Bologna, la Coralla con l'orecchino di perla
Bologna. Nel furore che ha preso i bolognesi per «La ragazza con l’orecchino di perla» di Vermeer in mostra a Palazzo Fava, la Galleria ABC in collaborazione con Genus Bononiae, espone fino al 28 febbraio nella sede di via Farini 30 a Bologna il «Ritratto di dama in veste di Cleopatra», opera del bolognese Giuseppe Maria Crespi e commissionato all’artista da un aristocratico inglese pazzo d’amore per la cantatrice bolognese Antonia Maria Laurenti detta «La Coralla», per il nome datole da Benedetto Marcello nella sua satira Il Teatro alla Moda.
Nata a Bologna intorno al 1700, figlia del compositore e violinista Bartolomeo Girolamo Laurenti (Bologna, 1644-Bologna, 1726), tra i fondatori nel 1666 dell'Accademia Filarmonica di Bologna, primo violino della Cappella musicale della Basilica di San Petronio, insegnante di Giuseppe Torelli e di Arcangelo Corelli, «La Coralla» fu star dell’Opera italiana per Haendel e Vivaldi fra il 1715 e il 1735 specializzata, per la voce di contralto, in ruoli maschili, e decorata del titolo di «Virtuosa del Re di Polonia» da Augusto III di Sassonia. Per il ritratto della cantatrice Crespi riprese l’episodio, già celebrato nel noto affresco di Giambattista Tiepolo a Palazzo Labia a Venezia, dandole le vesti di Cleopatra che scioglie la perla. Probabilmente leggendario, perché comunque in contrasto con l’avvedutezza di una sovrana come Cleopatra VII, l’aneddoto è ripreso da Plinio il Vecchio nella sua «Naturalis Historia», in cui narra di Cleopatra sfidata da Marco Antonio sull’impossibilità di realizzare un banchetto del valore di 10 milioni di sesterzi: «i servi presentarono alla regina un solo grande calice colmo d’aceto. Lei si tolse dall’orecchino che indossava una perla a goccia e la fece cadere nell'aceto. E quando si sciolse del tutto, lo bevve». Secondo Plinio, la perla era «la più grossa di tutta la storia, un lavoro notevole e unico della natura», del valore appunto di 10 milioni di sesterzi. L’episodio, considerato credibile dagli antichi, per gli storici moderni è sempre stato ritenuto frutto di fantasia, e tale rimane nonostante Prudence Jones della Montclair State University del New Jersey e Adrienne Mayor della Stanford University abbiano dimostrato in due distinte ricerche che l’acido acetico è in grado di sciogliere il carbonato di calcio della perla.
La tela di Crespi, datata da Francesco Arcangeli tra il 1728 e il 1730, epoca coerente col successo e con l’età della Coralla, rientrò dalla Gran Bretagna nella patria bolognese solo negli anni Cinquanta del Novecento, grazie all’acquisto da parte di un collezionista la cui famiglia ne è ancora proprietaria. Un’occasione rara, perciò, per ammirare l’opera di Crespi e di conoscere la sua storia a mezza via fra il romantico e la curiosità scientifica, oltre che di caposaldo della produzione ritrattistica di Giuseppe Maria Crespi.
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