Bilancio di una fondazione
Udine. La Fondazione Aquileia nasce, grazie alla legge regionale n.18/2006, come organismo di valorizzazione «archeologica, monumentale e urbana di Aquileia» a prevalente partecipazione pubblica: i soggetti fondatori sono infatti Regione, Ministero per i Beni e le Attività culturali, Comune di Aquileia e Provincia di Udine, principali finanziatori Il suo “patrimonio” consiste nel conferimento in uso di aree archeologiche per un totale di circa 44150 mq - Fondo ex Cossar, Fondo Cal Barberi, Fondo Pasqualis, Sepolcreto e, dal 2011, la cosiddetta Süd Halle - e in una costante attività di valorizzazione, restauro e promozione del tessuto urbano della città antica. Ad oggi la Fondazione ha quattro anni di vita. Ne parliamo con Alviano Scarel, classe 1956, primo cittadino di Aquileia dal 2004 e presidente della Fondazione stessa, con mandato in scadenza a breve.
Presidente, Lei ha seguito con particolare sensibilità e partecipazione, non solo in quanto sindaco, il percorso della Fondazione fin da prima della sua nascita. Ci racconti come è avvenuta.
La Fondazione è il risultato di un lungo percorso e di una tensione che ha interessato questo paese dal secondo dopoguerra in poi. Aquileia è una realtà di 3500 abitanti con il patrimonio archeologico di una città romana che era la quarta più importante d’Italia, di sicuro tra le più estese. Città antica e moderna coincidono e le esigenze di vita quotidiana della popolazione si sono spesso scontrate con quelle di tutela e di scavo, portando nel tempo a diverse proposte di legge, soprattutto per trovare un tavolo di concertazione tra i diversi soggetti. Solo con il decreto Urbani 42/2004, che distingue la tutela dalla valorizzazione, la situazione si è sbloccata, riconoscendo che doveva esserci un’azione propositiva forte della Regione nel processo di valorizzazione della città, portando alla legge 18 del 2006 e alla nascita della Fondazione, l’11 marzo 2008.
Quali le linee di intervento seguite in questi quattro anni?
Aquileia è una città orizzontale. Un contesto molto esteso e indagato a macchia di leopardo, costituito da scavi all’aria aperta, mosaici recuperati negli anni Cinquanta, edifici pubblici scoperti ancora prima, bisognosi di interventi di restauro e valorizzazione. Si è lavorato per rendere fruibili queste aree. L’intervento di copertura della Süd Halle, aperta nel 2011, ha portato solo in quella sede, in sei mesi, 23439 visitatori paganti. Il prossimo progetto riguarda la copertura di una villa nel Fondo Cossar (con un investimento di 6 milioni di euro), una domus forse tra le più belle ritrovate qui. Un po’ come è già accaduto nella Villa del Casale a Piazza Armerina. Prevediamo infatti di restaurare e ricollocare in situ alcuni dei mosaici strappati in passato e ora collocali al Museo archeologico nazionale. Questo consentirà di avere anche un’idea, anche se parziale, dei volumi architettonici di un tempo, visto che delle architetture ad Aquileia è rimasto veramente poco.
E sul piano della comunicazione?
Questo è il secondo binario di intervento prioritario della Fondazione, accanto a quello della valorizzazione. Abbiamo messo in atto importanti strategie attraverso strumenti informatici, stampa specializzata, partecipazione di specialisti, educational, un film festival, il coinvolgimento dei bambini, un laboratorio di archeologia sperimentale per coinvolgere gli utenti. Sul piano internazionale la nostra realtà è molto nota soprattutto al mondo germanico, visti i motivi storici che l’hanno legata ad esso fino alla Prima guerra mondiale, però stiamo anche lavorando con i progetti europei, che ci consentono di riagganciare rapporti con città balcaniche storiche che una volta erano l’orizzonte di Aquileia, per azioni di confronto e promozione. Bisogna dire che del mezzo milione di visitatori all’anno che abbiamo ad oggi, la maggior parte sono scolaresche, che, come è noto, portano poca ricaduta sul territorio, visti i tempi di visita brevi. Stiamo puntando anche ad un tipo di promozione, mirata ad un’utenza più attenta e sensibile, anche in termini di capacità di spesa.
Dei soci della Fondazione fa anche parte la SO.CO.BA. (Società per la conservazione della Basilica di Aquileia), che è un soggetto privato. In che modo il coinvolgimento dei privati è ammesso?
Lo prevede lo Statuto della fondazione. C’è una quota di adesione, però il posto in consiglio è unico. La ricerca di interlocutori privati è importante. Certo il momento economico che stiamo vivendo non aiuta. Non dipende tanto da noi quanto dalla modifica di normative a livello nazionale, che rendano questi interventi più convenienti, cosa che fino ad ora non c’è stata.
Com’è il rapporto con le altre istituzioni pubbliche dedicate ai beni culturali aquileiesi, prima di tutto i Musei archeologico e Paleocristiano?
Buono. I musei sono gestiti direttamente dalla Soprintendenza regionale e il Soprintendente fa parte del comitato scientifico della Fondazione. Si lavora in sinergia, pur avendo riferimenti istituzionali diversi.
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