Innovare le istituzioni
Nello scenario di crisi attuale, le istituzioni economiche tradizionali hanno evidenziato la loro incapacità di operare un cambiamento in grado di garantire il passaggio dal concetto di"capacità" a quello di "capacitazione", ovvero di alimentare lo sviluppo di opportunità per le persone di ampliare le proprie possibilità (in termini sia sociali che economici) e di ridurre, di conseguenza, i livelli di disuguaglianza personali e territoriali.
La necessità di una riforma istituzionale spinge, dunque, verso l’aumento di realtà di natura inclusiva, cioè “quelle istituzioni che tendono a facilitare l’inclusione nel processo produttivo di tutte le risorse, soprattutto di lavoro, assicurando il rispetto dei diritti umani fondamentali e la riduzione delle disuguaglianze sociali”, in contrapposizione a quelle di natura estrattivafino ad ora prevalenti.
Ciò si traduce in una richiesta nei confronti delle istituzioni (Stato, mercato e organizzazioni dell’Economia Civile) di concorrere a ridisegnare l’assetto economico-istituzionale ereditato dal recente passato, al fine di accelerare il passaggio ad un sistema maggiormente plurale ed inclusivo. Contributo fondamentale al ripensamento del paradigma economico e sociale del nostro paese, necessario per uscire dallo stato di crisi perdurante, deriva dall’apporto dei soggetti dell’Economia Civile (cooperative, imprese sociali e non profit), realtà che per loro natura possono essere definite come inclusive.
Tali soggetti fanno rilevare una presenza sempre maggiore in Italia, come recentemente evidenziato dal 9° Censimento generale dell'industria, dei servizi e delle istituzioni non profit. Al 31 dicembre 2011 si contavano 301.191 istituzioni non profit attive nel nostro Paese (+28 per cento rispetto al 2001) che si avvalevano del contributo di 4,7 milioni di volontari, 681mila dipendenti, 271mila lavoratori esterni e 5mila lavoratori temporanei.
Come emerge dai dati censuari, le organizzazioni dell’Economia Civile operano prevalentemente nel settore delle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e di divertimento, ambito di attività in cui superano numericamente le imprese e le istituzioni pubbliche. Al contempo, tali realtà occupano un ruolo importante nell’ambito della sanità e dell’assistenza sociale nonché in quello dello sviluppo economico e della coesione sociale grazie al fondamentale ruolo ricoperto in tali settori dall’associazionismo e dalla cooperazione sociale.
Per poter ri-generare le istituzioni si tratta, dunque, di intraprendere percorsi di innovazione sociale e di sviluppo locale generati soprattutto all’interno di processi di ibridazione organizzativa che danno vita ad innovative modalità di operare da parte di realtà che si collocano su entrambi i lati della linea di demarcazione for profit/non profit, ovvero riducono questo confine assumendo mission sociali, come i soggetti non profit, ma producendo al contempo un reddito da attività commerciale per poter perseguire la loro missione, come le imprese for profit.
Tali cambiamenti richiedono necessariamente nuove modalità con cui diverse tipologie di soggetti – appartenenti alla sfera pubblica, al settore non profit e al privato for profit – si devono tra loro interfacciare e relazionare al fine di garantire quel principio di universalismooggi auspicabile solo percorrendo la strada della sussidiarietà circolare. L’obiettivo ultimo perseguito è, dunque, quello legato alla costruzione di nuovi ecosistemi di welfarein grado di cogliere la differenziazione della domanda emergente e, di conseguenza, costruire nuovi sistemi di offerta ad essa adeguata.
Paolo Venturi è direttore AICCON - Centro Studi sulla Cooperazione e il Non Profit.
da www.ideatre60.it, il blog di Fondazione Italiana Accenture