1 milione di euro per creare nuovi posti di lavoro con la cultura
MILANO. Qualche giorno fa, sul sito del Financial Times, appariva un articolo di Rachel Sanderson sulla sponsorizzazione di Fendi per il restauro della fontana di Trevi e delle Quattro Fontane di Roma. L’incipit della notizia era dedicato alla connessione tra il «Brand Italia» e il patrimonio storico-artistico della nazione: «l’UNESCO definisce l’Italia come il Paese culturalmente più ricco al mondo, e i produttori dei beni italiani ammettono apertamente che l’aura del “Brand Italia” sostiene l’export dei loro prodotti». Arguendo che è quella stessa aura a permettere la maggiorazione di prezzo dei prodotti made in Italy, l’autrice passava velocemente al nocciolo della questione. «Da lungo tempo la misurazione del valore e l’investimento nelle ricchezze della storia d’Italia, nelle sue città d’arte, nelle spiagge e nelle montagne che costituiscono il suo fascino immateriale, sono stati dimenticati dai leader del Paese». In una parola, Sanderson enunciava quel paradosso tutto italiano del mancato investimento sul principale asset strategico della nazione: la cultura.
Se in quest’ultima campagna elettorale la cultura è ancora la grande assente, molto dobbiamo al Terzo Settore che, con una nuova staffetta di bandi erogativi, sta imprimendo una sferzata di fiducia alle organizzazioni culturali italiane. Sono i bandi: «Funder35», promosso da 10 fondazioni di origine bancaria con 900mila euro complessivi per giovani organizzazioni, pronto per la seconda edizione; «Che fare» di Doppiozero e Fondazione Ahref, con oltre 500 progetti partecipanti e 100mila euro per il neo-proclamato vincitore «Lìberos» e, più recente, «ARS. Arte che realizza occupazione sociale» di Fondazione Italiana Accenture[1], aperto fino al 25 marzo 2013, con 1milione di euro per «realizzare l’idea che meglio saprà generare valore per la collettività facendo leva sul patrimonio artistico» italiano.
Sono tutte call studiatissime, di per sé veri e propri interventi di politica culturale, che mettono a fuoco la necessità di pensare alla valorizzazione della cultura come motore per la crescita sociale: premiano, cioè, progetti che agiscono sulla dimensione identitaria del patrimonio storico-artistico o sulle leve d’integrazione e coesione sociale della produzione culturale contemporanea in un’ottica generale di sviluppo economico attraverso la messa in piedi di servizi aggiuntivi e prodotti che garantiscano sostenibilità e durata al progetto. Il tutto, puntando sull’utilizzo delle tecnologie e dei social media, in un Paese che ha ancora un altissimo «digital divide»[2].
«ARS. Arte che realizza occupazione sociale», in particolare, sembra un’evoluzione dei bandi che l’hanno preceduto perché, oltre alla volontà di dimostrare che anche in Italia è possibile parlare di cultura e beni culturali in termini imprenditoriali, pone l’accento sul naturale sillogismo che casi imprenditoriali di successo generino nuovi (e numerosi) posti di lavoro. «Oggi l'occupazione si può generare solo nei settori eccellenti, che in Italia vanno dal fashion al food, alle nanotecnologie. Il patrimonio culturale è sempre stato visto come qualcosa da salvaguardare, da far conoscere, non come una risorsa eccellente. Il bando, invece, ha messo in evidenza che questa eccellenza, che è la più importante e la più significativa, vada innovata e rinnovata all'interno di un’ampia serie di elementi, primo fra tutti la tecnologia» spiega Bruno Ambrosini, Segretario Generale di Fondazione Italiana Accenture, «dimostrando che possono esserci progetti innovativi in grado di creare opportunità di lavoro, favorendo lo sviluppo di competenze e di know-how per la valorizzazione del patrimonio artistico del nostro Paese».
