Nuovo corso per le fondazioni
Un confronto con il Direttore dell’Acri, Giorgio Righetti, sulle evoluzioni strategiche in atto e operative nel mondo delle fondazioni di origine bancaria, in un autunno caldo, in cui, tra il mese in corso e il prossimo, il protocollo sottoscritto in primavera tra Acri e Mef, che introduce sostanziali novità in tema di governance e gestione, entra nel vivo. Non una norma, ma una moral suasion al sistema, che dalla condivisione ha una forza inedita i cui esiti sono e saranno tangibili nel breve
Quali sono le maggiori sfide che si prospettano, dopo la magistrale operazione politica- come già l’abbiamo definita- del protocollo siglato nell’aprile scorso da Acri con il MEF-Ministero dell’Economia e delle Finanze che definisce criteri più stringenti nella governance e nella gestione finanziaria?
Un tema di grandissima attualità è chiaramente l'implementazione del protocollo di autoregolamentazione che, in base agli impegni assunti, ha implicazioni strategiche radicali nella governance, nella gestione del patrimonio, in particolare la diversificazione rispetto alle partecipazioni eccessivamente concentrate nelle banche conferitarie, per le quali la dismissione degli asset dovrà rientrare nel limite di un terzo dell'attivo valutato al fair value.
L’arco temporale varia per le banche quotate –tre anni – e per quelle non quotate -cinque anni. Per le quotate il tema delicato è di opportunità economico finanziaria. Si tratta di trovare un momento giusto per vendere sul mercato ed ottenere un buon risultato. Per le non quotate il problema è oggettivo di difficoltà di collocamento delle quote delle banche, prevalentemente di piccole dimensioni. Le singole fondazioni e le singole banche sono al lavoro sul tema. Alcune hanno affidato a banche d'affari lo studio del percorso di collocamento. Altre si stanno interrogando e stanno negoziando le migliori soluzioni per salvaguardare il patrimonio delle fondazioni.
Entro un anno dalla firma ci siamo impegnati affinchè tutti i tasselli del protocollo siano messi in piedi.
Questo è un elemento che incide profondamente sulla morfologia del sistema bancario. Recentemente ho avuto una lunga conversazione con Beppe Ghisolfi- Presidente della Cassa di Risparmio di Fossano nonché Vice Presidente di ABI-, che dal punto di vista delle piccole realtà palesava senza veli la grande preoccupazione del finire nell’orbita di gruppi bancari, essere fagocitati e quindi snaturare il ruolo peculiare, grazie alla realzione storica e profonda con il tessuto locale, a favore dello sviluppo socio-economico su un progetto condiviso. È oggettivamente diverso essere una branch di un grande gruppo rispetto a banca con un socio di riferimento, come la fondazione di origine, con la quale il dialogo sul futuro del territorio è costante. Questa preoccupazione va ben oltre i confini di Fossano.
Va detto -e tengo ad esplicitarlo-che Fossano è l'unica che non ha firmato il protocollo. Posso anche condividere la riflessione di Ghisolfi che, giustamente, si pone il problema della salvaguardia dell’istituto di credito che presiede e che non solo è ben gestito, ma ha anche fatto tanto a sostegno dello sviluppo del territorio. Ma il protocollo impegna le fondazioni che sono realtà distinte dalle banche. E sono loro ad aver firmato il protocollo con il MEF per il loro obbligo istituzionale, che è salvaguardare il patrimonio. Quindi il tema della diversificazione del rischio non ha nessun'attinenza con la banca, nel senso che la diversificazione è a tutela del patrimonio della fondazione, pur nella consapevolezza della complessità di questo passaggio che va gestito con grande perizia per evitare che la salvaguardia dell’istituto Fondazione rischi di penalizzare la banca conferitaria.
Nuove regole per i patrimoni. Sotto la lente del MEF anche la riduzione degli oneri degli organi e la durata dei mandati.
Nuovi amministratori. Entro un anno si completerà il rinnovamento dei cda e dei vertici di una buona parte delle 88 fondazioni. I “padri nobili”, che hanno seguito tutta la genesi di queste grandi corazzate filantropiche, cederanno il passo a nuove generazioni. Presiedere una fondazione è un ruolo complesso, per cogliere grandi sfide che fanno i destini dei territori.
L’avvicendamento, peraltro contenuto nella legge, è un percorso iniziato in più fasi dal 2013. La capacità di coloro che sono stati alla guida delle fondazioni per tanti anni si dimostra nei fatti: hanno creato strutture solide, radicate nel territorio, per cui, l'avvicendamento dei vertici, in nessun caso che mi risulti è diventato un trauma.
