Corpi di reato, un'archeologia visiva dei fenomeni mafiosi nell'Italia Contemporanea
Milano. All'interno del programma di attività e di incontri che Fondazione Forma offre al pubblico degli appassionati di fotografia, ha ospitato il progetto «Corpi di reato».[1]
Dopo le grandi stragi degli Anni Novanta, le mafie hanno preso una nuova forma e un nuovo modo di esercitare potere, ovvero quella del mimetismo, dell'assenza, della sommersione, per lavorare nell'ombra, in mezzo alle persone e ai luoghi comuni, all'interno di tutti gli ambienti degli affari, che toccano la politica, la finanza, l'economia nel quotidiano di tutti noi.
Non c'è più bisogno di manifestare il proprio potere con un controllo capillare sul territorio, attraverso la chiusura in roccaforti e quartieri, tipiche espressioni di una precedente fase del fenomeno. Così come la mafia ha smesso da tempo di essere unicamente meridionale per abbracciare tutto il territorio italiano, diffondendosi capillarmente nella società civile.
La sua mancanza di apparenza non è comunque deterrente per non riconoscerla, circoscriverla, combatterla.
Il progetto Corpi di reato di Tommaso Bonaventura (1969) e Alessandro Imbriaco (1980), con la cura di Fabio Severo[2], vincitore della «IX edizione del Premio Amilcare Ponchielli 2012», promosso dal Gruppo Redattori Iconografici Nazionali (GRIN)[3] è l'accurato e capillare esame dei luoghi, degli oggetti, delle situazioni che raccontano la mafia attuale.
É un enorme e dinamico archivio visivo di eventi e testimonianze, con l'intenzione precisa di percorrere la strada dello svelamento e così della restituzione di una precisa immagine di cosa sia in fenomeno odierno.
Il luoghi parlano più dei ritratti di volti, che volutamente i due fotografi hanno lasciato da parte, pur avendone raccolti, perché i primi parlano a tutti, non sono storie personali dalle quali prendere distanze.
I luoghi sono teatri di eventi, sono scenari come i nostri cortili, i nostri condomini, i prati intorno ai nostri paesi, le sale consiliari dei nostri comuni, icantieri di opere civili, come discariche o strade.
Tutti i luoghi sono riconoscibili, accessibili, vicini, quotidiani: non sono più le roccaforti di Corleone, oppure il Castello mediceo a Ottaviano di Cutolo, ma si sono trasformati ad esempio nella rocca di San Marino, stato nello stato, dove non esiste frontiera con controllo, permettendo di portare denaro sporco e depositarlo nelle Banche; oppure la villetta nella Brianza dove si perpetra un regolamento di conti.
I luoghi sono anche non luoghi, come le discariche a cielo aperto vicino a Desio, dove si scoprono traffici illeciti di rifiuti tossici, oppure cantieri stradali della statale 106 Ionica abbandonati perché bloccati dalla Polizia per infiltrazioni mafiose.
I luoghi sono anche storie di vuoti, come la sala consiliare di Gioia Tauro, comune commissariato per infiltrazione criminale.
Infine i luoghi sono i punti di vista dei boss, come la vista dal terrazzo di casa di Tano Badalamenti a Cinici, mandante dell'omicidio di Peppino Impastato, oppure i nascondigli nelle masserie, come quella di Bernardo Provenzano da dove partivano i «pizzini»; infine la collina di Capaci, da dove si osserva l'autostrada e dove non c'è più segno di alcun cratere...
In queste foto lo sguardo si ferma all'ultimo istante prima della rottura della normalità, toccando il limite estremo prima del blitz, dell'esplosione, della sparatoria.
Ci sono anche i luoghi confiscati alle mafie, che raccontano ancora di violenza e di tensione con la criminalità, che sebbene messa da parte, rilancia con atti vandalici la propria presenza e il controllo del territorio, oppure dell'assenza di progettazione dello Stato, che li lascia abbandonati.
I giovani fotografi hanno anche collezionato scatti sugli oggetti evocativi, reali corpi di reato, come la macchina di Falcone coinvolta nell'esplosione, in mostra a Roma nella Scuola per la Polizia Penitenziaria; le statue di Borsellino e Falcone, chiuse dentro un Tribunale-bunker; il marsupio che ha protetto dalla pallottola di un agguato di mafia.
E poi le lettere minatorie inviate a tutti coloro che hanno tentato di opporsi alle prepotenze.
Corpi di reatonon è solo archivio visivo, ma reale mappatura del territorio italiano con questo punto di vista: è un'interpretazione e contributo del Viaggio in Italia, di Luigi Ghirri, pietra miliare per la fotografia di paesaggio nazionale.
Per Bonaventura-Imbriaco, i confini dell'archivio visivo sono dinamici per la natura stessa del fenomeno sociale che descrivono. Due immagini esemplari chiudono la loro presentazione condotta a Fondazione Forma: la fotografia dell'immensa parete di faldoni dell'archivio documentario del maxi processo di Palermo del 1986 del pull di Caponnetto e l'unico ritratto selezionato, quello di Rita Borsellino, che con enorme intensità testimonia gli ultimi trent'anni di questa storia italiana.
Il progetto Corpi di reato è stato reso possibile da Zero, associazione culturale che realizza progetti di utilità sociale con molti operatori culturali e opinion leaders, promuove incontri, dibattiti sulla fotografia e supporta giovani fotografi professionisti interessati al mondo contemporanea e a uno sguardo su ciò che ci circonda. Partner del progetto anche l'Agenzia Contrasto, e l'associazione Libera.
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[1] http://www.formafoto.it/_com/asp/list.asp?g=e&s=c&l=ita
[2] www.zona.org
[3] http://www.photoeditors.it/