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Aquilea di Lucca. Alla Chiesa di San Leonardo aperitivi e rievocazioni. In attesa dell’epilogo

  • Pubblicato il: 16/11/2015 - 00:00
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Rubrica: 
FONDAZIONI D'ORIGINE BANCARIA
Articolo a cura di: 
Manlio Lilli

Sulla sommità di un colle, nelle campagne di Aquilea, piccola frazione del Comune di Lucca, ci sono i resti della Chiesa dedicata a San Leonardo. La sua distruzione é avvenuta nel settembre del '44 quando il colle fu pesantemente bombardato dagli Alleati. Dell'edificio, risalente presumibilmente al XII secolo, rimangono i muri perimetrali e fino a pochi mesi fa il campanile. Gettato al vento il finanziamento di 70mila della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. Esauriti i termini di erogazione
 

E’ stato segnalato tra i luoghi del cuore, il censimento promosso dal Fai, sia nel 2010 che nel 2012 e nel 2014 (http://iluoghidelcuore.it/luoghi/lu/lucca/castellaccio-di-aquilea/6301) . Compare nell’Atlante delle segnalazioni paesaggistiche della provincia di Lucca. In rete alcuni video, soprattutto quello con immagini dall’alto, meglio delle foto, ne documentano il più che precario stato di conservazione. E’ la chiesa di San Leonardo, in località Castellaccio, nei dintorni di Aquilea. A dominio della Piana di Lucca, della vallata del fiume Serchio. In una radura circondata da boschi. Un rudere. Poco più. Dell’edificio riferibile probabilmente al XII secolo restano i muri perimetrali che delimitano la navata, con l’abside sul lato di fondo. Manca la copertura, manca una porta che ne impedisca l’accesso. La struttura mostra, chiari, i segni del lungo abbandono. La rovina, provocata dalle operazioni militari che nel sito si sono verificate nel corso della seconda guerra mondiale (http://www.leonardouno.net/intorno-a-lucca/aquilea) . La muratura evidenzia in più punti lesioni anche se é soprattutto all’interno che la situazione appare più compromessa.  Piccoli crolli sono rilevabili in più punti. Si cammina su un piano alterato dai materiali edilizi e dalla presenza di vegetazione infestante. Rimaneva anche parte del campanile. Almeno fino ad aprile 2015 quando, dopo gli ennesimi crolli, la chiesa è stata recintata e dichiarata inagibile dai locali vigili del fuoco. Non solo. La Curia, proprietà dell’immobile, ha ricevuto un’ingiunzione per la messa in sicurezza. Sembrava l’avvio di una nuova storia per l’edificio da decenni in abbandono. Il Comitato paesano di Aquilea era convinto che si potesse finalmente partire con i restauri. Interventi più volte sollecitati. Ma mai realizzati. Nonostante la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca (http://www.fondazionecarilucca.it/), ente particolarmente attivo nel settore dei Beni Culturali, avesse erogato anche un finanziamento di 70mila euro. Il motivo? Divergenze sulle modalità di restauro con il vecchio parroco. Risorse sprecate, insomma. Ma ecco la nuova chance. Il nuovo progetto presentato. In attesa di reperire le risorse necessarie si sarebbe dovuto smontare il campanile e le parti pericolanti, provvedendo ad una catalogazione. Così da restituire il tutto, quando possibile.  Operazione tutt’altro che nuova. Eppure non è andato come avrebbe dovuto.
“I lavori hanno ben poco a che fare con un restauro conservativo, avendo il carattere di una vera e propria demolizione. Le pietre del campanile, risalente al 1700 circa, vengono gettate all’interno della chiesa senza nessun tipo di catalogazione o di riguardo, frantumandosi e frantumando anche le decorazioni in laterizio del pavimento e delle pareti. E questo nonostante il fatto che i lavori vengano supervisionati dalla Sovrintendenza”, ha riportato ad aprile una testata locale online. Documentando l’accaduto con un video del presunto scempio.
Un monumento importante. Di più. Un luogo di identificazione culturale perché documento della lunga storia della frazione di Aquilea, mortificato. Lasciato in un colpevole abbandono, dal quale non lo sottraggono le rievocazioni storiche, né tantomeno gli aperitivi agostani. Sembra spacciato quel che rimane della chiesa. Troppo lontano da un centro “importante” che ne accresca l’appeal. Ma anche incapace di attrarre investitori che abbiano voglia di puntare sulla sua valorizzazione. Perché ormai sembra essere questo l’orientamento. Bandire una sorta di asta alla quale partecipa chi può. Aggiudicarsela molte volte significa impegnare risorse ma anche proporre un riutilizzo «redditizio». La valorizzazione che non comporti una sorta di rigenerazione del sito non sembra più contemplata. Per questo sembra tirare una brutta aria su San Leonardo. Il suo destino, quello di rudere.  Fino all’ultimo crollo. 
 
 
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