Mentre entriamo nel quinto anno di crisi economica, l’Italia ha chiuso il 2012 con un tasso di disoccupazione pari all’11,2%, con 2milioni e 875mila disoccupati, di cui il 36,6% sono giovani[3]. «L'enfasi che questo bando pone sulla dimensione dell'occupazione deriva dalla considerazione che, se effettivamente vogliamo che il nostro patrimonio sia una rappresentazione di quanto di più alto ci identifica, dobbiamo renderci conto che la realizzazione, la manutenzione e la valorizzazione di questo patrimonio richiede una varietà di competenze che sono in buona parte molto specializzate e molto legate fisicamente al territorio. Se storicamente il patrimonio è stato visto come immanente, oggi attorno al patrimonio è possibile immaginare nuove forme di creazione di lavoro di natura imprenditoriale, nel rispetto delle caratteristiche del patrimonio stesso. Ultima caratteristica interessante del bando è che questo lavoro può esprimersi in una varietà di forme giuridiche e modalità. Sostenibilità e continuità del progetto sono importanti perché non si tratta di un bando che finanzia un'idea, ma un progetto destinato a durare nel tempo, proprio come il nostro patrimonio» aggiunge Paola Dubini, Direttrice del Centro ASK della Bocconi e membro della giuria del premio.
Il bando, quindi, si rivolge a quelle organizzazioni culturali che si stanno muovendo verso l’imprenditoria culturale, chiedendo loro di interessarsi a un bene culturale pubblico (nello specifico il regolamento parla di «pittura, scultura e architettura») in un’ottica di cooperazione pubblico-privato, che nella nostra storia ha conosciuto esempi importantissimi: del resto, anche Papa Sisto V, per finanziare la costruzione delle Quattro Fontane, si affidò ai ricchi privati i cui palazzi si affacciavano sul famoso incrocio. Oggi questo non è più sufficiente.
«Per la reale valorizzazione del nostro patrimonio, abbiamo bisogno di attori pubblici forti, attori privati forti e attori del Terzo Settore forti. Non ce la caviamo con uno solo di questi e su tutti e tre i fronti c'è da lavorare. Ben venga che ci sia la possibilità di sperimentare, provare, fare insieme» dice Paola Dubini, facendomi pensare che è un’ottima notizia che Fendi s’interessi al restauro delle fontane romane – ancorché per ancorare il suo brand alla città della Dolce Vita – ma ancora più importante è che sia data la possibilità alle giovani organizzazioni di progettare un'impresa culturale condivisa con la propria comunità, come si augura Ambrosini, «credo che il valore di questo bando risieda nella sua capacità di fare da apripista. 1 milione di euro è un impegno importante per la nostra Fondazione ma, rispetto a quanto si può fare in Italia, è una goccia d'acqua. Sarà un bando significativo se altri potranno lanciare iniziative simili e se gli attori del Terzo Settore, iniziando da quelli più importanti, si allineeranno, creando una forza capace di portare avanti un profondo cambiamento. E’ nella volontà della Fondazione rappresentare un anello di congiunzione, un momento che porta avanti, cambia e integra tutte quelle forze – e sono tante – che possono fare del nostro milione, tanti milioni».
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[1] La Fondazione Italiana Accenture, nata nel 2002 dalla società di consulenza Accenture, si propone di «promuovere l’innovazione a favore dello sviluppo sociale e culturale attraverso la realizzazione di progetti concreti a favore della collettività e con chiarissime finalità sociali». E’ attiva in tre ambiti: sviluppo sostenibile, educazione dei giovani e cultura digitale. Lo strumento principale della Fondazione è il portale ideaTRE60, un social media dedicato allo sviluppo dell’innovazione a favore della collettività attraverso la condivisione di idee e realizzazione di progetti basati su soluzioni tecnologiche avanzate.
[2] «Al 2010 una famiglia italiana su 2 non ha un collegamento alla rete e solo una su 3 possiede Internet in banda larga. Il numero di italiani del tutto privi di copertura online è di 2,3 milioni. Un numero che raggiunge quota 23 milioni (il 38% della popolazione), se si considerano i servizi d’accesso più tecnologici in grado di consentire fino a 100 Megabit al secondo» da Il Sole 24 Ore, 20 aprile 2010, «Digital Divide. Italiani senza rete ancora il 2% nel 2011».
[3] Fonte ISTAT dicembre 2012
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Paola Dubini
Bruno Ambrosini
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