Il cambiamento dei vertici delle fondazioni, come in qualsiasi organizzazione, può richiedere periodi di assestamento. Ma può anche rappresentare un’opportunità, perché consente l’ingresso di nuove energie e competenze che possono guidare, per un nuovo tratto, il cammino di sviluppo di queste istituzioni.
Il protocollo Acri-MEF prevede per i presidenti e i consigli di amministrazione delle fondazioni un limite di mandato di quattro anni, rinnovabile una sola volta. La possibile diversa durata dell’organo di indirizzo, insieme all’eventuale rinnovo “scaglionato” dei membri di quest’ultimo, contribuisce a favorire la continuità nella governance della fondazione. Inoltre, come ho già detto, in questi anni le fondazioni sono cresciute, in termini di competenze specifiche, come organismi sempre più strutturati L’Acri credo abbia dato un contributo significativo in questo senso, sia con iniziative di formazione dedicate agli operatori delle strutture, sia con importanti momenti di scambio di best practice fra i membri degli organi delle fondazioni. Le nostre Commissioni, per esempio, rappresentano un momento di confronto particolarmente efficace fra gli amministratori ed è lì che spesso nascono i progetti di sistema, coordinati dall’Acri.
Il protocollo dà regole anche nella gestione finanziaria. Bandisce gli strumenti derivati che concorrono a produrre risultati. Complici le dinamiche positive dei mercati i vostri patrimoni lo scorso anno hanno presentato ottimi income che hanno consentito anche di rafforzare patrimonialmente alcune realtà e accantonare riserve. Vedremo anche gli effetti sulle erogazioni?
Il 2014 segna un’inversione di tendenza sul patrimonio e anche se lieve – più 3%- sulle erogazioni.
La prudenza ci impone di non essere troppo ottimistici, ma sono segnali positivi sul patrimonio, che aumenta dopo un processo di riduzione graduale e progressiva durante gli anni. Il nervosismo dei mercati, l’instabilità che si protrae da alcuni mesi, ci fa essere cauti anche se i segnali di ripresa economica si avvertono, così come il miglioramento degli indici di fiducia dei consumatori, che sembrano essere ai massimi; tutto questo si ripercuote sui mercati finanziari. Penso che possiamo essere fiduciosi sul futuro. Con giudizio.
Per quanto attiene ai derivati, ritengo che non siano strumenti da demonizzare, ma è l’uso che a volte se ne fa che può risultare problematico. Dall’analisi della gestione dei patrimoni delle fondazioni la presenza di questi strumenti è comunque marginale.
Uomini nuovi, temi forti di governo sul tavolo, miglioramento della situazione complessiva patrimoniale e finanziaria. Qual è l'impatto che lei legge a livello di sistema nelle strategie, negli indirizzi strategici delle fondazioni.
Lei mette in connessione tutti i temi. Preferisco fare una valutazione puntuale, di ogni voce.
I cambi di governance intervenuti in alcuni contesti non generano una discontinuità con quella che è stata l'attività di una fondazione nel passato, leggibile dai bilanci, dai documenti programmatici.
Ci sono settori prioritari di intervento sui quali le fondazioni hanno investito in termini di erogazioni e risorse significative e non cambieranno all'improvviso storie consolidate. La capacità di intervento è frutto di due elementi fondamentali: in primis la competenza, ma soprattutto l'ascolto del territorio. Quindi è da questa lettura, dalle esigenze di intervento emerse dalla comunità che si realizzano piani di lungo termine.
Possiamo leggere dei trend?
Posso intuire e identificare a livello di sistema alcuni trend-Nanni Moretti ci insulterebbe per questo termine-.
A livello di investimenti, il tema è l’attenzione delle fondazioni a mettersi nelle condizioni di scegliere al meglio come impiegare la liquidità che nel tempo si andrà a generare dai progetti di dismissione delle partecipazioni. Una risposta si trova nella crescente sensibilità negli ultimi quattro anni sui cosiddetti "mission-related investment", strumenti che hanno una correlazione con la missione. Parlo, ad esempio, di interventi per l’housing sociale, di fondi a sostegno del trasferimento di tecnologie, di investimenti nelle infrastrutture locali e nazionali.
A livello di erogazioni –e lo indica anche il protocollo MEF- l’indirizzo è l’adozione di forme sempre più strutturate nei processi erogativi. Da tempo le fondazioni si muovono in questa direzione, nella consapevolezza che sia necessario da una parte chiarire in modo molto analitico quali sono gli obiettivi di intervento e dall'altra mettere in condizioni il territorio di fornire delle risposte più consistenti. Il bando è la forma privilegiata. Non è la panacea di tutti i mali e ha dei limiti, ma garantisce due obiettivi sicuri: da una parte una modalità strutturata di accesso ai contributi, dall’altra, di conseguenza, proposte strutturate. Entrambi gli aspetti sono garanzie di trasparenza –espressione abusata- alle quali le fondazioni sono chiamate. Come Acri stiamo facendo molta formazione sul tema.
