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«Connettere cultura, comunità e democrazia» nell’azione della European Cultural Foundation (ECF)

  • Pubblicato il: 13/12/2013 - 10:22
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DAL MONDO
Articolo a cura di: 
Stefania Crobe

La European Cultural Foundation è stata fondata circa 60 anni fa. Quali sono gli obiettivi, le strategie e gli strumenti d’intervento?
Crediamo che l’ECF coinvolga e ispiri le persone a trascendere i confini di ogni genere e nel potere della cultura di creare connessioni per la creazione di una società aperta, inclusiva e democratica. L’ECF è stata fondata a Ginevra nel 1954, tra i fondatori c’erano il filosofo svizzero Denis de Rougemont, l'architetto della Comunità Europea Robert Schuman e il Principe Bernardo d'Olanda, sotto la cui presidenza la Fondazione si è trasferita nella attuale sede di Amsterdam. Queste influenti personalità credevano fermamente che la cultura fosse un ingrediente vitale in Europa per la ricostruzione post-bellica e l’elaborazione del recente conflitto. Da allora questi sforzi si sono sviluppati nell'attuale stato di interdipendenza economica, politica e culturale in Europa.
ECF cerca di colmare il divario tra le persone e le istituzioni democratiche, collegando una rete di cultural change-makers locali e aiutando una comunità a livello europeo a far emergere il potere della cultura e della creatività per infondere nuova vita alla democrazia. Nuovi fenomeni culturali e sfide socio-politiche nascono in tutta Europa «dal basso», vicino ai cittadini che spesso vivono e lavorano in realtà molto distanti dalla politica e dai processi decisionali, dove prende piede il cambiamento attraverso la cultura.
Insieme a una costellazione di una ventina di organizzazioni culturali europee che fungono da community hub, ancorate in una scena locale o sfera tematica molto più grande, vorremmo stimolare il cambiamento e facilitarlo ad attraversare diverse discipline, diversi settori, diverse generazioni e, in ultimo, all’intera società. Vorremmo sensibilizzare rispetto al potenziale creativo per generare, attraverso le loro pratiche culturali, nuovi modelli sociali, ambientali, economici e democratici.
La nostra ambizione è quella di entrare in contatto con decine di migliaia di persone, alimentando una rete di cultural change-makers influenti.
«Connettere cultura, comunità e democrazia» è il tema conduttore di tutte le attività nel quadriennio 2013-2016.

Tra gli assi d’intervento principali c’è il Cultural Policy Research Award (CPRA), che compie dieci anni nel 2013. Quali sono le ragioni di questo premio e dove portano? E’ auspicabile la presenza una politica culturale comune in Europa, ma è davvero possibile?
L'idea del CPRA è nata più di dieci anni fa, a causa della scarsa qualità delle ricerche nel campo delle politiche culturali, ancorate prevalentemente all’accademico e raramente con effetti sulle linee d’indirizzo politiche. L’ECF e la Riksbankens Jubileumsfond (RJ) hanno quindi deciso di finanziare congiuntamente e lanciare un programma per stimolare la ricerca comparativa applicata alle politiche culturali in Europa, realizzando che le aree d’implicazioni di queste ricerche si stavano ampliando e prendendo atto del potenziale emergente tra le giovani generazioni di studiosi di tutti i paesi europei (anche oltre all’UE).
Il premio, 10.000 euro l'anno, viene assegnato al giovane ricercatore (under 35) con la migliore proposta in concorso. La selezione viene effettuata da una giuria internazionale composta da 7 accademici altamente qualificati provenienti da tutta Europa che seleziona il miglior progetto in termini di rilevanza rispetto all’ambito dei dibattiti e delle linee d’indirizzo europee, e rispetto alla metodologia e ai risultati di ricerca del candidato. Il CPRA è stato conferito alle migliori proposte progettuali in grado di far luce su sui nodi delle politiche culturali europee e di offrire possibili soluzioni in termini di policy. Dal 2007, particolare attenzione è data ai progetti di ricerca che affrontano le questioni della diversità culturale e del dialogo interculturale, soprattutto per quanto riguarda le loro implicazioni nella definizione delle politiche culturali a livello locale, regionale, nazionale ed europeo. Dal 2008 il premio è accompagnato dal Young Cultural Policy Researchers Forum.
Negli anni abbiamo ricevuto più di 200 applications (richieste) da circa 36 paesi, europei e non . L'Italia è stata il paese da cui sono arrivate più candidature e si è aggiudicata due vincitori (Marcello M. Mariani e Amanda Brandellero). Il 10° CPRA è stato assegnato a Visjna Kisic il 5 novembre 2014 a Anversa.
Il premio rappresenta un traguardo importante per un giovane ricercatore e al contempo contribuisce alla creazione di competenza nel campo disciplinare generando nuova conoscenza.

