Banche e musei oltre la sponsorizzazione
Editi da Bononia University Press, sono in distribuzione gli atti del convegno tenuto a Bologna nel giugno dello scorso anno nella Biblioteca di San Giorgio in Poggiale, «Banche e musei, oltre la sponsorizzazione», che ha posto a confronto responsabili di fondazioni bancarie e direttori di istituzioni museali europee di emanazione bancaria, su progetti attivi o in corso di attuazione.
L’incontro, organizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e l’European Museum Academy è stato prodromico al varo del ciclopico progetto bolognese «Genus Bononiae. Musei nella città», il museo diffuso con la colonizzazione di sette edifici storici della città per una narrazione identitaria, opera indipendente di Carisbo.
Wim van der Weiden, Presidente dell’European Museum Academy, evidenzia che, per reagire all’ambiente economico e politico, occorre un’indispensabile svolta dei musei verso una gestione manageriale, ma che ancora si manifesta una debolezza intrinseca delle competenze di fundraising e della consapevolezza della necessità di far evolvere i modelli di partnership in una parità di stato, in rapporti tra eguali. La discussione è animata intorno al ruolo delle imprese come produttori culturali, partendo dall’utilizzo dei rilevanti asset rappresentati dalle corporate art collections.
Lo sguardo si rivolge agli USA – con la paternità riconosciuta a David Rockfeller, negli anni settanta, con la Chase Manhattan Bank – e con l’esperienza della Bank of America che nel 2008 ha realizzato oltre venti mostre della propria collezione e di molte altre banche internazionali.
Il primo tema controverso nel dibattito bolognese è l’ospitalità di mostre ed eventi prodotti da imprese nei musei, opportunità vista da alcune istituzioni (non solo di finanziamento, ma anche di massa critica nella comunicazione e osmosi di competenze) e contrastata da altre, per timori di una vicinanza eccessiva al mercato e forse, di un presidio scientifico non sempre rigoroso.
Questo modello si pone in relazione a un’altra possibile cooperazione con i musei esistenti: affidare loro la collezione per la pubblica fruizione. Approda quindi il caso di Commerz bank, che ha scelto di rafforzare le strutture pubbliche dando in comodato gratuito a cinque realtà tedesche centinaia di opere della sua collezione e della joint venture Deustche Guggenheim, con la disponibilità da parte di entrambe di straordinarie collezioni.
La terza via, sulla quale si focalizza Massimo Negri, Direttore della EMA, è l’apertura di una struttura autonoma, indirizzo verso il quale si sono mosse e si stanno muovendo molte realtà.
La Spagna viene presentata da Caixa con il suo rapporto verso la scienza (CaixaCosmo); lo scenario in Germania viene tratteggiato da Herman Schafer (Presidente-Fondatore dell’Haus der Bundersrepublik Deutschland di Bonn); per la Svizzera è scelta la Fondazione Passaporto Musei Svizzeri con il Gruppo bancario Raiffeisen; per i casi nazionali il nascente M9 della Fondazione Venezia presentato da Fabio Achilli e la collezione della Fondazione Cariplo con Pier Mario Vello.
Il trade-off è sostenere l’esistente, con le sue rigidità e inadeguatezze, o far nascere nuove strutture che hanno un impatto di comunicazione immediato e diretto sull’investitore, ma implicano investimenti nel lungo termine, che necessariamente non verranno più indirizzati ad altre attività di supporto.
Lo sguardo d’insieme offerto da quella discussione, che porta esperienze molto diverse fra loro sul comportamento dei grandi attori sociali, banche e fondazioni di origine bancaria, pare orientare il lettore verso la bontà di una gestione diretta e indipendente.
Preoccupante scenario per gli enti pubblici in momenti di risorse finanziarie sempre più rarefatte, oppure forzata presa di coscienza di una evoluzione necessaria.
© Riproduzione riservata