Il Non Profit supera la crisi
Roma. Il «Censimento industria, istituzioni pubbliche e non profit 2011», occasione straordinaria per conoscere le caratteristiche strutturali del settore, ha evidenziato «la dinamicità del non profit italiano» con la sua duplice valenza sociale ed economica come ha evidenziato il presidente Istat Antonio Golini: da un lato capace di rispondere ai bisogni dei cittadini, dall'altro in grado di creare occupazione e crescita economica .
Tutti i dati sono disponibili sul sito dedicato www.censimentoindustriaeservizi.istat.it. La sintesi presentata da Andrea Mancini, direttore del Dipartimento Censimenti e Archivi amministrativi e Statistici ISTAT, ci dice che nel 2011 le organizzazioni non profit attive in Italia sono 301.191, il 28% in più rispetto al 2001, e contano sul contributo lavorativo di 4,7 milioni di volontari, 681mila dipendenti, 270mila lavoratori esterni e 5mila lavoratori temporanei.
Con questi numeri, il non profit occupa una posizione significativa nel tessuto produttivo del Paese, avendo il 6,4 % delle unità economiche attive.
Il settore Cultura, Sport e Ricreazione è quello che assorbe il maggior numero di unità (65%) e il maggior numero di volontari (59%), mentre il settore dell'Assistenza sociale e protezione civile registra la quota più alta di personale retribuito (33%).
Il comparto è composito: grandi istituzioni nell'ambito dell'assistenza sociale e sanitaria e una moltitudine di unità che agiscono in maniera capillare nel territorio offrendo servizi che spaziano da sport e cultura a protezione civile e assistenza alle fasce deboli.
Gian Paolo Barbetta, docente dell'Università Cattolica di Milano, nella sua analisi della «demografia delle organizzazioni non profit», evidenzia i differenziali di crescita settoriali e territoriali, distinguendone le varie componenti.
Si assiste ad un elevato ricambio istituzionale: circa la metà delle organizzazioni attive nel 2011 non esisteva infatti dieci anni prima. Ma la crescita occupazionale dipende dalle istituzioni storiche a fronte di un contributo delle nuove organizzazioni relativamente modesto.
La crescita è più elevata per Sanità e Assistenza Sociale seguita da Istruzione-Ricerca e Cultura-Sport- Ricreazione mentre, dal punto di vista territoriale, il Centro-Nord registra una crescita più elevata di unità, di occupazione e di risorse finanziarie.
Alla luce di questi dati, secondo il parere il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, l’economia sociale non deve essere più intesa «come soggetto che arriva a posteriori a riparare i danni sociali prodotti». In questi ultimi anni, il Terzo Settore ha svolto un fondamentale ruolo di ‘cuscinetto’ rispetto alle forti tensioni presenti nel Paese a livello economico e all’interno del mercato del lavoro. La sfida è creare le condizioni e gli strumenti istituzionali adeguati per far sì che l’impresa sociale possa diventare protagonista attivo della crescita nazionale.
Pietro Barbieri, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, evidenzia i punti di forza del settore.
In primo luogo il grande radicamento sul territorio, dal volontariato all'associazionismo alla cooperazione sociale. Poi la partecipazione sociale, i cittadini attivi che si organizzano per fare il «watchdog» delle istituzioni in merito alla capacità di rispondere ai bisogni della comunità.
Le organizzazioni non profit sono in grado di agire in modo flessibile e innovativo, mettendo in campo contemporaneamente «volontariato» e «professionalità», con rapporti economici completamente diversi da quelli che solitamente si esprimono nel mercato.
Luci e ombre. L’eccessiva frammentazione genera una difficoltà di rappresentanza di un mondo così eterogeneo, che porta a sottostimare la loro capacità di mobilitazione.
Un'altra criticità è la scarsa propensione degli enti non profit alla comunicazione dei risultati raggiunti: la loro reputazione è basata più sulla propria “capacità del fare”, che non sulla valutazione degli effetti prodotti dal loro operato.
Per lo sviluppo e la crescita del Terzo Settore Stefano Zamagni propone la ricostituzione di un’Agenzia come soggetto terzo ed interlocutore autorevole e la redazione di un nuovo testo normativo, che superi l'attuale ormai obsoleto.
Inoltre favorendo «l'ibridazione» tra non profit e for profit si promuove l'innovazione del Terzo Settore, ad esempio individuando forme ad hoc di copertura del rischio per le imprese sociali, più che nuove forme di finanziamento.
E conclude invitando gli enti non profit a «superare la sindrome delle basse aspettative» che genera una sorta di sudditanza nel dialogo con i rappresentanti del mondo economico.
E’ possibile scaricare le slides della presentazione qui
© Riproduzione riservata