La Fondazione Alberto Burri compie 30 anni
Città di Castello (Pg). La Fondazione Palazzo Albizzini che si occupa dell’eredità artistica e materiale di Alberto Burri compie trent’anni il 12 dicembre. Nel 1981 apriva al pubblico la collezione e prendeva vita attivamente l’ente. In realtà la Fondazione «Palazzo Albizzini-Collezione Burri» il grande pittore la costituì nel 1978 e il suo organo amministrativo è nominato dall'associazione per la Tutela dei Monumenti dell'Alta Valle del Tevere, dal Comune e dalla Cassa di Risparmio di Città di Castello e dall’Università La Sapienza di Roma.
Ma si è deciso di festeggiare con il trentennale la fattiva apertura pubblica che ha il compito di tutelare, divulgare e gestire l'opera del suo fondatore che ha donato alla sua città natale (1915-1995) ampia parte della sua produzione.
Attualmente il suo Consiglio di amministrazione è composto dal presidente Maurizio Calvesi e dai consiglieri Bruno Corà, Guido De Vecchi, Giuseppe Fortuni, Michele Gambuli, Fabio Nisi, Francesco Petruzzi, Corrado Rosini, Rosario Salvato, Tiziano Sarteanesi, Italo Tomassoni, Stefano Valeri, mentre Segretario generale è Daniela Moni.
Lunedì, a partire dalle 11 presso la Sala consiliare del Municipio, interverrà il sindaco della città, Luciano Bacchetta, insieme a Maurizio Calvesi, Bruno Corà, e all'assessore alla cultura della Regione Umbria Fabrizio Bracco per ripercorrere la storia della Fondazione artistica attraverso testimonianze filmate, ma soprattutto attraverso l’opera, la sperimentazione della materia nella produzione di Burri, con visite guidate d’eccezione condotte da Chiara Sartanesi e Bruno Corà nelle due sedi degli Ex Seccatoi del Tabacco e presso lo storico edificio di Palazzo Albizzini, che risale alla seconda metà del XV secolo e richiama la sobria architettura rinascimentale fiorentina. La seconda sede, presso gli «Ex Seccatoi», è stata aperta al pubblico nel luglio 1990 a seguito dell’acquisizione e ristrutturazione dei capannoni industriali utilizzati fino agli anni Sessanta per l’essiccazione del tabacco tropicale. Nello spazio di 7.500 metri quadri Burri stesso volle esposte 128 opere di grandi dimensioni realizzate dal 1970 al 1993, mentre nel giardino antistante sono collocate tre opere scultoree.
Alcuni anni fa ci furono polemiche tra la Fondazione e la vedova di Burri Minsa Craig - ex ballerina e importante scenografa, scomparsa ormai da tempo -, che ebbe con l’ente un lungo contenzioso. Nel 2004 la collezione d'arte contemporanea, pur essendo composta da opere con meno di cinquant'anni di vita, venne vincolata: un’operazione gradita alla Fondazione poiché la notifica ha «il valore di garanzia». Le polemiche tra l’erede, senza figli, e la fondazione partivano da un testamento olografo del maestro (poche righe autografe dove Burri lasciava tutto alla moglie), superato da un atto di rinuncia dei beni da parte della vedova stessa a favore della Fondazione. La signora contestò il suo stesso documento dichiarandolo un falso e partirono battaglie legali milionarie. Tra 2002 e 2003 si arrivò a una «transazione bonaria» sull'eredità.
Chiuse le polemiche la fondazione svolge oggi un’attività a tutto tondo, qualificandosi anche come centro ricerche per l’opera del maestro dell’Informale: a Palazzo Albizzini sono infatti presenti anche la biblioteca, ricca di materiale relativo all'arte moderna e contemporanea, la fototeca che raccoglie tutta la documentazione riguardante l'opera del pittore e l'archivio che conserva un'esauriente bibliografia sull'artista.
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