Ad ArtLab 2013, un tavolo di confronto su come la Cultura si innova
Lecce. Per la prima volta riunite in un tavolo operativo, diverse realtà che lavorano nel settore culturale: Fondazioni di origine bancaria (Cariplo), Fondazioni d'impresa (Unipolis, Accenture, Valerio Zingarelli onlus), associazioni (DoppioZero) e incubatori (The Hub e Make e Cube), centri di ricerca (Fondazione Fitzcarraldo e Università Bocconi). Il nostro Giornale come agitatore.
Viviamo una stagione dorata per la fioritura di bandi dedicati alle imprese creative e alle idee che possano valorizzare e innovare il settore culturale, attraverso azioni a favore del Patrimonio culturale, della filiera economica della creatività. E si pensi ai bandi Ars-di Accenture, Culturability di Unipolis, IC-di Fondazione Cariplo, CheFare di DoppioZero, al Premio Marzotto.
Le ragioni dalle più svariate, ma accomunate dalla reciproca intenzione di dare una smossa al sistema che è riconosciuto foriero di grandi opportunità economiche, caratterizzanti il Sistema Paese, competitive nello scenario internazionale.
La parola che ricorre è innovazione, ma una chiara definizione di che cosa voglia dire o un metodo da seguire per innovare, non esistono ancora. Non si tratta solo di innovazione di contenuto, ma di processo, di organizzazione, di visione strategica.
Siamo in una fase di presa di coscienza, dove anche i termini cominciano a prendere corpo mentre le buone pratiche sono in fase embrionale. La sperimentazione guida i processi e le intenzioni del momento. La grande esclusa da questa attività rimane la Pubblica Amministrazione, che comunque è l'interlocutore primario al quale indirizzare le istanze innovative. Altre e alternative sono dunque le Reti che stanno collaborando, che hanno cominciato a confrontarsi e che mettono a disposizione denari per una chiamata di idee.
Quello che circostanzia tutte le varie azioni è il focus sulle giovani generazioni.
I parametri anagrafici sono attualmente un primo metro di valutazione di questa effervescenza. Ma il potenziale in termini di indicatori sociali che ne emerge dallo studio approfondito delle realtà che stanno rispondendo alla chiamata dei bandi, è enormemente rilevante per descrivere un mondo invisibile, dove si sta giocando la partita dell'innovazione.
Innovare è faticare perché un'idea prenda corpo e diventi processo. Innovare non vuol dire solo essere giovani. Ma innovare significa aprire brecce in mura solide, che delimitano confini. Aprire. Aprirsi. Ma anche ascoltare e ascoltarsi, identificarsi, ma anche ritrovarsi.
Un'istanza forte emersa dal confronto, è stata quella di sfondare nel sistema della motivazione. Innovare significa pervadere i processi dati, e scardinare le logiche di conservazione, soprattutto in quei luoghi deputati alla conduzione delle attività culturali.
Per esempio, l'esperienza dei distretti culturali di Fondazione Cariplo sta dimostrando che il dialogo «inter», ovvero inter-settoriale, inter-disciplinare, inter-istituzionale, ma soprattutto inter-funzionale ripaga faticosamente.
Capire chi sono i veri decisori, quei corpi intermedi, non ai primi livelli di rappresentanza, ma quelli che attraversano le fasi politiche indenni, mantenendo il potere delle funzioni e delle decisioni, sono gli interlocutori ideali nelle pubbliche amministrazioni. Uno scouting faticoso.
L'altra faccia del fenomeno «bando» è la società civile, la base che vuole partecipare, vuole portare le proprie idee, vuole tentare i bandi, anche solo per entrare in relazione con le istituzioni, anche solo per trovare uno spazio di riconoscimento dove dare voce.
Un sottobosco, un mondo underground, un humus forse in grado di restituire un'Italia attualmente senza rappresentanza.
Le varie realtà convenute denunciano una crisi del welfare e della funzione pubblica.
Si tratta anche di una crisi sociale e non solo economica, e soprattutto della Politica che per molti anni è stata davvero l'agente aggregatore della base civile. Venendo a mancare le case del popolo, gli oratori, gli appuntamenti civici che animavano la partecipazione negli anni passati, le persone hanno voglia di aggregarsi, di trovare somiglianze, di non sentirsi soli. Le nuove vie di comunicazione sono affidate alla rete: dalle riunioni di sezione, a forum virtuali, dove esserci, postare un commento significa esistere, fare parte. Cosa può fare la Cultura? Tornare ad aggregare, ma favorendo contenuto, qualità, formazione, educazione.
Nel tavolo, una voce richiama con forza il valore fondamentale della formazione, dell'educazione. Alle idee che hanno aderito ai Bandi non seguono strutturate e competenti descrizioni, né elementi di concretizzazione come piani di business e piani economici. L'integrazione contenuto-progetto-profitto ancora non costituisce una catena di valore del settore culturale. L'abitudine alla sussidiarietà non ha favorito la cultura della concretezza, della sostenibilità, della scalabilità. Per questo gli Enti offrono denaro, ma soprattutto know-how, un set di consulenze per mettere in grado le idee di diventare progetti. Non più e solo una logica di sussidiarietà, di supporto a pioggia, ma la messa a reddito dell'esperienza del bando, ha permesso una nuova presa di coscienza anche per le realtà erogatrici.
Quello che si cerca ora è mettere a sistema, ottimizzare, rendere replicabili esperienza positive. Questo l'obiettivo dei bandi, sebbene non sia ancora chiaro che futuro si costituirà, cosa si delineerà, che tipo di imprese avranno origine, quale nuova «rivoluzione industriale» ne possa sortire.
Anche la letteratura economica dovrà adeguarsi a inediti descrizioni di sistema.
Da una parte innovare in cultura non significa solo dare spazio ai giovani, ma anche valorizzare quanto c'è come esperienza di successo e eliminare quanto non funziona. Non si tratta di una battaglia «nuovo contro vecchio», ma tra funzionale-dinamico e conservatore-immobile.
L'importante è inquadrare di che cosa si sta parlando. Chi fa innovazione. Dove si fa innovazione. Quanta innovazione va fatta per essere davvero efficace.
Perché il settore pubblico innova con fatica. Dove aprire varchi e spazi di collaborazione.
La Legislazione dei beni culturali deve dare il suo contributo svecchiandosi, aggiornandosi, passando da una logica di conservazione, alla logica della valorizzazione che implica l'ingresso del principio di selezione: non tutto è meritevole di conservazione, soprattutto quando non si accompagna a un chiaro progetto di valorizzazione.
Questo vale anche per le FOB che investono quasi un terzo del loro Patrimonio in restauri.
Dal giro del tavolo è emerso che c'è voglia di accorciare le distanze fra istituzione e società civile: la forma del bando è diretta, trasparente e democratica.
Il bando è di per sé opportunità di apprendimento ambivalente, verso chi partecipa, verso coloro che bandiscono. C'è bisogno di accompagnamento, di condivisione e di apprendimento.
L'innovazione sociale a base culturale è un esperimento in corso che ha al suo attivo già diverse esperienze di valore. Per tradurle da esperienze puntiformi, a buone pratiche e processo, bisogna raccontarle, per renderle fruibili al di là dei contesti di riferimento.
La Cultura deve uscire dai propri confini, per pervadere altri ambiti della vita civile. Per fare questo deve imparare altri linguaggi e formule. Si tratta di ristabilire rapporti di contatto, contiguità e fiducia fra corpi civili della società.
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