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Alcune riflessioni sul «Primo studio sull’Industria della Cultura e della Creatività in Italia»

  • Pubblicato il: 26/02/2016 - 11:48
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Enrico Bertacchini e Giovanna Segre

«Italia Creativa – Primo studio sull’industria della Cultura e della Creatività in Italia» è la nuova ricerca prodotta da Ernst & Young in collaborazione con Mibact, SIAE e 19 associazioni di categoria, che ci ricorda quanto cultura e creatività siano importanti per il nostro Paese e rappresentino un settore che contribuisce in modo rilevante all’economia Italiana. I settori individuati nello studio si riferiscono ad attività artistiche (Arti visive e Arti Performative), alle principali industrie culturali (Libri, Musica, Cinema, Radio, Quotidiani e Periodici, Pubblicità, Televisione) con l’aggiunta dei servizi per l’Architettura e hanno generato nel 2014 un valore economico totale di 46 miliardi di euro, pari al 2,9% del PIL
 
 
 
 
La ricerca, presentata il 20 Gennaio, ha già ricevuto ampia copertura mediatica, i suoi risultati sono stati sintetizzati in modo eccellente così come i suoi contributi in termini di policy e le indicazioni strategiche. Superata l’eco mediatica, però, questo studio invita a sviluppare alcune riflessioni che speriamo possano contribuire al dibattito sull’utilità di misurare i settori delle industrie culturali e dell’economia creativa in Italia. Fa riflettere, innanzitutto, che questo studio si definisca il «primo», pur essendo in realtà l’ultimo di una serie ormai abbastanza nutrita di lavori dedicati al tema. Il primo certamente non lo è, ma in un certo senso possiamo pensare che a suo modo lo sia. Ognuno degli studi pubblicati a partire dal «Rapporto sull’economia della cultura in Italia 1990-2000» di Bodo e Spada rappresenta, infatti, un mondo a sé stante, che misura con metodologie diverse, adottando perimetri settoriali diversi per definire l’oggetto dello studio, e che fatica a consentire confronti tra Paesi e nel tempo. Misurare è fondamentale, per dibattere, per interpretare, per deliberare. Ma se tra chi condivide queste necessità non c’è anche condivisione di metodi e definizioni, le analisi rischiano di portare poco lontano o addirittura fuori strada.    
 
Misurare per dibattere
Come dimostrano molti studi che hanno definito e misurato il contributo economico delle industrie culturali e creative nel mondo, uno dei primi obiettivi di questi esercizi di misurazione è quello di porre al centro del dibattito pubblico la cultura e la creatività, la cui rilevanza strategica per l’economia e la società viene spesso sottovalutata. Tuttavia, per dimostrare la forza di questo settore di difficile definizione attraverso i suoi numeri, è necessario che la metodologia definitoria e le fonti attraverso le quali si ottengono le stime quantitative siano dettagliatamente spiegate e facilmente accessibili, così da permettere agli addetti ai lavori e all’opinione pubblica un dibattito costruttivo sulla definizione delle attività culturali e creative nonché del loro reale valore economico. Questo aspetto, ossia una appendice metodologica chiara ed esaustiva, sembra mancare nello studio Ernst & Young e auspichiamo che possa essere resa pubblica per favorire il dibattito.
 
 
Misurare per interpretare
I dati forniti nello studio suggeriscono una relativa importanza economica delle industrie culturali e creative in Italia, ma allo stesso tempo evidenziano come nel periodo 2012-2014 il macrosettore abbia sofferto una profonda contrazione di circa il 4% del “valore economico totale”. Questo dato tendenziale, utilissimo in sé per comprendere l’evoluzione e vitalità economica delle industrie culturali e creative in Italia, pone invece la questione di come debba essere interpretato alla luce di dinamiche più generali o in comparazione con altri settori. Possiamo in altre parole affermare che in questi anni di crisi la performance economica delle industrie culturali e creative in base alla definizione proposta sia stata migliore o peggiore di indicatori nazionali come il PIL o della performance di altri settori?
 
 
Misurare per deliberare
Lo sviluppo di indicatori che misurino il valore della produzione culturale e dell’economia creativa è un processo intellettuale difficile e costoso perché cerca di fotografare sfere dell’attività umana complesse e spesso intangibili. Tuttavia è un passo necessario se si vuole rimettere al centro la cultura nel nostro paese e sviluppare strategie di lungo periodo per sostenerla. Misurare è importante, ma è ancora più importante dare continuità alle misurazioni per comprendere l’evoluzione dei fenomeni e monitorare l’efficacia delle politiche. In questo prospettiva, la ricerca propone una nuova perimetrazione delle industrie culturali e creative che in parte si discosta da precedenti esercizi di misurazione compiuti da molti anni in Italia (si veda ad esempio il «Libro Bianco sulla Creatività in Italia» coordinato nel 2009 dal prof. Walter Santagata ed i seguenti rapporti annuali di Symbola e Unioncamere) o da categorizzazioni proposte a livello europeo (come nel «Libro Verde sulle Industrie Culturali e Creative»). Ciò chiaramente rende difficile per i decisori politici un monitoraggio costante del settore, come avviene ad esempio in altre esperienze europee dove da anni è stata adottata ufficialmente una definizione di industrie culturali e creative e vengono periodicamente pubblicati bollettini statistici con dati che includono valore aggiunto, imprese, addetti, esportazioni e produttività di questo settore.
 
© Riproduzione riservata
 
Enrico Bertacchini, Università degli Studi di Torino e Centro Studi Silvia Santagata
Giovanna Segre, Università IUAV di Venezia e Centro Studi Silvia Santagata

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