali illumina un aspetto o un momento significativo della società cavalleresca e cortese nel marchesato e presenta uno o più personaggi-chiave dei singoli momenti storici: dal mito della Griselda agli uomini d’arme, dal mondo della cavalleria alla zecca di Saluzzo, passando attraverso le vite dei grandi protagonisti come Tommaso III, Ludovico I e Ludovico II.
Dall’altro lato poi, quello che abbiamo definito come la disperazione perché la Castiglia, terminati i fasti rinascimentali, ritornò al centro dell’attenzione come istituzione penitenziaria, caratterizzando gran parte della storia del Regno di Sardegna e dello Stato nazionale. Dalla sua inaugurazione nel 1828, la Castiglia ha accompagnato la fase risorgimentale, i primi decenni dell’Unità nazionale, il ventennio fascista, l’avvento della Repubblica sino alla chiusura messa in atto nel 1992; a ciascuno di questi periodi storici hanno corrisposto diverse concezioni della pena e diverse scelte di politica criminale.
Il curatore del Museo della memoria carceraria, prof. Claudio Sarzotti, ha ripercorso tali vicende attraverso un allestimento multimediale di grande impatto emotivo. Un inedito percorso museale di indubbia suggestione che si snoda nella sequenza delle antiche celle di isolamento al piano seminterrato della Castiglia. Durante la visita possiamo così scoprire personaggi famosi (da Tocqueville a Bentham, da Lombroso a Pellico, da Giulia Falletti Colbert a Cavour), guardiani e funzionari dello Stato sconosciuti al grande pubblico reincarnatisi in ologrammi parlanti, pericolosi briganti (il terribile Francesco Delpero che viene qui rappresentato con un manichino parlante) e poveri emarginati finiti in carcere per piccoli reati, che compongono il quadro della storia del primo carcere moderno del regno sabaudo.
Ma il Museo della memoria carceraria è anche l’occasione per sondare i suoi inesauribili rapporti con il mondo dell’arte, del cinema, della letteratura, della musica. Una biblioteca multimediale consentirà di rivivere negli spazi virtuali della Castiglia i racconti e i personaggi (veri e virtuali) che la pagina scritta e la celluloide hanno costruito sulla prigione (da Papillon al Conte di Montecristo, da Antonio Gramsci a Silvio Pellico). All’allestimento del museo hanno partecipato accademici e operatori penitenziari, ex detenuti e gli stessi cittadini di Saluzzo, intervistati sui ricordi di un carcere che si trovava nel pieno centro cittadino. Gli studenti e i docenti del Liceo G. Soleri e A. Bertoni di Saluzzo hanno contribuito all’allestimento, attraverso la costruzione di manufatti, dipinti e oggetti storici ricostruiti in base a documentazione rigorosamente d’archivio.
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