APPUNTI DI VIAGGIO. VERSO UNA DEFINIZIONE DI WELFARE CULTURALE
Pratiche (culturali) di arginamento e riduzione delle povertà esistenziali. Produrre ed educare alla bellezza. Note a margine di alcune pratiche di welfare culturale scelte dal filosofo Roberto Mastroianni. Il caso del Polo delle Arti irregolari di Palazzo Barolo e la biblioteca Archimede di Settimo Torinese (città finalista per la candidatura a Capitale Italiana della Cultura 2018) della Fondazione Esperienze Cultura Metropolitana.
I tempi sono maturi per l’apertura di una riflessione scientificamente rigorosa e politicamente impattante sui temi delle nuove frontiere del welfare, a partire dalle pratiche e dalle esperienze che hanno visto emergere la cultura come un elemento centrale, da una parte, per il contrasto e la riduzione di nuove e vecchie povertà esistenziali e, dall’altro, per lo sviluppo di nuove centralità sociali e urbane.
Non si tratta più, infatti, di ridurre il welfare a semplici interventi di limitazione del disagio sociale, trovando nelle azioni di soggetti pubblici e privati un contrasto alle disuguaglianze e la promozione del superamento delle differenze di accesso a diritti e opportunità, ma di individuare nella cultura l’elemento centrale di una nuova articolazione di intervento sociale capace di produrre percorsi virtuosi di crescita individuale e collettiva, sia esistenziale, sia socio-economica.
La produzione e la fruizione di bellezza, nel più ampio senso di esperienza sensibile di percorsi cognitivi atti a mettere in relazione il soggetto e il mondo, si presenta infatti come uno strumento centrale della ri-articolazione di pratiche di welfare sussidiario, capaci di superare le differenze sociali ed economiche presenti nelle nostre città contemporanee.
La Cultura si presenta, infatti, come un tema trasversale alle altre politiche sociali, intersecando i temi della sanità, della mobilità, dell’abitare, della formazione e in genere dell’accesso alle risorse materiali e immateriali presenti nel territorio. I processi creativi, la fruizione dell’arte e la formazione continua sono infatti elementi capaci di rendere i contesti più disagiati (come le nostre periferie urbane), luoghi degni di essere vissuti, promuovendo forme di riscatto sociale, attraverso l’acquisizione di strumenti cognitivi e di una nuova dignità per coloro che vivono in questo complesso mondo globalizzato.
Declinare culturalmente il welfare significa pertanto porre l’accento sulla partecipazione, intesa come fruizione e produzione di qualità esistenziale e quindi di agio sociale. La cifra di ogni intervento di welfare culturale è infatti, a mio avviso, la capacità di mettere in rete diverse realtà, al fine di aprire percorsi di espressione, consapevolezza e valorizzazione, capaci di “far parlare” tra di loro diversi “territori dell'anima, della società e del tessuto metropolitano”, creando “dispositivi” materiali e immateriali che diano dignità alle “terre di mezzo” tra i diversi “dentro” e i diversi “fuori” creati dall’esclusione sociale.
Vorrei porre l’accento su due esperienze che insistono ormai da decenni sull’area metropolitana torinese, in modo da rendere più facilmente comprensibile l’approccio possibile a temi complessi come il rapporto tra centro-periferia e quello tra esperienze psico-sociali normali e irregolari: da una parte, l’esperienza più che decennale portata avanti dalla Città di Torino sull’arte plurale e irregolare e, dall’altra, l’emergere possibile di una nuova concezione del sistema bibliotecario e museale come centro dell’aggregazione, formazione e promozione di spazi di crescita cognitiva e sociale.
Nel primo caso vorrei porre l’attenzione sul percorso più che trentennale che ha portato la Città di Torino a dotarsi di un’esperienza significativa di valorizzazione e promozione dell’arte plurale e irregolare, a partire dalle prime attività laboratoriali degli anni ‘70-’80 del secolo scorso condotte da Tea Taramino, in qualità di artista ed educatrice del Comune di Torino, per arrivare alla creazione di un Polo delle Arti irregolari a Palazzo Barolo, attraverso la sinergia tra Comune di Torino e della Fondazione Opera Barolo www.operabarolo,it. L’operazione è una evoluzione tra pubblico e privato dell’esperienza di “InGenio- Arte contemporanea” e delle Rassegne di “Arte Plurale” e “Singolare e Plurale”, curate da Tea Taramino, promosse dalla Città di Torino in collaborazione con Istituzioni museali locali, nazionali e internazionali. È stato questo il caso di una scommessa vinta, grazie alla perseveranza di operatori sociali e culturali che hanno insistito sull’integrazione sociale possibile e sulla capacità di empowerment che il valore estetico della produzione creativa poteva generare nei soggetti socialmente, fisicamente e psichicamente svantaggiati. In questo caso infatti la Cultura non è stata usata come palliativo per favorire l’espressione dell’irregolare o del non normo-dotato, o terapia occupazionale, ma come elemento capace di valorizzare le eccellenze cognitive che alcuni soggetti svantaggiati producevano con risultati esteticamente e qualitativamente elevati. Tutto ciò insieme alla valorizzazione delle esperienze dimenticate nel campo dell’arte irregolare e psichiatrica, penso ad esempio al progetto “MAI visti e altre storie” (inventario, catalogazione, studio e condivisione del patrimonio piemontese di arte irregolare) crea un’esperienza laboratoriale eccezionale per qualità, cronologia ed estensione a livello internazionale, che andrebbe presa ad esempio e valorizzata.