Quali sono i risultati più importanti di questo progetto?
Viene rinforzata una comunità giovane e vivace di ricercatori provenienti da settori trasversali (economia, sociologia, antropologia culturale, management, architettura, etc.) in più di 20 paesi - tutti molto motivati e attivamente impegnati nel campo - e vengono resi permeabili i confini tra discorso accademico-teorico e linee d’indirizzo politiche.
Viene ampliato il pubblico della ricerca sulle politiche culturali, rendendola più attraente e accessibile, diffondendo nuovi argomenti e nuovi nomi. Non da ultimo, portiamo i risultati di questi giovani studiosi all’attenzione della Commissione Europea e di istituzioni nazionali e internazionali: li aiutiamo a perfezionare i loro strumenti. Esempi concreti sono la ricerca del Dr. Sophia Labadi (Francia) su come misurare l'impatto socio-economico di spazi rigenerati nelle aree urbane e lo studio comparato di Claire Bullen (UK) sull'inclusione di diverse comunità urbane nelle capitali culturali europee (Liverpool e Marsiglia). La prima ricerca vincitrice concentrata sulle policy culturali è stata quella di Nina Obuljen (Croazia), che ha posto l’opportuna domanda «Perché abbiamo bisogno di politiche culturali europee?» La sua ricerca ha rappresentato uno dei primi tentativi di dimostrare che l'Unione Europea ha bisogno di un impegno comune e più sollecito sulla cultura. Negli ultimi dieci anni l’UE ha elaborato un programma concreto e delle priorità per l'azione comune nella cultura, che ore vengono implementate con successo. All’ECF siamo molto felici di aver contribuito a questa agenda con varie azioni, tra cui il CPRA.

Arte e cultura sono strumenti di crescita individuale e collettiva per l’innovazione sociale, ma mancano criteri e strumenti di valutazione comuni, non ci sono standard europei.
Il bisogno di «misurare» per stabilire l’impatto di un progetto sta diventando sempre più importante. Mentre ne riconosciamo la necessità e crediamo che la cultura sia un fattore chiave per il cambiamento sociale, l’impatto culturale in sé è piuttosto «immisurabile». Dobbiamo quindi trovare nuovi mezzi che vadano oltre gli strumenti di misura tradizionali e gli approcci puramente quantitativi. Dobbiamo riconoscere che, se ci stiamo sforzando per raggiungere obiettivi comuni con altre realtà non appartenenti al settore culturale (pratica che dobbiamo incoraggiare e rafforzare), sarà difficile attribuire i risultati al solo intervento culturale. Se stiamo considerando elementi di valutazione a livello europeo, ci troviamo certamente di fronte a un’altra sfida: non ci sono norme condivise nei diversi paesi. Tuttavia, ciò non dovrebbe scoraggiarci dal ricercare nuovi strumenti di misurazione, prendendo spunto da altri settori come l'innovazione sociale e le imprese sociali. Comunque, dal sostenere una nuova generazione di ricercatori per mettere discussione le norme esistenti e scoprire nuovi approcci al vincere la sfida di «misurare l'immisurabile», il passo non è breve.