A Venezia insieme per spendere meno
Venezia. Saranno 32 gli eventi organizzati dalla Fondazione Musei Civici di Venezia nel 2013, di cui 19 mostre, con il coup de théâtre di quella di Manet realizzata con il Musée d'Orsay di Parigi (cfr. lo scorso numero, p. 7): il 6 marzo scorso lo hanno annunciato nell’incontro «Mostre. La cultura come strumento di crescita e investimento», tenuto nella sede di «Il Sole 24 Ore», il presidente della Fondazione Walter Hartsarich, il direttore dei musei venezianiGabriella Belli e Guy Cogeval, presidente e direttore del Musée d’Orsay, con Donatella Treu, ad del Gruppo 24 Ore, coproduttore dell’evento Manet. Come questo miracolo sia stato possibile in tempi di tagli brutali di bilancio «è presto detto», minimizza Gabriella Belli, che nel suo anno e mezzo a Venezia, d’accordo con il presidente, ha rivoluzionato l’intero sistema degli 11 musei civici («I nostri visitatori sono cresciuti del 2-3%, mentre il turismo in città è calato del’11%», ha affermato Hartsarich). Spiega la Belli: «Abbiamo lavorato su forti economie di scala condividendo, anche fra musei molto diversi, lo staff gestionale, amministrativo, dell’ufficio mostre e così via. La riduzione dei costi è stata sensibile. E sul piano strategico abbiamo puntato da un lato sulla restituzione di una forte identità ai musei, come è accaduto con il Correr e sta accadendo con il Museo del Costume in Palazzo Mocenigo, dall’altro sul rilancio della tradizione di dare molto peso alla ricerca». Accade con le mostre di studio finanziate dalla Fondazione come con l’inedito progetto sulle radici italiane di Manet, scientificamente impegnativo, ma tagliato su un pubblico più vasto: «In questi casi, continua Belli, mettiamo in atto delle partnership con soggetti come il Gruppo 24 Ore. Ma facciamo molto conto per il futuro anche sulle mostre itineranti, perché è indispensabile dialogare con il resto del mondo e perché, a fronte di prestiti importanti (accadrà presto con Doha), sottoponiamo ai partner stranieri una lista di nostre opere da restaurare». Dialogare, prestare, allacciare rapporti internazionali: un’eresia per molti musei italiani, così condannati all’isolamento. Per il Musée d’Orsay, invece, una legge da quando Guy Cogeval è il suo presidente e direttore: «All’inizio ho incontrato molte difficoltà con i conservatori, ammette, ma ho insistito e ora sono entusiasti: ogni anno progettiamo mostre itineranti da cui ricaviamo dai 5 ai 7 milioni di euro; il 10-15% del nostro budget. Senza contare i legami di reciprocità che si intrecciano con grandissimi musei internazionali». Dunque si può sopravvivere alla crisi: bisogna però imboccare nuove strade.
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da Il Giornale dell'Arte numero 330, aprile 2013