Per le fondazioni è il momento di una capacità strategica autonoma
Nei venticinque anni trascorsi dalla legge fondativa, le fondazioni di origine bancaria ne hanno viste di tutti i colori: leggi, decreti legge, decreti ministeriali, atti di indirizzo, direttive, circolari e lettere ministeriali, una cinquantina cioè di atti di natura legislativa che hanno tessuto intorno ad esse una rete di contenimento per dipanare la quale sono poi stati necessari atti giudiziari dedicati: risoluzioni tributarie, ordinanze e sentenze di Tar, pareri del Consiglio di Stato, sentenze della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia Europea, quattro sentenze della Corte Costituzionale, due delle quali valore fortemente costitutivo.
Si tratta però di interventi dall’esterno: una vera autonomia di decisione nei Consigli delle fondazioni si è vista poco, rendendoli più interpreti che imprenditori, più analisti che creativi. I tempi sono maturi perché le ottantotto fondazioni di origine bancaria usino l’autonomia che è loro insita, per di più sotto il fondamentale scudo delle sentenze costituzionali. Lavorando con competenza e passione potrebbero passare da oggetti delle pagine economiche a soggetti delle pagine sociali e culturali, associandosi magari ad altre fondazioni italiane o straniere con comunanza operativa.
Sarebbe anche l’occasione per riflettere sullo stato di salute delle fondazioni: vi sono state alcune cadute patrimoniali, ma nessun vero default finale, se non anni fa in Sicilia, prontamente risolto nella fusione con un vicino più robusto. Ed è proprio la strada delle fusioni quella che potrebbero percorrere oggi la dozzina di fondazioni con problemi patrimoniali, replicando quanto accadde nel mondo della Casse di Risparmio e Banche del Monte, costituite in Italia dai primi anni del 1800 con una forte proliferazione successiva, ma giunte alla riforma del 1990 in appena novanta, molte delle quali peraltro portavano in ditta il nome di più luoghi, marchio delle precedenti fusioni. In definitiva, è il momento in cui nel mondo delle fondazioni bancarie si faccia largo una capacità strategica autonoma, che le renda protagoniste e non spettatrici del secondo welfare del nostro paese.
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