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Reinventare il «saper fare con bellezza» nell’era 3.0

  • Pubblicato il: 16/04/2016 - 00:45
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Francesco Samorè

Francesco Samorè, classe 1976, direttore scientifico della Fondazione Bassetti, racconta il percorso di ricerca-azione che il suo ente, in piattaforma con istituzioni cognitive e culturali, imprese,  sta conducendo per portare responsabilità nell’innovazione e le prospettive economiche e sociali che si aprono per il nuovo artigiano nell’era digitale, che cambia geografie della relazioni, produzioni, consumi. Un umanesimo di svolta nell’era della tecnologia. Le mostre di Triennale XXI e New Craft, offrono stimoli al dibattito e al ripensamento
 
 
«3D printing has the potential to revolutionize the way we make almost everything. We must ensure that the Next Industrial Revolution in manufacturing will happen in America»: così Barack Obama, nel 2012, presentava l’obiettivo di portare una stampante 3D in ogni scuola degli Stati Uniti.
I lettori de «Il Giornale delle Fondazioni», che si è contraddistinto per l’attenzione dedicata al rapporto tra innovazione e culture digitali, sanno che quella evocata da Obama non è stata un’ispirazione passeggera, ma la testimonianza di un fenomeno durevole, che travalica ampiamente i confini. 
Sono passati tre anni, del resto, dalla missione Innovating with Beauty, promossa proprio negli States - a San Francisco - da Fondazione Giannino Bassetti e Triennale, insieme a istituzioni, designer e università. L'avanguardia tecnologica californiana, che ha generato il web e il movimento Makers, incontrava gli alfieri del «saper fare con bellezza», intenti a reinventare la tradizione della bottega leonardesca [qui link alla notizia data da Il Giornale delle Fondazioni nel 2013].
 
Oggi è ancora Triennale (istituzione che, nella Milano nuovamente aperta al mondo dopo Expo, torna a dirsi “internazionale” per cinque mesi) rilancia il tema ospitando in Fabbrica del Vapore la sezione New Craft, un racconto del nuovo rapporto tra lavoro tecnologico e persona
Per la città è un modo per respirare ancora l’aria del mondo, riflettendo sul proprio genius loci; per gli aventi causa - come il curatore della mostra Stefano Micelli, Fondazione Giannino Bassetti e Polifactory - l'occasione per riunire i protagonisti di quella lungimirante avventura a San Francisco e, insieme a molti altri, ribadire che l’innovazione del prossimo futuro non aprirà nuovi spazi solo alla produttività, ma anche - e soprattutto - alla creatività.
Come spiega Micelli nel catalogo che apre la mostra, la rete e le tecnologie della manifattura digitale ridefiniscono l'idea stessa di lavoro e, più in generale, il ruolo dell'individuo, della sua capacità di espressione e della sua possibilità di creare relazioni: «Autonomia, relazione e riconoscibilità sociale sono tratti distintivi del lavoro artigiano nella sua versione classica come nella sua dimensione contemporanea». In che modo - si chiede il curatore - queste caratteristiche possono incrociare le potenzialità espresse dalle tecnologie e diventare lo snodo di una diversa organizzazione della produzione? New Craft indaga così tre aspetti cruciali: il rapporto fra lavoro e tecnologia, l'importanza di un nuovo racconto del fare artigiano, la relazione con il design. 
 
E’ stato detto autorevolmente che non viviamo un’epoca di svolte, bensì una svolta d’epoca. Il cambiamento è sistemico, non settoriale. Chi non vede che la digitalizzazione ha cambiato radicalmente la geografia delle relazioni? Ragionare sul rapporto tra umanesimo e tecnologia, come Fondazione Giannino Bassetti fa da vent’anni, aiuta i decisori a porsi queste domande alla giusta altezza. Possiamo affermare che questo discorso sia già pienamente percepito? Non può esserlo, perchè quelle descritte sono dinamiche rapide, mentre i processi culturali hanno tempi diversi, non comprimibili. Possiamo sostenere, all’opposto, che siamo autorizzati a differire le nostre risposte? Crediamo di no.
 
Acquista dunque importanza la capacità di presidiare, con strumenti diversi, il dibattito culturale e la riflessione internazionale. Con Triennale XXI e New Craft si offre lo spazio per ribadire che la maestria è sostanza dell’innovazione. Mentre la produttività fornisce a costi accessibili i beni di cui tutti abbiamo bisogno, è la creatività a orientare le trasformazioni del produrre, in tendenza con i desideri di chi, nel mondo, domanda non tanto cose, ma nuove esperienze e occasioni, anche economiche, per emanciparsi e crescere
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Ecco perchè le due sessioni di dibattito (il prossimo 27 aprile e il giorno seguente) intitolate Labour versus labour. Rethinking work in a digital society affronteranno queste trasformazioni da più punti di osservazione:

  • un approccio «urbano», sulla manifattura che torna in città, per sviluppare il tema della metropoli come esperimento collettivo insieme ai protagonisti (imprese artigiane innovative, startup e industrie che sperimentano la manifattura digitale, luoghi della formazione, della condivisione di servizi e tecnologie, policy makers);
  • un approccio tecnoscientifico, che illustri come le stampanti 3D siano ormai materia per gli operatori del biomedicale, in piena convergenza tra competenze che coinvolgono il design, favorendo la dissolvenza dei confini tra strumenti e campi disciplinari; 
  • e un approccio sociologico, che affronti i modelli di innovazione e loro relazione col tema del lavoro.

 
L’invito che rivolgiamo a «Il Giornale delle Fondazioni» è testimoniare in questa discussione il nesso tra modi di produrre, formazione e culture digitali, come tante volte ha fatto per i suoi lettori. Sarà anche l'occasione per visitare New Craft introdotti dal curatore!
 
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