Nel secondo caso, vorrei segnalare l’evoluzione che hanno subito le istituzioni bibliotecarie e museali contemporanee con particolare attenzione a un caso studio che insiste sul nostro territorio: la Biblioteca Archimede di Settimo T.se, parte della Fondazione Esperienze di Cultura metropolitana www.fondazione-ecm.it In tutto il mondo, infatti, le biblioteche e i musei hanno pian piano perso il loro valore di centri archivistici per diventare centri polivalenti di conservazione, formazione, fruizione, produzione e valorizzazione della cultura in relazione al proprio territorio e al contesto globale. Questi spazi hanno assunto a poco a poco il valore di “templi laici” in cui la cultura diventa motore di aggregazione sociale e sviluppo, in cui la formazione e l’educazione al gusto, quanto al civismo e alle relazioni sociali svolge un’importante funzione di supplenza rispetto ad altri corpi sociali intermedi. La Biblioteca Civica e Multimediale Archimede di Settimo Torinese rappresenta, da questo punto di vista, un importante esempio di istituzione culturale capace di creare una nuova centralità urbana produttrice di welfare. La biblioteca, con i suoi 6.000 m2 di superficie, aperta 7 giorni su 7, è diventata un punto di riferimento per l’area metropolitana, con: oltre il 55% degli utenti non residenti a Settimo, circa 1.000 utenti giornalieri, 130.000 prestiti annui, circa 430.000 utenti nel corso dell’anno; un’“Area ragazzi” di 2.000 m2 dedicati agli under 15, con uno splendido anfiteatro in legno, uno spazio compiti; un’area con i libri tattili per i bambini in età 0-6, pc multimediali; uno dei dieci “Lego Education Innovation Studio” esistenti in Italia; il Festival dell’Innovazione e della Scienza; mostre prestigiose ospitate al suo interno (come “Rinascimenti: Michelangelo Buonarroti incontra Piano, Pier Paolo Maggiore, Kengo Kuma, Claudio Silvestrini, Cino Zucchi); servizio di educazione e formazione permanente per disoccupati e altre attività dedicate all’interazione con il contesto metropolitano e industriale della zona.
Questo esempio mostra agevolmente come un’istituzione culturale esistente possa declinare la propria attività, interagendo con il territorio per innescare percorsi di crescita e riduzione del disagio sociale, innescando la comparsa di nuove forme di centralità urbana: in questo caso la missione di contrasto alle povertà culturali, attraverso la promozione della lettura, della cultura scientifica, del teatro, delle arti visive… si concentra in special modo sui minori (minori stranieri o appartenenti a strati sociali svantaggiati…) e sulla formazione permanente per adulti in mobilità lavorativa, mettendoli in relazione paritaria con fruitori colti o comuni delle istituzioni culturali e, nello stesso tempo, rompendo il rapporto tra centro (Torino) e periferia (hinterland).
Da questi due esempi, sinteticamente illustrati, emerge con chiarezza come l’intervento culturale possa essere aggregatore trasversale di interventi di welfare territoriali capaci di produrre capacitazione, valorizzazione delle risorse umane e ambientali del territorio.
Queste sono alcuni degli spunti dai quali partire per aprire una riflessione sul ruolo delle istituzioni esistenti (ad esempio, i Dipartimenti Educazione dei Musei…), che in relazione sussidiaria con enti pubblici e privati e con la Filatropia istituzionalee possa mettere in moto un processo contrasto al disagio sociale e sviluppo basato sulla valorizzazione delle nascoste nel tessuto umano e sociale delle nostre metropoli.
Roberto Mastroianni
E’ filosofo, curatore e critico d’arte, ricercatore esterno di semiotica, estetica filosofica e filosofia del linguaggio presso il C.I.RC.e- Centro Interdipartimentale Ricerche sulla Comunicazione e la Unesco Chair in Sviluppo sostenibile e management territoriale dell’Università degli Studi di Torino. Laureato in Filosofia Teoretica, sotto la supervisione di Gianni Vattimo e Roberto Salizzoni, è dottore di Ricerca in Scienze e Progetto della Comunicazione, sotto la supervisione di Ugo Volli. Si occupa di Filosofia del Linguaggio, Estetica filosofica, Teoria generale della Politica, Antropologia, Semiotica, Comunicazione, Arte e Critica filosofica. Ha curato libri di teoria della politica, scritto saggi di filosofia e arte contemporanea e curato diverse esposizioni museali. Ha tenuto seminari in differenti Università italiane e straniere. www.robertomastroianni.net
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