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Alla Fondazione Tito Balestra l’omaggio a Ilario Fioravanti

  • Pubblicato il: 27/04/2012 - 15:25
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Stefano Luppi
Fioravanti_Ilario

Longiano (Fc). La Fondazione Tito Balestra onlus, nata nel 1990 nei locali del Castello Malatestiano di Longiano, continua la sua attività espositiva temporanea con la rassegna «Di segni incisi. Omaggio a Ilario Fioravanti», da domani (28 APRILE) al 24 giugno presso l’ex chiesa della Madonna di Loreto – Oratorio Barocco di San Giuseppe. A pochi mesi dalla scomparsa dell’artista che se n’è andato il 29 gennaio scorso a 89 anni la fondazione, in collaborazione con il Comune, la Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena, la Provincia di Forlì-Cesena e il Museo di Arte Sacra di Longiano, hanno voluto offrire un sentito omaggio all’artista e alla sua opera. «Avremo voluto farlo al momento della morte, spiegano i curatori Flaminio Balestra e Massimo Balestra, ma l’emergenza neve che ha colpito la Romagna l’inverno scorso ci vede pronti solo ora». All’inaugurazione del 28 aprile presso la sala dell’Arengo del Castello Malatestiano saranno presenti Darco Pellos, Commissario straordinario del Comune, la vedova Adele Briani Fioravanti, Tinin Mantegazza, presidente della Fondazione Balestra, Massimo Bulbi presidente della Provincia, Bruno Piraccini, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena e lo psichiatra Vittorino Andreoli, amico dell’artista e autore nel 2010 della monografia «Le mani nella creta. I mondi di Ilario Fioravanti». La rassegna pone in rilievo un aspetto finora poco indagato nel lavoro dello scultore cesenate: la valenza e la peculiarità del suo segno inciso sia nell’opera plastica sia in quella calcografica. Il segno era utilizzato da Fioravanti per giungere alla registrazione del «gesto», la traccia di una sintesi immediata e necessaria per elaborare e fissare lo stato emozionale del momento che scava in un affondo nell’intimo, attraverso la percezione e la sua resa grafica. Soprattutto nelle opere grafiche esposte emergono tracce e appunto segni tanto più indelebili quando incisi, graffiati ora con estrema delicatezza ora con un impeto gestuale carico di eccitazione. L’artista è decisamente maggiormente noto come scultore e un architetto, mentre questo appuntamento permette di conoscerlo sotto l’aspetto di disegnatore e incisore: finora sono stati catalogati 440 titoli all’incisione in particolare a puntasecca, ma anche ad acquaforte e  linoleografia. La selezione di puntasecche, di terrecotte e di maioliche presenti in mostra propone dunque una lettura della sua opera per mezzo del segno come gestualità, la medesima gestualità che lo ha portato a realizzare le sue opere plastiche. Fioravanti ha nutrito sempre una profonda passione per lo studio dell’arte e ne era un conoscitore non comune, da quella preistorica e rupestre a quella classica, da quella antica a quella moderna e contemporanea, con una particolare attenzione e ammirazione per quella precolombiana e africana. L’artista nasce a Cesena il 25 settembre del 1922 e fin da giovanissimo, prima con il disegno poi attraverso l’incisione e la scultura, si avvicina alle arti figurative. Nel 1949 si laurea in architettura a Firenze e la professione di architetto, che svolge vincendo concorsi e realizzando edifici pubblici, di culto e privati, pur allontanandolo per circa quindici anni da un rapporto continuativo con l’attività artistica, non lo distacca tuttavia da una necessità «organica» di testimoniare ogni sua emozione ed esperienza attraverso il disegno. Negli anni Sessanta ritorna alla scultura realizzando una serie di ritratti, mentre nei due decenni successivi si appassiona alle espressioni artistiche arcaiche e guarda con interesse l’arte egizia, le terrecotte della civiltà mesoamericana, le sculture nuragiche, l’arte etrusca e appunto africana. La Fondazione organizzatrice dell’esposizione deve il suo nome a Tito Balestra (Longiano 1923-1976): si costituì infatti grazie all’atto di liberalità della moglie, Anna Maria De Agazio, la quale dopo la prematura morte del marito, nel 1986 donò alla fondazione l’intero patrimonio figurativo, per un totale di oltre 2000 opere fra olii, opere di grafica e di scultura. Con gli anni la collezione ha continuato ad arricchirsi grazie a numerosi lasciti e donazioni (altri 900 pezzi) di amici, parenti e artisti entrati in contatto con il poeta, ragion per cui si manifestò la necessità di uno spazio apposito che si sostituisse alla temporanea esposizione che dal 1982 si teneva presso una sede del Comune. Nel 1989 questo ente con la Provincia di Forlì-Cesena, la Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena, la Soprintendenza ai Beni Storici ed Artistici di Bologna e alcuni familiari di Tito, divenne attivo e fu trasferito presso i locali del Castello in occasione dell’inaugurazione del 1991. Oltre a mostre la Fondazione, dal 1999, insieme ad alcuni esponenti della Scuola Operativa Italiana, ha costituito il «CIDO - Centro Italiano di Didattica Operativa»
 
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