Fare bene il bene. E anche il business
«chi ha incarichi pubblici
deve capire che indossa direttamente la persona (la maschera ndr) della città.
Egli è perciò obbligato a sostenerne l’onore e la dignità,
preservandone le leggi, né può scordarsi di ciò che è affidato alla sua credibilità»
Cicerone, «De officiis»
E’ ritornata in commissione alla Camera il 19 aprile, dopo l’approvazione al Senato di tre settimane fa, la riforma del Terzo Settore.
«Un’operazione che riordina molte norme offrendo uno statuto giuridico di riferimento», come spiega il Sottosegretario al Ministro del Lavoro, Luigi Bobba. Negli undici articoli del disegno di legge viene rivista e completata la definizione di Terzo Settore. Si attua la semplificazione per il riconoscimento della personalità giuridica del settore nel quale oltre del 70% delle 300mila organizzazioni – secondo Istat – è costituito da associazioni non riconosciute. Anziché 33 registri si avrà un unico registro nazionale, accessibile, al fine di favorire la trasparenza del settore.
Dal punto di vista fiscale prende corpo una razionalizzazione e una sempificazione dei regimi fiscali e contabili, oltre al completamento della riforma del 5 per mille. I Centri di Servizio del Volontariato diventeranno una vera infrastruttura di aiuto per lo sviluppo delle piccole realtà associative. L’impresa sociale avrà nuove facilitazioni normative e fiscali. Viene varato il Servizio Civile Universale che, con una durata dagli otto ai 12 mesi, potrà essere svolto in Europa, sarà aperto ai cittadini comunitari ed extracomunitari con permesso di soggiorno.
Viene costituito il Consiglio Nazionale per il Terzo settore, organismo consultivo e viene istituita la Fondazione Italia Sociale per sostenere interventi innovativi e attrarre i grandi donatori privati e orientare risorse per progetti ad alto impatto sociale e occupazionale.
La riforma normativa procede per nuove co-responsabilità, di efficacia gestionale, che impongono anche all’economia civile di fare bene il bene, come non manca mai di sottolineare il prof. Stefano Zamagni, in una cooperazione sempre più stretta tra pubblico e privato sociale, nella quale parte centrale avranno le imprese nel ridefinire i paradigmi della produzione, imprescindibili.
A fine febbraio, in piena bufera di borsa che falcidiava i prezzi della capitalizzazione di mercato degli istituti di credito, scesi sotto il 40% dei mezzi propri, Palazzo Chigi, Mef e Banca d’Italia hanno coinvolto i vertici della Cpd –Cassa depositi e prestiti e delle principali banche italiane per trovare una soluzione al salvataggio delle ennesime realtà creditizie italiane in crisi, sostenendo gli aumenti di capitale di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, a rischio di risoluzione.
Da questa fatica di gestazione, veloce e complessa, è nato Atlante, il fondo gestito da Quaestio Sgr che ha l’obiettivo di dotarsi di 6 miliardi di euro – con fondi delle principali banche e delle fondazioni di origine bancaria ancora molto impegnate patrimonialmente nel sistema, nel Cdp – per far fronte ad aumenti di capitale e sofferenze in grado di far traballare il sistema bancario italiano e con questo l’economia. Per Bruxelles i fondi dovevano essere privati, sempre che così si considerino, a prescindere dalla formula giuridica, quelli delle Fob e della Cdp. Impegni questi che incideranno sulle strategie dei grandi enti filantropici. Non possiamo non chiederci come gli enti di controllo e gli stessi competenti investitori istituzionali, abbiano consentito un tale livello di deterioramento del sistema, con una caduta a domino di banche di riferimento del territorio. E occorre un Atlante e non un panno caldo anche per aggredire la montagna di sofferenze che queste banche hanno in pancia e che risente nel nostro paese tempi lunghi di recupero dei crediti dalle garanzie.
In questo numero
Riforma del Terzo settore. In attesa dell’approvazione della legge prevista nelle prossime settimane, che offriremo al dibattito, presentiamo offriamo una prima lettura giuridica esperta con il prof. Francesco Florian. Forme giuridiche che rigurdano fortemente le istituzioni culturali. L’evoluzione normativa apre opportunità sul fronte strategico. La buona scuola, con l’alternanza prevista con il lavoro, si presenta come strumento a disposizione dei musei per incontrare il loro pubblico del presente e del futuro, rielaborando con i giovani strategie di audience engagement, ne parla Ciccio Mannino.
Sempre più letti gli articoli con cui stiamo dentro alla «svolta dell’epoca», con Cultura Digitale, la rubrica curata da Emanuela Gasca con testimoni privilegiati a livello nazionale ed internazionale; Fabio Viola, il più letto nei primi giorni del mese, riflette proprio sui Nativi Digitali.
Diamo conto del movimento costante su Torino e Milano che non perdono il ritmo. La capitale sabauda si assegna il secondo posto come città più innovativa di Europa per le sue istituzioni cognitive e culturali-ne parla Asproni, battendo una Milano che post Expo dimostra la sua effervescenza: il design in prima fila con la Triennale di Milano e la città pervasa, la nascita di nuove realtà che riqualificano aree di archeologia industriale – da Base a Mare Urbano, progetti di ricerca ovunque, con un privato d’eccellenza: le fondazioni Prada, Hangar e Trussardi nella ricerca artistica contemporanea, solo per citarne alcune; la Fondazione Bassetti che apre questo numero, alla quale dobbiamo una spinta sulla visione del saper fare nell’era digitale, sul nuovo artigiano, forza economica e sociale, condivisa in un progetto espositivo e di confronto alla fabbrica del Vapore, curato dal prof. Stefano Micelli.
Cresce la consapevolezza che la Cultura sia elemento costitutivo dei diversi assi delle politiche, anche se ancora in troppi luoghi, «nel sonno della politica» si «creano mostre».
Nell’esplorare le rigenerazioni, da questo numero dedichiamo una pagina alla relazione tra Arte e Ben-essere, che inizia a raccogliere interesse e sperimentazioni nel nostro paese, forte delle ultime frontiere della ricerca scientifica: la disciplina «Evidence based art» con oltre 20mila paper prodotti in venti anni, consolidata, quanto poco conosciuta, le neuroscienze e da ultimo l’epigenetica. Con la Cultura, pare, siamo in grado di operare trasformazioni biologiche, oltre che sociali. Partiamo quindi con la restituzione della ricchezza del percorso Mai visti ed altre storie sulle arti irregolari, leggiamo il lavoro in rete condotto sul progetto comunitario Erasmus plus da parte della Fondazione Marino Marini sull’Alzheimer con una cultura che vuole giocare un ruolo da protagonista sulla partita del nuovo Welfare.
Creare epidemie di ben-essere.
Noi proviamo a farlo sempre facendoci guidare dalla visione degli artisti. Faro di questo numero è Emilio Fantin.
Foto:
Michelangelo Pistoletto
Embrace Differences
2005
Thermodet Mirror
70 x 98 cm
UniCredit Art Collection
©Michelangelo Pistoletto