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Donna, artista, femminile, plurale

  • Pubblicato il: 02/03/2012 - 10:52
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Ilaria Oliva

Palermo. Nel profluvio di eventi e celebrazioni a tema, in corso ed in programma in tutta la penisola, spicca una grande collettiva, inaugurata lo scorso 25 febbraio a Palermo, presso il Reale Albergo delle Povere: «Artedonna. Cento anni d’arte femminile in Sicilia 1850-1950», mostra-evento inserita nel Circuito del Mito, programmazione di spettacoli e grandi eventi promossa dall’Assessorato regionale al Turismo, Sport e Spettacolo della Regione Sicilia, ispirata alla figura di Kore, figlia di Demetra e Zeus.
La mostra, a cura di Anna Maria Ruta, propone 170 opere di 33 artiste, tutte operanti in Sicilia, provenienti da collezioni private e pubbliche, quali la Fondazione del Banco di Sicilia di Palermo, il Museo Renato Guttuso di Bagheria, Fondazione Giuseppe Whitaker, Camera di Commercio di Palermo ed altre.
Di alcune di queste pittrici è stato ricostruito il profilo biografico e il percorso artistico- espositivo: la mostra è pertanto concepita come una serie di piccole esposizioni personali.
Inoltre è idealmente divisibile in periodi/epoche storiche: il periodo tra Ottocento e Novecento, quando la donna era ancora relegata ai margini anche del mondo dell’arte, rappresentato dalla franco-napoletana Adelaide Atramblé, dalla giapponese O’Tama Kiyohara, e da Eleonora Arangi. Gli anni venti, quando il Futurismo stimola il bisogno del nuovo nella donna con il suo programma di ricostruzione globale dell’universo e in Sicilia sono soprattutto alcune mogli di artisti ad osare: Gigia Zamparo Corona, Maria Carramusa Rizzo, Vittoria Lojacono Bevilacqua; e poi Rosita Lojacono, Ida Nasini Campanella, Adele Gloria, Benedetta Cappa. Gli anni Trenta durante i quali si assiste all’exploit delle artiste, pur confinate tuttavia in temi intimistici e domestici. Quindi il secondo dopoguerra, quando gli artisti siciliani in generale, di fronte al mutato contesto nazionale, ritornano a vivere una dimensione periferica, di isolamento. Gli anni Cinquanta, infine, quando inizia la diaspora degli stessi artisti con in testa ancora una donna, Carla Accardi, alla quale il passaggio conclusivo dell’esposizione fa un doveroso omaggio.
L’evento, visitabile fino al prossimo 25 aprile, si prefigge un obiettivo in qualche modo «riparatore», in quanto molte di queste artiste sono rimaste per anni in una sorta di limbo, per un motivo che, in apertura di catalogo, Dacia Maraini sintetizza così: «Si dà per scontato che le donne siano una categoria umana inferiore per storia e tradizione consacrata. Nessuno si è dato la briga di andare a vedere, a studiare, ad approfondire questi dipinti, dando per scontato che essendo di mano femminile, sia in partenza arte marginale, trascurabile, infantile, primitiva, irrilevante».

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