Terza tendenza che possiamo notare è un desiderio da parte delle fondazioni di condividere percorsi partecipati su alcune iniziative. Acri fa sicuramente la sua parte con la progettualità di sistema, sia come ho detto tramite le Commissioni, sia attraverso le Consulte territoriali; ma anche in autonomia alcune fondazioni stanno unendo i loro sforzi su progetti collettivi. Tra i molti progetti Acri posso citare la riedizione di Funder35 a supporto dell’imprenditoria culturale e creativa giovanile e l'intervento in Burkina Faso; tra quelli realizzati a livello delle Consulte molto interessante è, ad esempio, il lavoro sui beni culturali di diverse fondazioni in Toscana.
E poi ci sono alcuni progetti per i quali le fondazioni hanno fatto rete per avere accesso ai fondi europei.
E ancora il lavoro a livello europeo con EFC-European Foundation Centre. In questa direzione cito l’intervento sui minori stranieri non accompagnati; alcune fondazioni, tra le quali Cariplo, Compagnia di San Paolo, CRT, Cuneo, Cariparo, Montepaschi, Fondazione Con il Sud, Cariparo, insieme a Enel Cuore e Assifero stanno interloquendo.
Ovviamente è la sensibilità sui temi sociali ad essere centrale.
Spesso, inoltre, le fondazioni sperimentano e diventano punti di riferimento per prassi che possono essere adottate anche da altri soggetti.
Pratiche che evolvono in politiche. Lo abbiamo visto in modo molto tangibile negli ultimi tre/quattro anni. L’esito di numerose sperimentazioni è diventato di sistema. Anche in ambito culturale, con i riusltati della Commissione Cultura. Dopo l’uscita del bando Funder35 per le industrie culturali e creative, molte fondazioni corporate sono scese in campo e ora, anche grazie al ciclo di programmazione comunitario, il Mibact e il MISE stanno alacremente lavorando sul tema.
Grazie quindi alla Commissione presieduta dal prof. Marco Cammelli rimasto in carica, nonostante non sia più presidente della Fondazione del Monte di Ravenna e Bologna.
Ha fatto un grande lavoro e rimane per competenza e per dare continuità.
Il ricambio in sé non è necessariamente un bene. Fare il presidente della Commissione Acri è un ruolo di servizio che non dà vantaggi e richiede un grande impegno. E’ una missione per il bene comune.
Non abbiamo parlato di Cassa Depositi e Prestiti che rappresenta un grande investimento delle fondazioni e che giocherà un ruolo centrale nella partita delle dismissioni e della valorizzazione del patrimonio demaniale. Vuole fare considerazioni?
L’investimento in CDP ha dato buoni risultati dal punto di vista finanziario e soprattutto ha consentito alle fondazioni di contribuire a rafforzare questo fondamentale strumento a servizio dello sviluppo del nostro Paese. Il sostegno allo sviluppo economico è uno dei due obiettivi di missione che la Legge “Ciampi” assegna alle fondazioni: l’investimento in CDP è pertanto assolutamente coerente con tale obiettivo.
Come pure del tema del rafforzamento della capitalizzazione delle Banche Popolari nel quale le Fondazioni potrebbero avere un ruolo decisivo per effetti della diversificazione.
Il Protocollo Acri-MEF pone il limite esplicito di concentrazione in un unico asset, ma fornisce anche una indicazione più generale: il comma 2 dell’articolo 2 del Protocollo sollecita la diversificazione anche con riferimento ai gruppi di imprese, ai settori e alle aree geografiche. Pertanto, il tema dell’investimento nelle Popolari non è all’ordine del giorno di Acri.
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Giorgio Righetti è direttore generale di Acri (Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio). E’ arrivato alla guida operativa dell’Associazione dopo un’esperienza alla direzione della Fondazione con il Sud, della quale ha gestito l’avvio e della quale è oggi consigliere. Ha maturato esperienze sia nel campo profit che no profit. Tra le varie esperienze precedenti, ha lavorato in qualità di Chief Financial Officier negli USA del Gruppo Prada, per poi passare all’Associazione Rondine Cittadella della Pace di Arezzo, con la quale continua a collaborare come volontario in seno al Consiglio di Amministrazione.